Non sono un recensore di poesia, non so usare parole forbite per rendere complessa la semplicità, operazione che rende famosi i migliori critici letterari. Sono soltanto un lettore entusiasta che quando incontra un poeta vero invita gli amanti della letteratura a fare un’esperienza nuova, a calarsi in un mondo interiore fatto di versi stilisticamente perfetti e suggestive emozioni da condividere. Le cose del mondo è l’ultimo lavoro di Paolo Ruffili (Rieti, 1949), uno dei poeti contemporanei più apprezzati, autore di Piccola colazione (1987), Diario di Normandia (1990), Camera oscura (1992), Nuvole (1995), La gioia e il lutto (2001), Le stanze del cielo (2008), Affari di cuore (2011), Natura morta (2012), Variazioni sul tema (2014). Traduttore colto di classici inglesi, è stato grazie alla penna del poeta che ho scoperto Kavafis, autore immortale dei versi delle candele spente, da lui tradotto in italiano. Le cose del mondo è il libro più adatto per cominciare a conoscere Ruffilli, infatti segue l’intero percorso artistico del poeta ed è opera unitaria composta nell’arco di quarant’anni, vera e propria avventura poetico – esistenziale. Un libro elaborato e meditato a lungo, che vede la genesi negli anni Settanta per essere pubblicato nel 2020 all’interno della prestigiosa collezione Lo Specchio Mondadori, curata da Maurizio Cucchi. Ruffilli tiene molto a questo lavoro, tappa fondamentale di un percorso poetico, che comincia con il tema del viaggio (Nell’atto di partire), prosegue con una parte dedicata alla figlia adolescente (Morale della favola), tocca i temi del tempo e della memoria (La notte bianca), descrive in modo lirico le cose e gli oggetti (Le cose del mondo), costruisce poesia partendo da ordinarie parti anatomiche (Atlante anatomico) e conclude tra parole, silenzi e interrogativi che restano senza risposta (Lingua di fuoco).
Tutte le poesie sono unite da uno stile maturo e compiuto, uniforme e musicale, in una sorta di verso libero che rispetta dettami metrici non scritti e che non cade mai nella tentazione della prosa. Un viaggio all’interno dell’animo umano, seguendo da fermo qualcuno in movimento più lontano, oppure infastiditi che tutto accada quando non ci siamo, oppure che non ce ne accorgiamo, perché presi dentro un’altra storia. Le persone muoiono e restano le cose / solide e impassibili nelle loro pose / nel loro ingombro stabile che pare / non soffrire affatto contrazione dentro casa / perché nell’occuparlo non cedono lo spazio / vaganti come mine, ma nel lungo andare / il tempo le consuma senza strazio / solo che necessita di molto per disfarle / e farne pezzi e polvere, alla fine. Tra tutte le sezioni della raccolta, da padre di figlia adolescente, ho amato Morale della favola, soprattutto Spirito di contraddizione, che ho letto a mia figlia e – una tantum – ci siamo ritrovati. La resistenza a oltranza e in assoluto / negando, contro tutto e tutti, il vero. / Il tuo rifiuto a ogni richiesta / e la scenata per partito preso. / Ti sei messa di colpo a contraddire / il mondo intero, da me incarnato / qui solo per caso. Alzi la testa / e senza plausibili ragioni cerchi il litigio / voluto e perpetrato, tanto per inteso, / a ribadire te a te stessa e a rimarcare, / sulla mia, la tua legittima prerogativa / di indipendenza e autonomia. Versi che si rincorrono tra loro, terminando in cadenze suggestive, grazie a pascoliani enjambement che rendono universale il senso profondo delle liriche.