La Penisola italiana è tra quei contesti geografici con la più alta densità di eccellenze eno-gastronomiche. Dall’olio, le carni, al formaggio, al vino: sono, infatti, più di cinquemila i prodotti agroalimentari tradizionali censiti dal Ministero dell’Agricoltura ed ognuno descrive la storia di un territorio, esprimendo la cultura immateriale e materiale di un luogo, un sapere che da secoli si tramanda soprattutto fra i tanti piccoli produttori del made in Italy.
Un patrimonio eno-gastronomico che trova molta della sua linfa nel meridione. I recenti mutamenti dello scenario globale, dovuti all’emergenza sanitaria ed economica, sono stati comunque accompagnati da una crescita dell’idea del Made in Italy alimentare, grazie a una ritrovata coerenza del modello di specializzazione agroalimentare italiano con le tendenze della domanda mondiale. Nel 2018, l’export agroalimentare del Sud è arrivato a toccare la cifra di 7 miliardi di euro.
Nel Mezzogiorno, nonostante il consistente e duraturo impatto della crisi economica e il permanere di un circuito imprenditoriale caratterizzato da imprese medio-piccole, il settore agroalimentare è cresciuto, nell’ultimo triennio, in termini di valore aggiunto. L’agroalimentare nel Mezzogiorno riveste un ruolo sempre più rilevante, con primati in molti settori e una tenuta economica, segnali positivi che vanno letti con attenzione anche alla luce delle nuove proposte legate alla tecnologia e alla digitalizzazione. Nel 2019, il comparto si aggirava intorno al valore di 19 miliardi di euro dando lavoro a 378mila imprese, quasi tutte medio-piccole: l’85% di loro ha un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro.
Queste aziende danno impiego a più di 650mila lavoratori, pari a circa il 10% di tutti gli occupati al Sud, e nel 2018 hanno incassato dall’export il 17% di tutte le esportazioni italiane di settore. Più della metà delle imprese alimentari al Sud si concentra su tre comparti: quello delle conserve vegetali, quello del latte e dei formaggi e quello della pasta e delle farine. A implementare il dinamismo degli ultimi anni ha contribuito la nascita di diversi consorzi e aggregazioni, per approcciarsi meglio con il mondo degli importatori e dei distributori esteri, rispetto alle singole imprese. Elementi che hanno caratterizzato anche una nuova visione in tema di digitale ed export digitale.
Gli imprenditori meridionali devono relazionarsi con il mondo digitale. Tra le tecnologie che migliorano la qualità e la sostenibilità delle coltivazioni, soluzioni per la competitività delle aziende e innovazioni per la tracciabilità dei prodotti, il digitale si fa sempre più strada nel settore agroalimentare italiano. Il mercato italiano dell’Agricoltura 4.0 sta raggiungendo ottimi tassi di crescita. Nel 2019 avevamo valori intorno ai 450 milioni di euro (+22% rispetto al 2018), con la maggior parte della spesa concentrata in sistemi di monitoraggio e controllo (il 39% della spesa), software gestionali (20%) e macchinari connessi (14%), seguiti da sistemi di monitoraggio da remoto dei terreni (10%), di mappatura (9%) e di supporto alle decisioni (5%).
Sono 415 le soluzioni 4.0 disponibili per il settore agricolo in Italia, offerte da oltre 160 fra aziende tradizionali e startup, principalmente dedicate all’Agricoltura di Precisione e in misura minore allo Smart Farming, soprattutto nelle fasi di coltivazione, semina e raccolta dei prodotti nei settori ortofrutticolo, cerealicolo e vitivinicolo. Le imprese meridionali dovrebbero comprendere che un ulteriore slancio in avanti del settore potrebbe venire proprio dal confronto tra l’eccellenza agroalimentare e la svolta digitale della produzione e della gestione d’impresa. Un mix per una rinascita post pandemia sanitaria.