Il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, ha approvato lo scorso anno – la direttiva che istituisce per il 25 marzo la Giornata Nazionale dedicata a Dante Alighieri.
«Ogni anno, il 25 marzo, data che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, si celebrerà il Dantedì. Una giornata per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante con moltissime iniziative che vedranno un forte coinvolgimento delle scuole, degli studenti e delle istituzioni culturali».
La Società Dante Alighieri-Comitato di Enna celebra il Dantedì il 26 marzo con la presentazione del libro del giornalista Giancristiano Desiderio, Croce ed Einaudi. Teoria e pratica del liberalismo, edito da Rubettino. Nella videoconferenza (link: https://us02web.zoom.us/j/83924091389?pwd=bFBmcmZndzhLblpmd3kyNWZ4OFBJdz09) interverranno il professore Pietro Colletta, Presidente della Società Dante Alighieri Comitato di Enna, il professore e critico letterario Nino Arrigo, il professore Giuseppe Giordano che dialogheranno con l’autore, il giornalista Giancristiano Desiderio, del citato libro. Nei giorni scorsi ho avuto modo di intervistare il giornalista Giancristiano Desiderio a cui ho posto le seguenti domande.
D.: Come nasce l’interesse e l’attenzione per il carteggio tra Benedetto Croce e Luigi Einaudi?
R.: Ho lavorato sulla vita e l’opera di Croce, ho scritto la biografia di Croce nella Vita intellettuale affettiva di Benedetto Croce (Premio Acqui Storia 2014 e Premio Sele d’Oro per il Mezzogiorno 2015, ndr) e avevo dedicato poco spazio al rapporto tra Croce e Einaudi che invece meritava una maggiore attenzione, sia per quanto riguarda la documentazione che noi abbiamo del loro rapporto intellettuale, della loro amicizia, del loro rapporto politico, per quanto riguarda la comprensione proprio della famosa disputa tra i due sul rapporto tra il liberismo e liberalismo.
D.: Andiamo un po’ al cuore dell’argomento con il discorso sulla libertà (il problema di Croce era «pensare la libertà con la libertà stessa»): la libertà come strumento oppure fine?
R.: Come scrivo nel libro Croce ed Einaudi. Teoria e partica del liberalismo tra Croce ed Einaudi non ci fu una polemica ma, come scrivo nel libro, una «civilissima discussione». Ecco se la volessimo racchiudere in una formula, dovremmo dire in effetti che, il cuore del problema è in questo: Croce non riteneva di dover ancorare la libertà ad un sistema economico perché vedeva in questo un rischio o un pericolo. Riteneva, in sostanza, che ci fosse lo stesso pericolo del marxismo. Perché il marxismo fa dipendere tutti quanti i valori umani dall’economia, dalla «struttura economica» e invece Croce voleva evitare esattamente questo. Il confronto tra Croce e Einaudi avvenne negli anni Trenta e fino ad arrivare alla seconda guerra inoltrata. Quindi i due non solo si confrontavano tra di loro ma si confrontavano con quelli che erano i «pericoli massimi» del loro tempo, cioè, i totalitarismi. Uno ce lo avevano sulla loro testa, cioè il fascismo, l’altro il comunismo. Quindi, Croce per certi versi assolutizza la sua posizione perché si rifiuta – sia dal punto di vista teoretico sia dal punto di vista pratico – di ancorare la libertà a qualcosa che non sia la stessa libertà. Un modo, come dire, di tutelare, salvaguardare la libertà umana.
D.: L’Italia è un Paese liberale, liberista?
R.: No. o l’Italia è un Paese che è uscito male, molto male dalla fine della «prima Repubblica». L’Italia è un Paese in cui vi è una fortissima presenza dello Stato nella società, nell’economia e nella vita delle persone. Questo, in alcuni momenti può essere visto come una tutela, una sicurezza ma a lungo andare invece diventa un problema. Perché crea una dipendenza. La dipendenza cioè sia dei singoli soggetti, che singoli uomini, sia delle aziende dallo stato e si crea un circolo vizioso dal quale poi non è assolutamente facile uscire uscirne.
D.: In quest’anno dantesco, il settecentesimo dalla morte di Dante (1321-2021), come e cosa il «ghibellin fuggiasco» ma il cercatore della libertà può insegnarci?
R.: Giuseppe Prezzolini diceva che Dante era stato il primo degli antitaliani. Io credo che Dante ci possa insegnare tante cose, naturalmente. La prima cosa che Dante ci dona è prima di tutto la sua poesia, che è naturalmente eterna. L’altra cosa che ci insegna è a non improntare la nostra vita, sia privata sia pubblica, sulla retorica. Se riuscissimo ad appropriarci di questa lezione di Dante sarebbe veramente una rinascita.