Nel momento in cui si paventa la morte della settima arte, l’immagine transmediale di Lollobrigida, Loren, Mangano e Pampanini ci riporta a quell’età dell’oro in cui il cinema stava nel pieno centro dell’industria culturale, e da lì si estendeva in tutte le direzioni possibili, offrendo generosamente miti, riti, beni che facevano da collante sentimentale al Paese
Le maggiorate erano contese dai principali produttori di Cinecittà̀, riempivano le sale di ogni ordine e grado, scatenavano inquietanti episodi di delirio collettivo, facevano notizia su quotidiani e rotocalchi, prestavano i connotati a icastici marchi del made in Italy, inauguravano festival ed eventi esclusivi, visitavano ufficialmente le autorità di mezzo mondo.
Di queste donne, ormai un pezzo di storia, scrive nel volume Le Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia pubblicato da Marsilio Editori (Venezia), all’interno della collana “Saggi”, il professor Federico Vitella, che conosco e di cui mi onoro di essere amico da tanti anni.
L’autore di questo libro è riuscito, con tanto impegno e tanta cura, ad analizzare il significato del termine “maggiorata” e a tracciare la figura delle maggiorate.
Un libro che mette bene in evidenza la storia delle maggiorate, esplorando il mondo del divismo.
Cosi come viene spiegato dall’autore, la fortunata espressione “maggiorata”, coniata dallo sceneggiatore Continenza sul cantiere di Altri tempi (1952), uscì subito dal film di Blasetti per attaccarsi a Gina Lollobrigida. E da Gina Lollobrigida, nel discorso giornalistico come nella riflessione storiografica, finì presto per designare una batteria di attrici di successo, accomunata dalla non comune carica sessuale: Silvana Mangano, Silvana Pampanini, Sophia Loren su tutte.
Le maggiorate erano famose, erano celebrità, erano persone pubbliche. Erano dive. La loro salienza andava ben oltre il personaggio, il film, il cinema, per incarnare più generalmente forme di vita seducenti e modi di essere replicabili della nuova Italia repubblicana.
Mescolando fonti e metodologie di ricerca, al divismo delle maggiorate questo libro intende dare la massima rilevanza quale agente di storia: fatto sociale capace di modificare prassi lavorative, creare forme della rappresentazione, veicolare discorsi di genere, mobilitare su larga scala desideri, aspirazioni, preoccupazioni.
Nel momento in cui si paventa la morte della settima arte, l’immagine transmediale di Lollobrigida, Loren, Mangano e Pampanini ci riporta a quell’età dell’oro in cui il cinema stava nel pieno centro dell’industria culturale, e da lì si estendeva in tutte le direzioni possibili, offrendo generosamente miti, riti, beni che facevano da collante sentimentale al Paese.
Un excursus storico davvero importante che ci invita a riflettere sul passato e sul presente. Le maggiorate erano donne di grande potere che nell’industria cinematografica hanno avuto grande rilevanza e che hanno influenzato le scelte creative e manageriali dei film di cui sono state protagoniste.
L’autore ha evidenziato quanto sia stata fondamentale l’opinione delle maggiorate sulle sceneggiature, i titoli di film e sull’interpretazione dei personaggi.
Inoltre, riuscivano ad ottenere paghe incredibili e guadagnavano decine di milioni per alcuni film, pesando fino al 50% delle spese di produzione.
Di fatto, la loro presenza in un film era già sinonimo di successo. Le dive permettevano ai produttori di raggiungere grandi incassi. La figura della maggiorata ha portato con sé, per la prima volta nella società italiana, immagini dalla carica erotica fortissima e adesso, come si evince dal libro, siamo abituati alla pornografia di massa.
Gli sceneggiatori trovavano il modo giusto per mostrare il corpo delle maggiorate. Le scene erano studiate e anche la necessità di lavarsi diventava un espediente per mostrare il loro fisico.
Le storie di vita delle maggiorate ci hanno trasmesso tanti valori e prototipi di femminilità molto avanzati. Le loro storie personali sono state narrate dal gossip della stampa e hanno segnato la società patriarcale del dopoguerra.
La cultura iniziò a subire un cambiamento, perché le maggiorate partecipavano ad eventi mondani e incontravano i capi di Stato. Inoltre, venivano inviate al seguito delle delegazioni ufficiali delle “Settimana del cinema italiano”: rassegne di film nazionali organizzate strategicamente nelle più grandi città del mondo per promuovere il cinema, ma anche il made in Italy e più generalmente la Nuova Italia repubblicana.
Da sociologo ho concentrato la mia attenzione sull’aspetto legato al gossip e al concetto di divismo attuale.
Il gossip è una formula comunicativa che si è sviluppata lungo sentieri storici e sociologici. Nell’era della piattaformizzazione, il sistema dei media costituisce l’ambiente privilegiato in cui il pettegolezzo assume una delle sue manifestazioni più vigorose. I media pubblicizzano il privato: la visibilità accordata al “non detto” delle persone, alla loro intimità, alle loro emozioni celebra la rivelazione di fatti segreti come “testo” di successo proposto a pubblici sempre più curiosi. Il gossip è un prodotto della cultura popolare che si piega ai formati dell’industria dell’intrattenimento: riviste, film, reality show, talk show. Lo storytelling dei media è una forma di narrativizzazione della società e tale narrazione da tempo comprende sempre di più storie che riguardano vicissitudini familiari, tradimenti e molto altro ancora.
Se di un protagonista di cinema e TV conosciamo la vita privata, le abitudini più particolari e gli amori segreti, il successo è garantito. Il divismo si nutre di gossip. Ogni star che si rispetti è costretto ad una “doppia presenza” sulla scena pubblica e privata.
Morin (1957) teorizza la liturgia stellare evidenziando gli aspetti cultuali delle “entità” prodotte dal sistema mediale: gli eroi cinematografici, eroi dell’avventura, dell’azione, del successo, della tragedia e dell’amore. La mediatizzazione della vita dei protagonisti degli schermi ha modificato gli spazi di costruzione e fruizione del divismo.
La vetrinizzazione della notorietà televisiva lascia poco spazio al pensiero di Morin. I media sanciscono una sorta di apoteosi voyeuristica, nulla va nascosto, quindi tutto viene mostrato generando un feticismo per il dettaglio: tutto può andare in scena dal sesso alla morte, emozioni e corpi sono esibiti rispettando la legge della totale trasparenza, cosi come ha scritto il professore Sergio Benvenuto.
Il divo una volta vissuto come essere ibrido, allo stesso tempo umano e divino, reale e immaginario, viene “mondanizzato” dai media, soprattutto dal piccolo schermo.
L’industria del gossip cancella quasi la distanza e inserisce nello spazio della quotidianità i protagonisti del frame mediale. I social media potenziano questo senso di vicinanza tra il personaggio e il suo pubblico.
Il sociologo Codeluppi ha affrontato il tema del “gossipcrazia” che vede personaggi privi di capacità diventare celebri solo per la loro costante presenza mediatica.
Diventa allora facile per lo spettatore l’identificazione ed il piacere di sbirciare la vita degli altri famosi, ma sempre più simili a lui.
Tutto viene filmato e “postato” sui social network e il personaggio vetrinizza la sua vita. Gli individui seguono il loro influencer, il loro tiktoker o il loro yotuber preferito. Come se non bastasse, dominano le chat di messaggistica istantanea in cui avviene la divulgazione delle immagini immediata, apro-scatto, spedisco.
Il web sociale vive in modo preminente d’immagini, in particolare di video, possedere uno smartphone rende possibile documentare in diretta ciò che accade e postarlo in pochi secondi su Youtube e condividerlo su Facebook, Twitter o via Whatsapp. La cultura dell’immagine mediata che arriva dalla televisione si trasforma sul web come lo strumento più potente per raccontare, raccontarsi, creare, reinventare, immagini e contenuti.
Consumiamo gossip perché è quasi diventato un nostro bisogno primario. Il sociologo Bauman non è mai stato tenero fin dalla sua teorizzazione del mondo liquido alla nostra capacità di consumare tutto, vita degli altri compresa.
Il presente ci mostra che le nuove parole d’ordine sono: marketing, credibilità dei testimonial, influence, collaborazione con i fan e follower. Il gossip è diventato parte integrante del self-marketing delle celebrities. Si fa un uso strategico del gossip per mantenere alta l’attenzione su di sé. La diffusione pervasiva delle tecnologie digitali ha ristrutturato le trame delle relazioni sociali.
L’attore si trova, infatti, a dover gestire un sovraccarico informativo prodotto all’interno dell’ambiente digitale e deve affinare sempre più gli strumenti che gli consentono di abitare tale spazio per far sì che il Sé digitale si distingua ed emerga.
Ho sempre pensato che la storia del cinema sia stata fondamentale per comprendere la formazione socio-culturale della società. Mi affascina lo studio del cambiamento del ruolo del attore e della fruizione dei generi cinematografici. Non c’è dubbio, cosi come sostiene Vitella, che ci siamo allontanati dal modello delle maggiorate.
L’autore ha saputo cogliere gli aspetti dell’industria cinematografica e culturale e mi ha aiutato a riflettere su quanto sta accadendo. La sua scrittura risulta coinvolgente, interessante e ricca di dettagli. La sua enorme capacitò descrittiva è evidente in ogni pagina. Diversi i paragrafi che mi hanno portato a pensare ai nuovi personaggi del mondo del cinema, della televisione e dei social network.
Insomma, un unione perfetta tra sociologia, storia e letteratura del cinema che rendono questo libro ricco di significato. Gli spunti di riflessione sono molteplici e il lettore è chiamato ad interrogarsi.
Federico Vitella è un uomo di grande sensibilità culturale ed è un profondo conoscitore del mondo del cinema. Voglio ringraziarlo, perché mi ha permesso di confrontare tanti aspetti sociologici e della mediatizzazione del gossip.
L’autore ci ha donato un bellissimo volume che merita di essere letto e approfondito. Non tutti gli scrittori riescono a far emergere raffinati dettagli storiografici con eleganza, precisione e accuratezza, ma Federico Vitella a trovato le risposte alle tante domande che ci poniamo.
Federico Vitella (1977) è professore ordinario presso l’Università di Messina, dove insegna Storia del cinema. Attivo in gruppi di ricerca italiani e stranieri (fra cui HOMER – History of Moviegoing, Exhibition, and Reception), coordina attualmente il Progetto di Rilevante Interessa Nazionale «Il pollo ruspante. Il cinema e la nuova cultura dei consumi in Italia». Ha al suo attivo numerose collaborazioni con cineteche, archivi, produzioni cinematografiche, riviste scientifiche (fra cui «Schermi. Storie e culture del cinema e dei media in Italia», «L’avventura. International Journal of Italian Film and Media Landscapes», «Immagine. Note di storia del cinema»), oltreché la direzione della collana dell’editore Marsilio «Cinema, media e consumi in Italia».
I suoi interessi riguardano principalmente il rapporto tra cinema e storia, con particolare attenzione per l’economia dei media, le politiche culturali delle istituzioni e i fenomeni divistici degli anni centrali del Novecento. Ha scritto volumi apprezzati e premiati sull’opera di Michelangelo Antonioni (L’avventura, Scandali segreti), sull’industria cinematografica (L’età dello schermo panoramico), sul rapporto tra tecnologia ed estetica (Il montaggio nella storia del cinema). Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia, in uscita per Marsilio, è il suo ultimo studio monografico.