L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia ICJ, il più alto organo giudiziario delle Nazioni Unite, di esprimere un parere sulla legalità delle politiche israeliane nei territori occupati della Cisgiordania e a Gerusalemme est. Sono stati 87 i paesi favorevoli alla decisione e 26 i contrari. Degna di nota l’astensione di ben 53 paesi: secondo molti la conseguenza delle pesanti pressioni esercitate da Israele. Prima del voto, il primo ministro uscente Yair Lapid aveva contattato personalmente una sessantina di leader mondiali. Lo stesso ha fatto il presidente Isaac Herzog. Tra le critiche rivolte da Israele anche quella di aver deciso di votare in una giornata di festa per Israele.
Se, da un lato, è vero che le decisioni della Corte non sono vincolanti, è altrettanto vero che hanno un peso non indifferente e influenzano l’opinione dei membri dell’Assemblea Generale in vista delle votazioni. Notevole il loro peso anche sull’opinione pubblica internazionale. L’ultima volta che la Corte Internazionale di Giustizia aveva affrontato la questione degli attacchi di Israele alla Palestina risaliva al 2004. Il 9 luglio 2004, la ICJ emise un giudizio noto come “Muro in Palestina”, con il quale definiva la costruzione del muro una violazione del principio di autodeterminazione dei popoli e ribadiva il divieto di annessione con la forza di territori altrui, oltre a violazioni relative ai diritti umani e al diritto internazionale umanitario.
Da allora, l’espansione di Israele non si è mai fermata. Anzi nell’ultimo periodo la situazione è peggiorata. Un cambiamento negativo che alcuni hanno messo in correlazione con il ritorno al governo di Netanyahu.
Nei giorni scorsi, Tor Wennesland coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente ha parlato di un “forte aumento” della violenza nel conflitto israelo-palestinese. Più di 150 palestinesi e oltre 20 israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania e Israele nel 2022. Il più alto numero di morti da anni, ha detto l’inviato delle Nazioni Unite per il Medio Oriente presentando l’ultimo rapporto (dal 21 settembre al 7 dicembre 2022) al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da scontri, proteste, attacchi, “operazioni di sicurezza” israeliane e altre forme di violenza. “Sono seriamente preoccupato per il forte aumento della violenza contro i civili da entrambe le parti, che aggrava la sfiducia e mina una risoluzione pacifica del conflitto”, ha dichiarato Wennesland. Dall’8 dicembre, le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso sei palestinesi, tra cui due bambini, ha detto l’inviato delle Nazioni Unite che si è detto “particolarmente sconvolto” dal fatto che i ragazzi e le ragazze continuano a essere uccisi in questo conflitto. Nell’ultimo anno, sono stati almeno quarantaquattro i giovani palestinesi (e un bambino israeliano) i minori che hanno perso la vita negli scontri. L’8 dicembre un ragazzo palestinese di 16 anni è stato ucciso dalle forze israeliane nel contesto del presunto lancio di pietre nella comunità di Aboud, vicino a Ramallah. Tre giorni dopo, una ragazza palestinese di 15 anni è stata uccisa in un’operazione di “ricerca e arresto” a Jenin. Di queste morti i media occidentali hanno preferito non parlare. “L’aumento del numero di israeliani uccisi o feriti dai palestinesi, compresi bombardamenti e attacchi a fuoco, è allarmante” sono le parole usate da Wennesland che confermano la preoccupazione per l’espansione degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est. Solo nell’ultimo anno sono state circa 4.800 le unità abitative costruite in quella che è conosciuta come Area C dopo gli accordi di pace di Oslo. Il numero di unità abitative avanzate nella Gerusalemme Est occupata è più che triplicato: da 900 nel 2021 a 3.100. “Rimango anche profondamente preoccupato per le continue demolizioni e sequestri di strutture palestinesi”, ha detto Wennesland. La violenza degli israeliani non si è fermata nemmeno davanti alle scuole: “Sono allarmato, in particolare, dalla demolizione di una scuola finanziata da donatori a Masafer Yatta e dall’intenzione dichiarata delle autorità israeliane di demolire ulteriori strutture nelle comunità di pastori di quella zona, che avrebbero un significativo tributo umanitario, se attuate”.
Dopo la decisione dell’Assemblea Generale delle NU di sottoporre la questione alla Corte Internazionale di Giustizia, l’ambasciatore palestinese Riyad Mansour ha ringraziato i paesi che hanno votato a favore: “Confidiamo che, indipendentemente dal vostro voto di oggi, se credete nel diritto internazionale e nella pace, sosterrete l’opinione della Corte Internazionale di Giustizia, una volta pronunciata”, ha detto Mansour. L’ambasciatore Gilad Erdan ha definito il deferimento di Israele alla Corte Internazionale di Giustizia “oltraggioso”, e ha accusato l’ONU di essere “moralmente fallimentare e politicizzata” e qualsiasi potenziale decisione della Corte “completamente illegittima”.
Quella della sovranità sui territori occupati è una questione irrisolta che va avanti da decenni: Israele ha invaso la Cisgiordania, Gerusalemme est e la Striscia di Gaza durante la guerra del 1967, dichiarando la Cisgiordania un territorio conteso. Da allora, ha costruito numerosi insediamenti che ospitano centinaia di migliaia di coloni ebrei. Anche Gerusalemme est è stata annessa e gli israeliani hanno dichiarato l’intera città loro capitale (si pensi alle pressioni politiche esercitate da Trump quando era presidente degli USA). Oggi sono almeno 200.000 gli israeliani che vivono in insediamenti occupati a Gerusalemme est.
Con la richiesta dei giorni scorsi le NU hanno chiesto alla Corte di esaminare anche le conseguenze legali delle misure israeliane che potrebbero “alterare la composizione demografica, il carattere e lo status della Città Santa di Gerusalemme”. E quali potrebbero essere le conseguenze legali derivanti per tutti gli stati e le Nazioni Unite da questo stato di cose.
Israele ha anche accusato i palestinesi, che hanno lo status di stato osservatore non membro presso le Nazioni Unite, di sfruttare le Nazioni Unite per aggirare i negoziati di pace e imporre con la forza un accordo. Un accordo che sembra sempre più difficile dopo che, dal 29 novembre, Benyamin Netanyahu è di nuovo capo del governo di Israele. E il 37mo esecutivo della storia della nazione ebraica sembra essere il più a destra di sempre. Nel presentare alla Knesset, il parlamento israeliano, le linee programmatiche del proprio governo Netanyahu ha puntato molto sulla scelta di espandere le colonie nella Cisgiordania occupata. Una scelta già da tempo dichiarata illegale dalle Nazioni Unite.