Se recentemente, sul fronte esterno, la Chiesa cattolica ha raggiunto limiti mai raggiunti prima (si pensi alla recente partecipazione di Papa Francesco al G7 in Puglia), sul fronte interno pare essere in atto una vera e propria guerra.
In Spagna, nel convento di Santa Clara a Belorado, a una cinquantina di chilometri da Burgos, nella provincia di Castilla y León, un gruppo di suore ha pubblicato un “manifesto” di una settantina di pagine (anche sui social) nel quale dichiarano la rottura con la Chiesa cattolica. Nel loro “Manifesto Cattolico”, le monache hanno riportato i motivi della rottura. Le religiose affermano che la loro decisione di abbandonare la Chiesa cattolica è frutto di “una matura, meditata e cosciente riflessione”. “Ci separiamo liberamente e volontariamente, all’unanimità e con allegria di spirito”, si legge nel manifesto sottoscritto dalle suore finora note in Spagna come le “suore dei cioccolatini” per i dolcetti prodotti in quel convento. Il 13 maggio scorso, le suore avevano annunciato la decisione di mettersi sotto la tutela e la giurisdizione di Pablo de Rojas Sanchez-Franco e della sua cosiddetta Pia Union de Santi Pauli Apostoli, che non è in comunione con Roma e il cui fondatore è stato scomunicato nel 2019. Oggetto della decisione però potrebbe non essere una questione spirituale ma materiale: la disputa riguardante i conventi di Belorado e Orduna. In una lettera, firmata dalla madre superiora, suor Isabel de la Trinidad, si dice che le suore sono vittime di una “persecuzione”. Nel 2020 la comunità di suore aveva raggiunto un accordo con il vicino vescovado di Vitoria per acquistare il convento di Orduña, nei Paesi Baschi. Ma l’operazione sarebbe stata “bloccata da Roma”. Da qui l’inizio della contesa.
Il 21 giugno, è scaduto il termine concesso alle clarisse per presentarsi davanti al Tribunale ecclesiastico e difendersi dall’accusa accusate del reato di scisma. Non essendosi presentate, l’arcivescovado di Burgos potrebbe dichiarare la scomunica, che dovrà essere sottoscritta dall’arcivescovo Mario Iceta.
Sorte analoga e sempre a giugno (ma il 28) potrebbe spettare a monsignor Carlo Maria Viganò, ex nunzio in USA. Anche lui ha dichiarato di non volersi difendere dalle accuse di scisma per il quale è stato convocato dal Dicastero della Dottrina della Fede. In una nota, il prete ha dichiarato “di non avere intenzione di recarmi al Sant’Uffizio il 28 Giugno e di non aver consegnato alcun memoriale o documento a mia difesa al Dicastero, del quale non riconosco l’autorità, né quella del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato”. Viganò ha definito quello nei suoi confronti “un processo farsa in cui coloro che mi dovrebbero giudicare imparzialmente per difendere l’ortodossia cattolica sono allo stesso tempo coloro che io accuso di eresia, di tradimento e di abuso di potere”. Anzi è andato oltre affermando che le accuse mosse contro di lui dal Vaticano sarebbero “un vanto”. “La chiesa di Bergoglio – ha detto Viganò – non è la Chiesa Cattolica, ma quella ‘chiesa conciliare’ nata dal Concilio Vaticano II e recentemente oggetto di rebranding col nome non meno ereticale di chiesa sinodale”.
Un tempo, quando la Chiesa disponeva di un grande potere temporale, la scomunica era uno strumento importante. Ora è una pratica religiosa utilizzata per punire coloro che si sono resi colpevoli di gravi violazioni delle regole e dei principi della fede. In pratica è una forma di censura ecclesiastica che viene applicata nelle Chiese cristiane quando un battezzato commette un peccato grave. La scomunica è fondamentalmente una sanzione disciplinare che ha lo scopo di richiamare il battezzato al pentimento e alla conversione. Si tratta di un atto formale che viene pronunciato dall’autorità ecclesiastica competente, di solito il vescovo o il Papa. La scomunica può essere totale, quando il soggetto viene escluso completamente dalla comunione, o parziale, quando vengono limitati solo alcuni diritti o privilegi ecclesiastici. L’ammonizione previa è un requisito necessario per la valida imposizione della censura. Un tempo le conseguenze della scomunica erano temute: il sovrano o il nobile scomunicato rischiavano di non potere esercitare i propri poteri. Esistono due tipi di scomunica. La scomunica “latae sententiae”: vi si incorre in essa automaticamente per il solo fatto di aver commesso un determinato “delitto”. E la scomunica “ferendae sententiae” che prevede un procedimento canonico penale con l’intervento dell’autorità che può essere il Giudice ecclesiastico o l’Ordinario. Generalmente l’autorità ecclesiastica competente, alla notizia certa di un delitto commesso da qualcuno, deve ammonirlo previamente, almeno una volta, perché cessi dalla sua “contumacia”, cioè dal suo comportamento delittuoso e concedergli un congruo spazio di tempo affinché si possa pentire, ravvedere e rettificare la propria condotta o il proprio pensiero contrario agli insegnamenti della Chiesa, e che ha espresso pubblicamente.
Ora chi incorre nella scomunica viene gravato da molte proibizioni ma solo ecclesiali: non può celebrare e neppure ricevere i sacramenti, non può partecipare attivamente alle celebrazioni di culto, non può ricoprire uffici, ministeri o incarichi ecclesiastici, né porre in essere atti di potestà di giurisdizione. Oggi la scomunica ha un potere più spirituale e morale che materiale. Ma per chi ha già deciso di lasciare la Chiesa, essere scomunicato ha un effetto molto blando.
Che effetti ha tutto questo sulla Chiesa? Di sicuro non fa bene. Negli ultimi anni, sorprendentemente il numero dei fedeli è aumentato. Tra il 2018 e il 2019 i battezzati sono stati il 17,7 per cento della popolazione mondiale. Nello stesso periodo sono aumentati i sacerdoti ma sono diminuiti i seminaristi. Nel 2021, i cattolici battezzati sono aumentati passando da 1,376 miliardi nel 2021 a 1,390 miliardi nel 2022. Un incremento dell’un per cento ma pur sempre un’inversione di tendenza rispetto al passato.
Ma se il numero dei fedeli è aumentato a livello globale (e soprattutto in Africa), in Europa, i numeri sono diversi: in molti casi con il segno meno sia come fedeli che come vocazioni. E certo eventi come queste scissioni non faranno bene. E non si sa quanto possa essere utile per far crescere il numero dei fedeli, aver visto il pontefice partecipare al G7 ma per parlare di intelligenza artificiale…