Regia: Alberto Cavallone. Soggetto e Sceneggiatura: Alberto Cavallone, Carlo Maietto. Produttore: Carlo Maietto. Direttore di Produzione: Giuseppe Scavuzzo. Produzione: Vega Star. Musica. Franco Potenza. Dialoghi: Guido Leoni. Fotografia: Maurizio Centini. Distribuzione: CIDIF di Aldo Addobbati, Paris Etoil (Parigi). Aiuto Regista: Anthony Vernon (Antonio Casale). Montaggio: Mario Salvatore. Organizzazione Generale: Sergio Nasca. Trucco: Franco Schioppa. Fotografo: Renzo Maietto. Interpreti: Erna Schürer, Beryl Cunningham, Antony Vernon (Antonio Casale), Tony Garrel, Michelle Stamp, Alain Kalsj (Walter Fabrizio).
Le salamandre (1969) è il vero debutto nella fiction cinematografica. Persino il produttore – Carlo Maietto – è alla prima esperienza e decide di far debuttare una modella giamaicana appena scoperta, Beryl Cunningham (1946), accanto alla più esperta Erna Schurer. Le salamandre è girato quasi per intero in una suggestiva Tunisia, tra deserto e scogliere, grazie a lunghe soggettive dei protagonisti – in auto o passeggiando per le vie della città – improvvisando sceneggiatura e dialoghi, filmando quasi tutto con la camera a mano e mezzi improvvisati, senza alcuna autorizzazione. Era un modo diverso di fare cinema, molto pionieristico, sessantottino, d’avanguardia; tra l’altro la storia profuma di compromesso storico ante litteram, perché regista e produttore scrivono insieme un film partendo da opposte concezioni politiche.
Le salamandre, girato in 16 millimetri, avrebbe dovuto intitolarsi C’era una bionda, ma il titolo fu modificato per esigenze distributive. Tra l’altro Aldo Addobbati – il distributore italiano – organizzò una prima nazionale al Cinema Quattro Fontane di Roma che fu un grande successo di critica, con l’apprezzamento di illustri personalità del cinema italiano (Michelangelo Antonioni su tutti).
Il film racconta una storia d’amore omosessuale tra una bellissima fotografa bianca (Schürer) e una stupenda modella nera (Cunningham), sviscerando psicologicamente le varie sfaccettature di un rapporto tormentato. La variabile di un uomo (Vernon) che s’intromette nel menage lesbico porta a un finale tragico che vede la Venere nera – pure lei innamorata del bianco – vendicarsi a colpi di coltello sugli amanti fedifraghi. La scelta delle attrici decreta il successo del film, perché il contrasto tra la bionda slavata Schürer e il nero ebano della Cunningham sprigiona fascino erotico.
Erna Schürer è nata a Napoli, il suo vero nome è Emma Costantino, la troviamo accreditata anche come Erna Scheurer, Erna Schuler ed Erna Schurer, perché di madre svedese. Molto attiva nel cinema erotico, thriller, poliziesco, nei fotoromanzi Lancio e in prodotti minori – di taglio erotico – da edicola come Killing e Sadistik. Il suo ruolo memorabile è nel televisivo Sorelle Materassi (1972). Un film interessante è Le tue mani sul mio corpo (1970) di Brunello Rondi. Appare nuda su Playmen, al tempo tappa obbligata. Quando interpreta Le salamandre la Schürer è fidanzata con il produttore Carlo Maietto. Beryl Cunningham è una stupenda modella giamaicana, figlia di un professore universitario, alla prima esperienza cinematografica, conosciuta a Roma dal produttore, che recita senza essere retribuita, ma dà il via al suo successo italiano.
Troveremo la Cunningham – soprannominata Onda Nera – in molti ruoli della nascente commedia sexy, ma la vedremo anche come cantante, presentatrice e show-girl. Pure lei compare nuda su Playmen, momento obbligato per il successo. Indimenticabile il suo rapporto con Piero Vivarelli (seconda moglie del regista) con cui gira Il Dio serpente (accanto a Nadia Cassini, 1970) e Il Decamerone nero (1972). Il protagonista maschile del film è Antonio Casale, che assume il cognome Vernon per l’amicizia che lo lega all’attore feticcio di Jesus Franco, Howard Vernon (fonte: Marco Giusti, Stracult).
Alberto Cavallone utilizza al meglio due bellezze contrastanti, definendo un rapporto dominante – dominato nel quale la modella nera è succube della fotografa bianca e non ha ancora risolto il problema razziale. Le salamandre è un film contro il razzismo, sull’integrazione dei neri, oltre a essere una pellicola che analizza l’omosessualità femminile e il difficile rapporto di coppia. Ottimi alcuni inserti stile mondo movie con scene caratterizzate da una diversa fotografia che rappresentano le lotte razziali ad Harlem. Terribile una sequenza di fucilazione in bianco e nero che sembra uscita da un documentario di Gualtiero Jacopetti, mostrata per spiegare i fori di proiettile impressi sopra un muro.
Eccellente la parte onirica con cui il regista sconvolge lo spettatore nelle prime sequenze – caratteristica di tutte le opere di Cavallone – mostrando un sogno macabro della modella nera. Un uomo viene malmenato nel deserto, finisce evirato da un gruppo di malviventi, in un tripudio di sangue, con la ragazza sconvolta che fugge tra le braccia della sua amante. Definirei Le salamandre un erotico – psicologico che nel finale diventa un thriller, ma conclude spiazzando lo spettatore con una trovata metacinematografica che mette a nudo il set con i suoi protagonisti, mostrando la finzione e svelando i trucchi macabri.
La parola fine si stempera sul volto di Beryl Cunningham in un sottofondo di musica africana che vuol sottolineare quanto sia difficile superare la questione razziale. Il regista e il direttore della fotografia Centini realizzano un lavoro di buona fattura anche a livello di colore africano, immortalando mercati, strade, locali, spiagge e deserto che dipingono il vero volto della Tunisia. Ricordiamo interessanti riprese tra le rovine di Cartagine, la danza del ventre, il mercato arabo e il centro di Tunisi. L’uso dello zoom è eccessivo, ma bisogna tener conto del periodo storico e della difficoltà a girare una pellicola con mezzi di fortuna.
Le salamandre rappresenta un’evoluzione del mondo – movie e in parte confina con l’esotico – erotico, anche se le ambizioni sono più alte e la parte erotica serve a esprimere concetti importanti. Alcune sequenze risentono del gusto pop – psichedelico tipico del Sessantotto: tra tutte ricordiamo la Cunningham completamente nuda dipinta a strisce di vernice bianca dalla Schürer. Il regista non dimentica di lanciare un atto di accusa contro la guerra in Indocina e in Vietnam condotta dagli statunitensi, oltre a compiere un discorso anticoloniale e antirazzista. Non ci sono personaggi postivi in questa storia, proprio come nella vita, sembra dire il regista. Ognuno ha i suoi fantasmi da custodire nell’armadio.
Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle): “Il primo film di Cavallone a essere distribuito ebbe un certo successo e fece scandalo all’epoca. Più che l’erotismo, contenuto anche rispetto agli altri film del regista, oggi colpiscono le ambizioni: il tentativo di descrivere il colonialismo e il razzismo dal punto di vista sessuale, e l’inserimento di temi allora inusuali (il rapporto tra fotografia e morte). L’insieme è un po’ datato e i dialoghi di Guido Leoni – vistosamente aggiunti a posteriori – sono troppo arguti e petulanti: ma Cavallone sopperisce alla povertà di budget con idee non banali, e il finale di cinema nel cinema è beffardo”.
Aggiungo che Mereghetti vede tra le interpreti Jane Avril (Maria Pia Luzi), ma non ci risulta che faccia parte del cast. Marco Giusti (Stracult): “Il film fece un certo scalpore tra i ragazzacci del Sessantotto e s’inserì nel genere lesbo…”. Mi sembra una visione troppo riduttiva. Umberto Rossi (Film Mese): “Brutto, d’una bruttezza quasi incredibile”. Abbiamo visto due film diversi, credo. Terminiamo con Cavallone, che su Nocturno afferma: “Mi sono ispirato agli scritti di Frantz Fanon, dopo averlo conosciuto alla Sorbona di Parigi”. Non sappiamo quanto sia vero, ma riteniamo che Le salamandre rappresenti un’interessante opera prima di un registra da riscoprire, un film ancora attuale che ci aiuta a capire lo spirito di un’epoca.
Alberto Cavallone confida a Nocturno Cinema: “Quando feci Le salamandre non avevo assolutamente bisogno di denaro. Ero sotto contratto con la Vides e prendevo un sacco di soldi come sceneggiatore. Ho investito seicentomila lire per andare quattro volte in Tunisia, ho fatto un accordo di coproduzione con la Saftec per coprire il mercato francese. Ho girato tutto in Tunisia, tranne gli interni ricostruiti alla De Paolis”. Maurizio Centini realizza una fotografia sporca, rubata, proprio come desidera il regista, incurante delle critiche che gli piovono addosso dalla stampa specializzata. Ricorda che conobbe Cavallone alla Florfilm, per una pellicola cominciata a Napoli ma mai terminata: Il ragazzo che fece fumare il Vesuvio e che lo assunse come direttore della fotografia per Le salamandre.
In realtà il sodalizio Cavalone – Centini è durato a lungo e ha dato buoni risultati. Le salamandre costò appena 28 milioni di lire ma la Paris Etoile – dopo averlo sottratto alla Cidif – ci fece un sacco di soldi e lo vendette persino in Usa e in Germania. Il film andò così bene che Marina Cicogna gli chiese di fare un remake interpretato da Florinda Bolkan e un’ altra attrice di colore. Cavallone rifiutò sdegnato perché non voleva rifare un film già fatto ed essere inserito in un filone erotico che non amava. Grande operazione pubblicitaria da parte della produzione che gioca tutto sulla’more lesbico e sul tabù nera – bianca, già affrontato da Tinto Brass con il contemporaneo Nerosubianco.