Le vicissitudini della Famiglia Cicogna

Articolo di Gordiano Lupi

Bino Cicogna è uno stimato produttore che ricordiamo soprattutto per C’era una volta il west di Sergio Leone (1969), film che ottiene il premio per la miglior produzione nazionale. Sempre nel 1969, Cicogna conquista la medaglia d’oro Una vita per il cinema, premio ideato da Alessandro Ferraù. Tra i molti successi citiamo anche I quattro dell’Ave Maria di Giuseppe Colizzi (1968), con la coppia western comica Bud Spencer – Terence Hill, I cannibali di Liliana Cavani (1969) e Nell’anno del Signore di Luigi Magni (1969).

Giuseppe Ascanio Cicogna, detto Bino, è il fratello di Marina Cicogna, contessa in prestito al cinema, molto chiacchierata per via della sua relazione omosessuale con Florinda Bolkan. Bibo e Marina trascorrono la fanciullezza all’interno di una famiglia nobile che prima dello scoppio della guerra mondiale vive tra Londra e Cortina. Il padre, Cesare Cicogna, ultimo di cinque figli, è un uomo debole, dal carattere irascibile, dispotico e prepotente. Tradisce la moglie a ripetizione e procura solo dispiaceri a una donna che finisce per mostrarsi con lui fredda e distaccata. La madre Annamaria è una donna intelligente, pacata e pratica, legata a valori culturali che la portano a fondare Italia Nostra insieme allo scrittore Giorgio Bassani. Cesare invece ha un ruolo importante nelle gerarchie fasciste, pure se non va molto d’accordo con Mussolini è lui l’artefice della pace con la Tripolitana. Alla fine della guerra il padre e la madre si separano e i figli decidono di passare i mesi degli studi con il padre (che gode reputazione di uomo noioso) e le vacanze con la madre. Marina è una donna forte e protettiva per quanto Bino è fragile e delicato e forse per questo motivo tra i due si stabilisce un saldo legame affettivo. Marina Cicogna diventa molto amica di Helmut Berger che, in un’intervista rilasciata a Cesare Lanza di Sette, definisce “un ragazzo a cui volevo molto bene, ma che ha esagerato sia bevendo che con le droghe, forse per costruire un personaggio” (1). Marina Cicogna racconta anche del suo amore fugace con Alain Delon, di una notte brava passata nel suo letto dopo che lui aveva rotto con Romy Schneider. Per lei “Delon è un uomo sessualmente affascinante per la sua ambiguità, un eccellente aspetto femminile, ma in realtà un figlio di mignotta terribile, molto maschile. Per questo piaceva a Visconti che ebbe per due volte rapporti con lui” (2). Marina Cicogna, nella solita intervista, confessa di aver subito sempre una forte attrazione per donne del suo stesso sesso. Florinda Bolkan è l’amore della sua vita. Marina e Florinda sono forse la prima coppia gay italiana che non teme di esibire in pubblico una relazione omosessuale. Questa unione scandalosa (per i tempi) dura ben diciotto anni e in quel periodo le due donne fanno una buona carriera nel mondo del cinema. Visconti e Mastroianni intuiscono le doti della bella brasiliana e la spingono a cimentarsi sul set, pure se la Bolkan è timida e indecisa. Il rapporto tra le due donne è costellato di tradimenti perché Florinda piace molto agli uomini e ha diverse relazioni con attori affascinanti come Ryan O’ Neil. Marina Cicogna invece comincia a fare cinema nel 1967 e la sua carriera dura appena dieci anni. I suoi film migliori sono: Metti una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi (1968) e Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri. La madre è proprietaria della Euro International Film, una buona società di distribuzione, e sia Marina che Bino collaborano alla scelta dei film da acquistare. La società diviene leader nella distribuzione e ottiene un grande successo commerciale con la pellicola tedesca Helga, un film-indagine sul mondo del sesso che ha il coraggio di mostrare una donna mentre partorisce. Alla fine del 1971 la società di distribuzione fallisce e la madre perde tutto il suo patrimonio, motivo forse determinante alla base del suicidio di Bino a Rio De Janeiro. I rapporti tra Bino e Marina sono sempre molto affettuosi, i due si vedono per l’ultima volta a Londra dove il fratello ha un’amante. Il suicidio del fratello segna la vita di Marina che abbandona il mondo del cinema e va a vivere con Florinda Bolkan in California, per poi trasferirsi a Beverly Hills per tre o quattro anni insieme a un gruppo di amici interessanti. La vita sessuale di Marina alterna avventure con donne e uomini che hanno la caratteristica comune di essere vissute intensamente.

  1. Il suicidio misterioso di Bino Cicogna

Siamo nel 1971 quando il conte Bino Cicogna viene ritrovato soffocato dal gas della sua cucina in un appartamento di Rio De Janeiro che ha da poco preso in affitto. Waldemar Gomez De Castro, capo della polizia di Botafogo, dopo una rapida indagine, giunge alla conclusione che l’uomo si è suicidato perché in fuga da se stesso e dai suoi guai. Cicogna si trova in Brasile sotto falso nome con un passaporto e un conto corrente intestati a un inesistente Giorgio Del Magno. La stampa italiana però non crede al suicidio e molti giornalisti sospettano che il conte Cicogna abbia realizzato una perfetta messinscena e che sia scappato in qualche parte del mondo dopo essersi fatto una plastica facciale. Una tesi da romanzo giallo che non trova riscontro nei fatti, pure se è vero che il riconoscimento del cadavere è fatto in modo molto approssimativo da Alina Bolcáo (sorella di Florinda Bolkan), che giura di aver riconosciuto il morto solo dalle scarpe. Infatti il cadavere è in stato di avanzata decomposizione per via del caldo e dell’umidità  e non è per niente facile capire. Le scarpe del morto però sono italiane e sono uniche nel loro genere, pure gli abiti, l’anello, l’orologio, appartengono senza dubbio al conte Cicogna. Il cadavere appare agli inquirenti gonfio e deformato, come se si trattasse di un individuo massiccio invece che longilineo, ma è tutta colpa del rapido processo di decomposizione cadaverica. Restano molti dubbi sul suicidio soprattutto perché la polizia si accontenta in modo sbrigativo del frettoloso riconoscimento di Alina Bolcáo, senza sentire il parere del padrone dell’appartamento e di altri conoscenti. Tutti hanno una gran fretta di chiudere il caso e di rispedire la salma in Italia dove la nobile famiglia la reclama. Nessuno dubita della Bolcáo, pure se lei dopo i fatti scompare e nessun giornalista riesce a intervistarla, neppure Duilio Pallottelli de L’Europeo che alla fine del 1971 tenta una ricostruzione dettagliata dei fatti. In ogni caso il commissario Brasil, che ha condotto l’inchiesta, nega ogni possibilità di sostituzione del cadavere e bolla l’ipotesi come tesi fantastica. Per Gustavo Campanema, proprietario dell’appartamento dato in affitto, Bino Cicogna meditava da tempo il suicidio. Bino conclude il contratto e subito dopo si informa in modo meticoloso sul funzionamento del gas, come se premeditasse qualcosa. L’appartamento avrebbe dovuto essere la casa da dividere con Polly, il suo grande amore inglese, ma se anche questo rapporto fosse finito male la soluzione sarebbe stata il suicidio. Quando arriva il telegramma di Polly che scarica il produttore italiano, il suicidio è già compiuto. Cicogna insiste con il proprietario per pagare in anticipo il primo mese, usanza abituale in Italia ma che in Brasile nessuno pratica. Pare quasi che l’uomo che ha lasciato debiti in tutto il mondo voglia almeno pagare la casa dove sa che dovrà morire. Bino Cicogna è sommerso dai debiti, vive in uno stato di forte tensione nervosa e di eccitazione continua. Tutto gli sta crollando addosso. I soldi stanno per finire, la sua donna lo ha lasciato, lui è un uomo solo e sconvolto. Il commissario ritiene una fantasia assurda la tesi secondo la quale Cicogna avrebbe messo al suo posto il cadavere di un altro per sottrarsi ai creditori. Il corpo è troppo somigliante al conte e persino il piede è lo stesso, con la fatidica scarpa italiana, elegante e sottile, che solo Cicogna avrebbe potuto indossare. Lolly Hime è la proprietaria di New Style, negozio dove Cicogna va a scegliere l’arredamento della nuova casa. A lei fa una brutta impressione quell’uomo agitatissimo che parla a scatti, passa da un argomento all’altro e non è per niente sereno. La polizia esamina il luogo del crimine e scarta subito la tesi dell’omicidio. Non ci sono segni di violenza, il corpo del conte giace disteso sulla stufa a gas, di schiena, le gambe penzoloni da un lato, un paio di pantaloni, dei mocassini. Accanto al corpo c’è un borsetto con documenti falsi, denaro, chiavi e ritagli di giornale che parlano di Bino Cicogna. Dalla stufa sono state tolte le piastre e i becchi di uscita del gas, le parti smontate sono sul pavimento e le manopole del gas risultano aperte al massimo. Tutto sta a indicare che si è trattato di un suicidio e gli unici dubbi restano sulla strana posizione del corpo, disteso sulla stufa, e sull’assenza di qualsiasi scritto che di solito accompagna gli atti suicidi. Alina Bolcáo è la prima a vedere il corpo ed è lei a chiamare il consolato italiano. Un particolare che resta incomprensibile è quello della finestra di cucina che all’arrivo della polizia viene trovata aperta verso un’aria di ventilazione del palazzo. Si tratta di una piccola apertura di appena trenta centimetri  dalla quale però il gas può uscire e invece quando arrivano le forze dell’ordine  l’odore di ossido di carbonio è ancora molto forte. Cicogna però è disteso sui fornelli in modo tale che il quantitativo di gas è sufficiente a uccidere un uomo e poi tutti hanno così fretta di chiudere il caso che il particolare della finestra non viene approfondito. Pure la posizione del corpo convince poco, ma la tesi del suicidio è ormai quella ufficiale e il morto va spedito in Italia prima possibile per essere seppellito nella tomba di famiglia. Un altro mistero del suicidio è dato dalla sparizione dei bagagli che forse vengono portati in un altro albergo e trasferiti in Italia. La tesi del suicidio prende corpo soprattutto perché Bino Cicogna è un uomo senza vie d’uscita, ormai senza denaro, abbandonato da tutti, persino dal suo grande amore inglese. Cicogna comunque ha una compagna occasionale come Lucia Maria Madruga che divide con lui le notti brasiliane: il suo personaggio da frequentatore di night lo accompagna sino alla fine, pure nella totale disperazione. La polizia brasiliana dubita solo sul possibile omicidio ma non prende in considerazione l’ipotesi di stampa sulla sostituzione del cadavere. Il morto ha le stesse misure di Cicogna e risulta avvelenato da inalazioni di ossido di carbonio: pur con tutte le possibili zone d’ombra la tesi del suicidio resta la più probabile. Cicogna è un uomo dalla personalità singolare che entra in Brasile con un passaporto falso con il quale apre persino un conto corrente bancario. Nonostante tutto si porta dietro i ritagli di una rivista inglese che parla di Bino Cicogna, il fuggiasco ricercato per truffa dall’Interpol. La sua morte rocambolesca e surreale è davvero coerente con il personaggio (3).   

Note

(1) Cesare Lanza – “Marina Cicogna, la donna che amava anche le donne” – da “Sette” del “Corriere della sera”, 1998

(2) Articolo citato sopra

  • Duilio Pallottelli – “Il caso Bino cicogna” – da “L’Europeo” del 25 novembre 1971


    FOTO: iodonna.it

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