Lidl, Tik Tok e i marchi al tempo dei social

Articolo di Paolo Landi

La prima fu Evian, l’acqua minerale: chi avrebbe mai pensato che un prodotto di largo consumo come un’ acqua imbottigliata potesse entrare nell’universo esclusivo della moda? Accadde venti anni fa. Evian, invece di fare la pubblicità in tv e sulle pagine dei quotidiani con i supermercati come faceva prima e come facevano tutti, si fece fotografare da uno bravo negli still life e cominciò a comprare pagine su Elle e Marie Claire. Invase i backstage delle sfilate con le sue bottigliette, in modo che si vedesse che Naomi Campbell e Claudia Schiffer la bevevano.

Poi inventò il “nebulizzatore” Evian, se volevi essere cool (ma questa parola ancora non era popolare come oggi) dovevi spruzzarti in faccia l’acqua Evian. Un successo clamoroso. In breve Evian diventò l’acqua delle modelle e di chi fa moda e quindi fece presto a diventare di moda. Aumentò il prezzo e distanziò i competitor che si affannarono a emularla (San Pellegrino con le bottiglie personalizzate, Panna con lo slogan “Acqua à porter”).

Quasi contemporaneamente anche Mac Donald capì che se voleva continuare a vendere hamburger doveva prima di tutto eliminarli dalle sue pubblicità: prese un fotografo di moda bravo che fece semplici ritratti in primo piano di belle ragazze e bei ragazzi molto giovani. Ci scrisse sotto “Venez comme vous etes” (“Venite come siete”, non state a cambiarvi d’abito, siete già belli così…), degli hamburger nemmeno l’ombra, solo il marchio Mc Donald, posizionato molto discretamente.

Fece uscire la pubblicità in affissione a Parigi, la capitale della moda, ça va sans dire. E, ovviamente, su Elle, GQ, Vogue. Evian e Mac Donald capirono per primi che anche un prodotto di largo consumo può ammantarsi dell’aura dei brand più blasonati e che, se vuoi distinguerti in uno scenario in cui i prodotti si somigliano sempre di più, devi raccontare una storia e, possibilmente, vendere una porzione di sogno a chi ti compra tutti i giorni (le casalinghe l’acqua minerale, gli studenti e gli operai in pausa pranzo l’hamburger).

Poi fu il turno di Apple, con il design raffinato dei computer e dell’ iPhone, poi toccò a H&M che inventò le “capsule collection” disegnate da Karl Lagerfeld e dai più grandi stilisti per nobilitare e invogliare a comprare gli abiti a poco prezzo che invadevano i suoi store sempre più “mega”. OVS ebbe un’intuizione. Fece indossare le sue collezioni “democratiche” a Ginevra Elkann, Jacaranda Caracciolo Falck, Alessandra D’Urso, Jessica Einaudi, Achille Bonito Oliva: così avrebbero smesso di dire che da OVS si vestiva solo chi non poteva spendere.

Un paio di campagne così e la percezione del marchio cambiò: oggi veste OVS anche chi può permettersi Prada, vuoi perché fa snob, vuoi perché non sembra etico dilapidare troppi soldi per comprarsi dei vestiti. Poteva mancare un Supermercato? Anzi: un “discount”? Il marketing di Lidl ci è arrivato tardi, ma ci è arrivato. Più il tuo prodotto è “basso” più devi “alzarlo” nella percezione dei tuoi clienti. Ti vergogni a fare la spesa in un discount? Lidl ti dice che non devi, sciocchino.

E ti prepara una collezione di T-shirt, snicker, ciabatte e altri accessori che sembra fatta per far impazzire i social, che infatti delirano. Bravissimi perché non hanno chiesto aiuto a nessuno, non hanno chiamato lo stilista o il testimonial, al contrario: sono partiti, molto umilmente ma con un lampo di genio, dai colori del marchio, quei blu, giallo, rosso che sembravano l’ incubo di Paperino e che invece sono diventati il massimo della coolness.

Perché chi si vergognava ad andare a fare la spesa da Lidl alla fine erano quelli che invece non si vergognano a esporsi su Tik Tok mentre ballano i “trend”. Erano loro che bisognava agganciare. Tik Tok ha ormai abbattuto un limite che credevamo invalicabile: nessuno ha più paura di fare la figura dello scemo, su quel social ogni tabù è abolito e c’è chi balla col cane, chi col vecchio nonno; c’è il travestito Bambola Star e c’è sempre Salvini che addenta una salsiccia e la Meloni che rilancia all’infinito il remix di “Io sono Giorgia”.

La collezione Lidl è perfetta sia per chi è attratto dall’orrido per sensibilità camp, siaperi tiktokari per i quali il giallo, il rosso e il blu sugli abiti e le scarpe sono la norma, che c’è di strano, perché non sono allegri forse? Lidl (come Evian, come Mac Donald) ha capito che si può rovesciare la percezione negativa di un brand orchestrando un’abile conversazione sui social. Ai tempi di Evian i social non c’erano, oggi invece infestano le nostre vite.  

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