La recente Conferenza mondiale sulla libertà di stampa 2020 è stata organizzata dall’agenzia culturale ed educativa delle Nazioni Unite, l’UNESCO e i Paesi Bassi. Presenti i giornalisti di spicco e sostenitori della libertà di stampa di tutto il mondo. Uniti per affrontare le nuove problematiche legate alle indagini relative alle uccisioni di giornalisti, la violenza online contro le giornaliste e la comunicazione al tempo del Covid-19. In un ampio articolo de La Voce di New York, il giornale diretto d Stefano Vaccara, spiega quanto è stato detto durante l’evento.
“Non solo i giornalisti trasmettono informazioni vitali durante la pandemia, ma ci aiutano anche a distinguere le verità dalle falsità, cosa fondamentale per il nostro contratto sociale”, ha affermato Audrey Azoulay, Direttore generale dell’UNESCO. “Tuttavia, i giornalisti continuano ad essere presi di mira, molestati ed attaccati. Negli ultimi anni le minacce contro di loro sono aumentate perché pongono ostacoli, raccontando la verità. O, più semplicemente, perché fanno il loro lavoro”.
Secondo i dati dell’Unesco, negli ultimi 9 anni, circa 900 giornalisti sono stati uccisi in servizio. Le giornaliste costrette a subire ogni tipo di minaccia, online o nella vita reale, e la pandemia che stiamo vivendo ha sconvolto la situazione finanziaria dell’industria dei media ed anche il modo di comunicare.
Elisabeth Bumiller, Washington Bureau Chief del New York Times, ha descritto come siano stati “anni difficili” quelli dell’amministrazione Trump. “Ci ha chiamato ‘il nemico del popolo’, ha usato il termine ‘fake news’, che è stato ripetuto da 50 presidenti, primi ministri e altri funzionari governativi in tutto il mondo”. Nonostante questi continui attacchi il Times ha mantenuto un altro numero di lettori e di abbonamenti digitali.
La giornalista sudanese Nima El Badir, corrispondente internazionale senior della CNN a Londra, ha puntato al populismo. “Temo che stiamo prendendo fiato ed espirando un po’ ‘troppo presto”, ha dichiarato. “La sensazione che abbiamo è che ci sia un contagio; che le lezioni della leadership populista, dell’ondata populista – negli Stati Uniti, nel Regno Unito o in Europa – sia stata appresa molto bene dai leader di tutto il mondo”.
El Badir ha spiegato quale momento difficile stia vivendo l’ Etiopia, dove è stata imposta la chiusura della comunicazione: “Come può il presidente Trump, così come il primo ministro Johnson ed uno qualsiasi dei tanti leader all’interno dell’Unione europea, parlare della mancanza di accesso quando loro stessi non vorrebbero niente di più che esattamente lo stesso? Se potessero farci chiudere, lo farebbero”, ha affermato.
Anche Maria Ressa, caporedattore del sito web di notizie online delle Filippine Rappler, ha voluto far comprendere a tutti gli effetti della continua ascesa del populismo e anche ha detto come la violenza contro i giornalisti è causata dal crescente uso della tecnologia. Ressa ritiene necessario che le persone comprendano quali siano le fonti da cui trarre le notizie.
Inoltre è importante capire che: “Il nostro presente anti-utopia ha ormai colpito molte democrazie in tutto il mondo e dobbiamo fare qualcosa al riguardo per assicurare che le notizie arrivino, e che le piattaforme dei social media, a causa del loro modello di business, non ci manipolano insidiosamente per abbattere la democrazia”.
Io mi trovo perfettamente d’accordo con quanto dichiarato da Maria Ressa. Nei giorni scorsi si è svolta la prima riunione dell’Osservatorio Nazionale delle fake news di CONFASSOCIAZIONI, che presiedo. L’osservatorio ha una funzione importantissima in un periodo come quello che stiamo vivendo, dove la presenza delle fake news è diventata ancora più invasiva.Da mesi nei miei interventi, nelle mie interviste e nei webinar a cui ho partecipato, continuo a denunciare la presenza delle fake news e la perdita di autorevolezza, e conseguentemente anche di rappresentanza, degli esperti.
Assistiamo ad una trasformazione profonda della società, al progressivo indebolimento delle istituzioni, alla perdita di ruolo di rappresentanza come corpi intermedi dei partiti politici, osserviamo come vi sia ormai una completa mediatizzazione dei processi di costruzione dell’opinione pubblica. Gli individui appaiono profondamente destabilizzati. A dispetto del numero “infinito” di informazioni a cui ognuno di noi può avere accesso, si stanno invece riducendo gli strumenti e gli spazi che consentono una reale e continuativa partecipazione dei cittadini allo sviluppo della democrazia. Le fake news rappresentano il grande nemico della credibilità dei media e il motore della post verità e non si tratta di un fenomeno a carattere casuale o episodico.
Nel volume Giornalismi, scritto con il collega Andrea Altinier, al mio fianco anche nell’Osservatorio come Vice Presidente Esecutivo, abbiamo tracciato un modello, che abbiamo definito esagono delle fake news, per identificare quelle caratteristiche che fanno delle fake news una “arma di disinformazione di massa”. Di fatto le false notizie, la disinformazione, intesa come l’uso strumentale e manipolatorio delle informazioni per definire una specifica narrazione e visione del mondo, la disinformazione,intesa come informazione senza alcuna attinenza al reale ma non con intento manipolatorio, sfruttano le dinamiche di circolazione dei flussi informativi sulla Rete per penetrare nei diversi nodi e sfruttare l’effetto a cascata che le piattaforme social favoriscono. La velocità e la crossmedialità, ossia la capacità di passare da un media ad un altro, fanno si che le fake news, immesse nel vortice della nuova comunicazione, hanno un peso, una capacità di produrre danni enormemente più grande che in qualunque altro momento storico.
E recentemente, anche il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha sottolineato la gravità del fenomeno. Tanto che il presidente dell’organismo ha dichiarato proprio che la pandemia di coronavirus: “è stata al centro di una diffusa attività di disinformazione online, nella quale si sono inseriti attori statuali, attori strutturati, che intendono manipolare il dibattito politico interno, influenzare gli equilibri geopolitici internazionali, incitare al sovvertimento dell’ordine sociale e destabilizzare l’opinione pubblica in merito alla diffusione del contagio e alle misure di prevenzione e cura”.
La pandemia da Covid 19 ha mostrato il fenomeno in tutta la sua gravità, in un altalenante ciclo di informazioni spesso contraddittorie che hanno pesato enormemente nell’opinione pubblica, generando una pericolosa situazione di infodemia, con una quantità eccessiva di informazioni circolanti che hanno reso difficile alle persone comprendere ciò che stava accadendo e individuare fonti affidabili.
Dalla infodemia siamo passati alla psicodemia, con le persone che hanno cominciato ad avere paura, attacchi di panico. Oggi, all’avvio della fase 3, perdura un clima d’incertezza che il sistema dell’informazione fatica ad interpretare. Diventa improcrastinabile il superamento della crisi del giornalismo, deve riacquistare il suo ruolo di “Cane da guardia della democrazia” proprio mettendo in campo con un’opera costante di smentita delle fake news.
In questa battaglia “diventa fondamentale il fact checking, il controllo delle fonti un tempo rigorosa regola dei media tradizionali”, Wolfgang Blau, direttore delle strategie digitali della testata britannica The Guardian, sostiene che: “Adesso che così tanti cittadini consumano notizie attraverso i social media, compito sociale del giornalista consiste anche nello smontare false voci, una volta che superino una certa soglia di visibilità”.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario che le testate giornalistiche costruiscano a poco a poco una propria comunità di lettori individuando, attraverso network di professionisti, temi sensibili per l’opinione pubblica e puntando sulla qualità dei contenuti e l’utilizzo di format innovativi da declinare con diversi strumenti: carta stampata, tv, radio e web”. Si tratta ovviamente di un percorso lungo e costoso, ma soltanto l’autorevolezza così conquistata può difendere la democrazia dal qualunquismo e dalla propaganda.
Dietro l’industria delle fake news si muovono grandi interessi. Non credo ai complottismi ed odio tutti gli ismi (egoismi, indivudualismi, cattivismi…) ma non possiamo star fermi. Si tratta di un nemico terribile quello della disinformazione e va spesa ogni energia. Possiamo farcela se facciamo vincere il buon senso, la solidarietà e il senso di responsabilità.
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