L’intelligenza artificiale: l’ultimo passaggio (o quasi) verso la globalizzazione dell’ignoranza?

Articolo di Massimo Rossi

Dobbiamo chiederci, senza falsi moralismi e senza sembrare dei “vecchi bacucchi”, se l’introduzione nella nostra vita della “Intelligenza Artificiale”, come definita, può cambiare la nostra esistenza ed in quale modo. Prima di affrontare il tema dobbiamo riflettere su cosa sia il pensiero dalla antichità ad oggi. Sotto il profilo etimologico il pensiero è un termine che deriva dal latino “pensum” (participio del verbo pendere: pesare) e stava ad indicare la lana che veniva pesata. Il pensiero è una attività della mente che è tipica dell’essere umano, ma esso non ha una esclusività in ciò. Anche gli animali pensano ed arrivano a pensieri alti, ma solo l’uomo arriva ad idee astratte che portano il pensiero non al dato fenomenico, ma al dato ideale. La teorizzazione e l’idea sono funzioni tipiche solo dell’essere umano.

Il pensiero, inoltre, distingue l’essere umano dagli altri esseri che, comunque, hanno modo di pensare, ma come detto, non in astratto. Il pensare è una attività che differenzia l’essere umano da un altro essere umano. Il pensare è l’essere in se. Cogito ergo sum. Penso quindi sono. È l’essenza dell’essere umano ed è la pienezza dell’essere umano. Senza il pensare l’essere umano non sarebbe capace di ideare e di teorizzare nulla, quindi, non sarebbe capace di ragionare su schemi teorici. Ma il pensare come attività della mente differenzia non solo l’essere umano dagli altri esseri viventi, ma anche tra esseri umani. Il pensare è un atto individuale ed un atto d’imperio individuale che non è mai ed in nessun caso uguale a se stesso. E qui, si arriva alla individualità, all’individuo come unicità. L’individuo che pensa è un individuo singolo ed identitario. Ogni individuo è una monade ed è unico.

Quindi, alla base dell’attività di pensare vi è l’attività di essere unico nel pensiero. La mente, quindi, come strumento di rappresentazione dell’unico. L’essere umano ha la capacità di pensare per astrazioni ed ha la capacità di esprimere il proprio pensiero in modo lineare ed in maniera contraddittoria. La capacità di pensare porta con se la capacità di analisi, di sintesi, di critica e di espressione. Pensare è analizzare un tema o una questione o un problema. Pensare è sintetizzare un argomento o una questione o un problema per affrontarlo. Pensare è criticare un tema, una impostazione, un’altra persona, una soluzione. Criticare è unito in modo inscindibile all’esprimersi. Fare di una critica una espressione di se stessa e, quindi, manifestare una idea propria. Una idea individuale che caratterizza l’unicità e l’individualità- Pensare è l’assetto portante della nostra capacità di renderci unici. L’individualità e l’unicità sono i punti di forza delle attività del pensiero.

Se il pensare è lo strumento di individuazione del singolo individuo deve essere rappresentato che alla base di tale atto e quale fonte del pensiero c’è il sapere, l’erudizione, la conoscenza ed in una parola la pluralità della cultura. La cultura è plurale e pluralista, la cultura è pluralità e porta con se la libertà e al capacità di formare soggetti pensanti in grado di farsi idee proprie. È vero che noi viaggiamo come i pigmei sulle spalle dei giganti, ma è pur vero che quei giganti prima di essere tali erano a loro volta dei pigmei. La cultura – ovvero il complesso delle conoscenze – è infinito ed in continuo mutamento ed ampliamento. Lo studio e la cultura sono elementi inscindibili della capacità di pensare e di avere idee proprie ed individuali. La cultura è il bagaglio di conoscenza e di esperienza che un essere umano può fare lungo la propria vita. Attraverso la cultura, nel senso sopra detto, un essere umano forma il proprio pensare. Il pensiero non è frutto solo di una formazione di carattere celebrale, ma si rappresenta in forza della cultura che un individuo nutre e alimenta nel proprio vivere.

La cultura è la benzina ed il pensiero come ragionamento della mente è la macchina. L’amore per la conoscenza e l’amore per il sapere portano ad un pensiero fatto di approfondimenti ed erudizioni. Su cosa oggi si esercita un enorme potere: sulla formazione di un pensiero libero, consapevole e, soprattutto, strutturato. Quindi, si agisce sulla “benzina” che in relazione alla qualità incide sul motore (il pensare ed il pensiero). Non è da adesso che si incide sulla cultura. Il disegno è ampio e parte da lontano. Vi è un brocardo che è vero in se: la cultura rende liberi pensatori. La cultura rende in grado di analizzare, criticare, sintetizzare e fare propria una idea ed anche il suo contrario. Quindi, così facendo se si incide sulla cultura si incide sulla capacità di formare generazioni di persone libere ed autodeterminate. La omologazione è la tomba del pluralismo culturale, è la sua negazione, è la posizione di stasi che prelude alla morte del pensiero unico, individuale e libero. Ed è proprio qui che la globalizzazione ha portato: alla omologazione delle idee, delle esperienze e delle formazioni.

La soluzione di fronte a tale sfascio che parte dalla scuola e continua nell’Università e coinvolge gran parte della società civile è una ed una soltanto: studiare da plurime fonti e principalmente da quelle non informatiche. Le fonti informatiche hanno un doppio elemento di negatività: a) non rendono note le conoscenze da cui attingono; b) si arriva ad una massificazione ed omologazione delle informazioni. Può apparire un paradosso, ma quello che si deve fare è riaprire i libri di carta, accendere una luce (se è sera) e, travata una poltrona, sedersi e leggere. In una parola tornare alle fonti classiche e verificate. Senza fonti verificate si può arrivare al paradosso che l’informazione culturale non ha niente di culturale, ma è massificata e quindi o inutile o addirittura dannosa. Tale orientamento è ideale per non consegnare più alle prossime generazioni il piacere della scoperta, ma dare tutto preconfezionato. Ecco, di qui la pigrizia dovuta alla scarsa abitudine a leggere e ad acculturarsi può fare da detonatore rispetto ad una situazione che può avere dell’assurdo.

Se il soggetto è pigro e si abitua ad usufruire solo di quanto gli viene propinato via internet si può arrivare a quello che chiamerei “pensiero debole” e privo di individualità. Avremo la massificazione e standardizzazione della conoscenza e della cultura, quindi, non avremo più una capacità di pensiero individuale. La pigrizia proviene essenzialmente dalla perdita di interessi delle giovani genrazioni minacciate a loro volta dalla “gabbia” tra informazioni e tempo. Così tutto può essere più facile e preconfezionato. L’apoteosi della totale massificazione della cultura può avvenire con “l’intelligenza artificiale” che per essere veramente utile dovrebbe avere accanto ben solida una “intelligenza naturale” ed umana. Si deve stare molto attenti a questo fenomeno e non serve regolarlo come la UE ha provveduto a fare a tempo di record. Le norme non garantiscono nulla se non l’apparenza. Il vero problema è il tema di Orwell in 1984, ovvero, se sulla base di una studiata sub-cultura si può arrivare ad una schiavitù del pensiero.

L’ignoranza partorisce mostri, l’ignoranza è una mela avvelenata e ha come cavallo di troia la “pigrizia” e la sub-cultura della massa. Una massa alla quale si propina un canale conoscitivo unico è altamente controllabile e così facendo si può assistere alla dittatura della “massa felice”. La “massa felice” è quella che crede di essere in una situazione di naturale “benessere” e, magari, anche molto disorientata da altri fattori. Non intendiamo passare come chi ostacola il progresso tecnico-scientifico, ma il pericolo di una omologazione e massificazione della conoscenza verso il basso non è una idea teorica, e se ne vede da anni il “precipitato tecnico”. L’intelligenza artificiale potrebbe dare il c.d. “colpo di grazia” al pensiero critico, analitico, sintetico e problematico. Noi non sappiamo come evolverà il nostro mondo, ma una cosa è certa continueremo a leggere libri di carta e prendere appunti con la matita o con la stilografica ed avere con noi un quaderno su cui appuntare pensieri, emozioni ed idee. Siamo retrò? No, siamo umani e vogliamo restarci.

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