L’Italia s’é desta o si addestra?

Articolo di Antonino Schiera

L’Italia s’é desta? Il giovane poeta patriota genovese Goffredo Mameli nel suo testo, musicato dal maestro genovese Michele Novaro, sottolineava che l’Italia era pronta alla Guerra d’Indipendenza dall’Austria e, nei versi successivi, si cinge, in maniera figurata, la testa dell’elmo di Scipione alla maniera delle gesta eroiche e valorose degli antichi Romani. Siamo intorno al 1847 in pieno Risorgimento quando l’unità d’Italia doveva ancora compiersi e c’era bisogno di una volontà diffusa e condivisa per un’impresa non certamente facile

O l’Italia si addestra? Nel tentativo di divenire qualcosa di diverso da ciò che è già stata o è attualmente: europeista o sovranista? Aperta agli stranieri (ius soli) o chiusa? Sensibile alle richieste di chi rivendica la propria identità e libertà sessuale LGBT oppure no?

Sono temi che dividono le attuali contrapposizioni di centrodestra e di centrosinistra in un bipolarismo politico imperfetto, ma funzionante malgrado i continui stravolgimenti in corso d’opera, tipici del nostro parlamento.

Il centrodestra che si appresta a formare il nuovo governo ha vinto sostanzialmente per due motivi: il primo è stato determinato dal traino di Fratelli d’Italia la cui leader è stata battezzata dagli italiani la più coerente rispetto agli alleati e rispetto agli antagonisti del centrosinistra; il secondo motivo è da ascriversi alla maggiore unità del centrodestra rispetto a quella del centrosinistra.

Nel caos determinato da due profonde crisi globali, il covid-19 e la guerra in Ucraina, in Italia si sono susseguiti governi a guida e a maggioranza diversi. Quando sembrava che la linea di unità nazionale, ed europeista, con alleanze eterogenee a guida Mario Draghi, si stesse consolidando, un colpo di scena ha portato alla caduta del governo e all’attuale situazione politica che vede, come già detto, il centrodestra nelle condizioni di formare una maggioranza di governo.

L’elevata conflittualità pre elettorale tra i due principali poli, conflittualità che spesso si manifesta all’interno degli stessi poli (vedi recenti rimbrotti in Senato tra Berlusconi e La Russa con conseguente presa di posizione netta della Meloni), rischia di portare l’Italia in uno stato di debolezza sia interna che internazionale. A tal proposito basti ricordare le incursioni polemiche del presidente francese Macron riguardo la credibilità dell’Italia nello scacchiere europeo interessato, come detto prima da profonde divisioni tra gli stati membri e da una guerra agli estremi confini orientali. La presidentessa della commissione europea Ursula von der Leyen, facendo il paio con il presidente francese, a pochi giorni delle elezioni del 25 settembre aveva espresso la preoccupazione che l’Italia potrebbe non ottemperare agli impegni presi con l’Europa, paventando una virata sovranista nel dopo elezioni. L’effetto ottenuto fu una veemente reazione di Matteo Salvini, che ventilò l’ipotesi di una raccolta di firme per una mozione di censura contro la presidentessa della Commissione Europea. Ma si assistette anche a un sostanziale compattamento di marca italica in difesa della nostra libertà democratica, condizione necessaria per libere elezioni.

Ma pongo una domanda alla quale non posso dare una risposta in questo articolo: l’Italia è davvero una nazione unita? E possiamo definirla desta come definita da Goffredo Mameli nel nostro inno nazionale? Ovvero pronta ad affrontare le sfide che si pongono davanti? O piuttosto non è ancora pronta e si sta addestrando per evolversi, spero in positivo, e così uscire indenne da un periodo nero?

Ai posteri l’ardua sentenza e come direbbe Mogol in un testo di una meravigliosa canzone interpretata da Lucio Battisti, Con il nastro rosa, “lo scopriremo solo vivendo”.

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