Grandi polemiche in questi giorni dopo la pubblicazione, sui social media, di una foto e un breve video in cui si vede un ragazzo di colore cucinare un gatto sul fuoco acceso sul marciapiede vicino alla stazione di Campiglia, comune in provincia di Livorno. Molti hanno parlato di “atto di barbarie” nei confronti degli animali. Altri hanno gridato allo scandalo. Alcuni si sono precipitati ad allertare i carabinieri, che, intervenuti prontamente, hanno condotto il ragazzo in caserma dove sarebbe emerso che non è in possesso di regolare permesso di soggiorno.
Una vicenda che dovrebbe far pensare. Cos’è che ha fatto “scandalo”? Il fatto che un ragazzo abbia ucciso un animale per mangiarlo? Cacciatori e pescatori uccidono regolarmente animali altrettanto teneri e indifesi, eppure la cosa non desta scalpore. Forse a scandalizzare è stato il fatto che il gatto è un animale domestico (ammesso che quello ucciso lo fosse). Ma anche in questo caso ci sarebbe molto da dire: anche i conigli, per molti bambini, sono animali domestici eppure nessuno urla allo scandalo quando lo si trova nel menù dei ristoranti o nei supermercati.
Forse a impressionare potrebbe essere proprio il fatto che si trattava di “gatto”. Qui la discussione si fa più seria. L’immagine di tenerezza legata a questi animali domestici, trasmessa da innumerevoli spot (il cui unico scopo è vendere leccornie da chef stellato incuranti del fatto che milioni di bambini nel mondo muoiono letteralmente di fame), è diversa da quella che era una abitudine in molte regioni d’Italia, fino a pochi anni fa. Come da anni ripete Aidaa, l’Associazione italiana difesa animali ed ambiente, in Italia, ogni anno, sono migliaia i gatti che finiscono sulle tavole degli italiani (regolari). Si tratta di un’abitudine culinaria che fa parte della storia e della cultura di alcune zone dell’Italia del centro-nord. Eppure, nel 2010, fece scandalo il commento di un personaggio famoso del piccolo schermo, Beppe Bigazzi, che, durante la trasmissione condotta dalla Clerici, osò ripetere un proverbio diffuso nel nord Italia: “A Berlingaccio chi non ha ciccia ammazza il gatto” e disse che esistono diversi metodi per cucinare i gatti. Pietanze diffuse in molte parti d’Italia e che fino a non molti anni fa non avrebbero destato sorpresa. La cosa sollevò polemiche indicibili legate anche al fatto che Bigazzi, citando usanze degli anni Trenta e Quaranta del XX secolo, aveva detto che il gatto in umido era considerato un normale sostituto del pollo o del coniglio. La conseguenza, per lui, fu l’espulsione dal programma.
Rimane quindi non risolto il quesito (che va ben oltre il caso specifico e fa sorgere molti dubbi sui reali motivi di tanto accanimento mediatico): mangiare carne di gatto è “illegale”? E in base a quale legge? Lo scenario che si apre a chi riesce ad andare oltre l’orrore di vedere un gatto arrostito sulla brace (ma poi non rifiuterebbe mai di mangiare il tenero – in tutti i sensi – maialino sardo cotto allo stesso modo) è incredibile.
Secondo alcuni, a vietare di mangiare carne di gatto sarebbe l’art. 544 bis del codice penale. Cosa dice questo articolo? “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi”. Un modo molto generico di affrontare la questione: da un lato, “avere fame” potrebbe essere considerata una necessità, dall’altro, questo vorrebbe dire rischiare di macchiare la fedina penale di tutti quelli che vanno a caccia o a pesca. Quanto poi alla “crudeltà”, il discorso si fa lungo e complesso: sono molte le pietanze prelibate e assolutamente legali che prevedono crudeltà ben più efferate. Si pensi all’aragosta, messa a bollire mentre è ancora viva, o alle lumache cui è destinata una sorte simile. Secondo alcuni, la norma farebbe riferimento solo agli animali di compagnia come cani e gatti. Ma ancora una volta si cade in errore: l’articolo di legge non specifica quale tipo di animale sia destinatario di questa tutela; ne deriva che anche l’uccisione per crudeltà di un daino o di un cinghiale, e addirittura di un topo o di un insetto nocivo (è pur sempre un animale!), diventerebbe penalmente perseguibile.
Alcuni potrebbero obiettare che a rendere “illegale” mangiare carne di gatto sarebbe una vecchia legge, risalente addirittura al 1928: il regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni. Questa legge prevede che la macellazione è consentita solo in pubblici macelli e fa riferimento solo ad alcune razze (bovini, bufalini, suini, ovini, caprini ed equini). Ma anche in questo caso potrebbero nascere discussioni e polemiche. Nella legge non si parla dei leporidi (quindi, in teoria, non si dovrebbero mangiare lepri e conigli) o dei polli. Per non parlare di certi prodotti tradizionali o di prodotti esotici per i quali, pochi anni fa, è stata fatta addirittura una modifica di legge per permettere l’importazione e il consumo. Caso esemplare è quello del pecorino sardo noto con il nome di “cacio marcio”, croce e delizia di molti buongustai sebbene illegale dal 1962 proprio a causa del suo metodo di produzione e dei suoi “contenuti”: questo formaggio deve la propria particolarità al fatto di essere “andato a male” attaccato e colonizzato dalla larve della mosca casearia (animali anche loro) che rendono il suo interno una crema dal sapore deciso. In un articolo dedicato a questo formaggio, il giornalista del Wall Street Journal descrive il suo interno “una colla viscida e maleodorante che brucia la lingua e può colpire altre parti del corpo umano” tanto che l’UE avrebbe avvertito i consumatori dei rischio particolarmente elevati di contaminazione (nel 2009, il Guinness World Records lo definì il formaggio “più pericoloso al mondo per la salute degli esseri umani”). Eppure questo formaggio è ancora regolarmente prodotto e venduto (anche online) e consumato (con gli animali che contiene). Pare addirittura che siano state avviate le procedure per la certificazione Dop. (per non parlare del’ “orrore” di cui gli animalisti, però, non parlano: mangiare i piccoli animaletti al suo interno ancora vivi!!!).
A ben guardare, pare che non esista una legge che ribadisce con chiarezza se (e come) è possibile mangiare carne di gatto (e di una infinità di altri animali). Ma, se è vero che non ci sono divieti, non esistono neanche norme che lo consentono e, dato che, nel campo alimentare, si può vendere solo ciò che è espressamente consentito e regolamentato, oggi, in Italia dovrebbe essere vietato “vendere” carne di gatto (ma anche di molte specie di uccelli, di molte specie di pesci per non parlare di molluschi).
Basta questa considerazione a chiudere la questione su quanto è avvenuto? Molto probabilmente no. Sarebbero molte le leggi (a cominciare da quelle sull’immigrazione clandestina) violate da quel ragazzo extracomunitario. Ma questo non giustifica l’urlo di molte persone (i cui genitori o i nonni probabilmente mangiavano regolarmente carne di gatto) e dei media che non hanno perso occasione per gridare allo scandalo dove lo scandalo non c’è. “Un gesto barbaro, inaccettabile, mostruoso, quello della persona che a Campiglia Marittima (Livorno) ha catturato e arrostito un gatto. Credo di interpretare il sentimento di milioni di italiani, che amano e rispettano gli animali, se dico che non vogliamo vedere scene crudeli come queste né tollerare gli effetti di un’immigrazione senza regole. É un orrore, che sarebbe più facile punire se nel nostro Paese fosse esplicitamente vietato il consumo della carne di cane e di gatto”, ha dichiarato l’on. Brambilla che ha più volte presentato in Parlamento disegni di legge che vietano proprio il consumo di carne di gatto (ma anche altre come, ad esempio, sul divieto di macellazione e consumo di carne equina o “sulla tutela del benessere degli animali destinati alla macellazione” o sul “Divieto dell’abbattimento di animali di età inferiore a sei mesi” – poi ritirato).
Il fatto è che, al di là del disgusto che può essere nascere nel vedere mangiare un tenero gattino, fino ad ora, tutte le proposte di legge per vietare il consumo di carne di cane o di gatto presentate al Parlamento italiano non hanno avuto successo (sono all’esame della Camera dei deputati due proposte di legge che vietano la macellazione, la vendita e il consumo di carni di cane e gatto). Lo stesso negli USA, dove in 44 stati non è vietato uccidere cani e gatti per mangiarli (in assenza di una legislazione federale, cinque stati – California, Georgia, Michigan, New York e Virginia – vietano specificamente il consumo umano di carne canina o felina, in qualunque modo procurato e per qualunque scopo). Perfino in Europa la situazione è molto discutibile: solo due paesi, Germania e Austria, vieterebbero espressamente il consumo di carne di cane e gatto. Negli altri paesi non esisterebbe nessun divieto specifico (anche il tentativo di vietarne l’uso nel Regno Unito pare essere fallito).
A proposito del consumo di carne di gatto o di cane, diversi politici italiani hanno manifestato contro la decisione della Cina di consentire, a Giugno, lo svolgimento della fiera della carne di cane a Yulin. “È incomprensibile come si possa consentire un evento vietato dalla normativa vigente, valida su tutto il territorio cinese, senza che gli organizzatori e gli avventori siano passibili di denuncia, con conseguente chiusura di ogni attività inerente il consumo di carne di cane (e di gatto). La verifica del testo emanato dal ministero dell’agricoltura cinese in merito alla questione, potrebbe offrire chiarimenti sull’evidente contraddizione in questa faccenda”, ha dichiara il gruppo Camera-Senato sulla tutela degli animali. I punto è che la legge recentemente approvata ha dichiarato fuorilegge il commercio di animali “selvatici” non la vendita di animali allevati. A questo si aggiunge che, se per un occidentale pensare di mangiare carne di cane (o di gatto), oggi, è impensabile, per un cinese rappresenta una tradizione culinaria che risale al 500 a.C.. In alcune zone della Cina, farebbe addirittura parte del proprio retaggio culturale: quando una donna partorisce una femmina, riceve in dono della carne di maiale, ma se partorisce un maschio (considerato un evento più lieto), riceve carne di cane, considerata più pregiata. Anche la medicina tradizionale cinese ne esalta le proprietà mediche. Eppure, in Cina, sono sempre di più coloro che hanno deciso di discostarsi dalle tradizioni. Ciò nonostante, nel paese il commercio di carne di cane resta fiorente e legalmente accettato e riconosciuto. Al punto che, forse, avrebbe fatto più scandalo vietare la fiera che autorizzarla.
Il consumo delle carni di animali “domestici” è legato più ad aspetti culturali che a motivazioni oggettive: in Italia, ha fatto scandalo che una persona abbia cercato di mangiare un gatto, ma nessuno si scandalizza (anzi siamo grandi consumatori) se viene portata in tavola carne di cavallo (forse che un “tenero” puledrino è meno dolce di un gattino?) o della carne di coniglio (che farebbe rabbrividire alcuni americani) e della carne di vitello (una bestemmia per la maggioranza induista che vive in India).
A fare scandalo, oggi, non dovrebbe essere il fatto che, in Cina, dopo millenni si mangia ancora carne di cane né che un personaggio televisivo abbia parlato di come cucinavano la carne di gatto i suoi avi. A sorprendere (e non poco) dovrebbe essere l’incapacità dell’Europa, dell’Italia e di tutti i paesi “sviluppati” del pianeta di eradicare, una volta per tutte, la fame nel mondo (come prevedono gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile delle NU). Una fame che invece, secondo i dati della FAO, è tornata ad aumentare. E molti di quelli che urlato allo scandalo non hanno detto nulla degli oltre cento milioni di bambini nel mondo che non crescono o muoiono di fame per mancanza di alimenti. Di qualsiasi tipo.