Ninì Grassia fa tutto da solo – soggetto, sceneggiatura, produzione e regia – nel terzo dei cinque film che gira con protagonista Nino D’Angelo, interamente ambientato tra Napoli e Castel Volturno. Buon successo commerciale per una storia che questa volta non segue le vicende della vita reale di Nino D’Angelo – forse per questo il personaggio principale si chiama Nino Esposito – pur narrando le vicissitudini di un aspirante cantante. In breve la trama, composita e articolata come una sceneggiata del passato, ma corretta in senso moderno, sia per la musica che per gli eventi, messi in scena come se fosse la storia pubblicata su un fotoromanzo Lancio. Un barone (Avram) torna nella sua Napoli dopo molti anni di assenza, viene accolto dal fido servitore, quindi decide di assumere come segretario lo studente Nino (D’Angelo), per dargli un’opportunità lavorativa e per sottrarlo alle cattive compagnie. Nino ha una storia con la compagna di classe Patrizia (Tari), ma un bel giorno conosce Claudia (Tamburi) e se ne invaghisce, diventando il suo amante. Nino racconta un sacco di bugie alla ragazza e le fa credere di essere il figlio del barone per poter ottenere il suo amore. Nino ha un conto in sospeso con la camorra e un suo amico lo convince ad aiutare il padre – il boss Don Alfredo – a compiere un furto in casa del barone. Nino viene sorpreso in flagrante e arrestato, ma qui abbiamo lo sviluppo importante della storia con il barone che ritrova Rosaria (Maria Fiore), vecchia amante napoletana, madre di Nino, scopre di essere il padre del ragazzo e la sua vita cambia. Scena madre finale, quasi da melodramma, in parte da lacrima movie, con il barone che muore ucciso dai camorristi per aver difeso il figlio, il ragazzo che lo chiama papà e che si dispera sul suo corpo privo di vita. La sequenza finale vale l’intera pellicola. Come capita spesso nei film di Ninì Grassia abbiamo due momenti diametralmente opposti in una stessa pellicola: una parte romantico – sentimentale con intermezzi canori – che vede protagonista Nino D’Angelo – e una parte puramente comica con I Fatebenefratelli e con I Sergenti a Sonagli, due coppie di comici di avanspettacolo dialettale. Rutigliano e Briglione danno vita a una commedia scolastica che ricorda i siparietti Banfi – Vitali (in peggio, ovvio), con uno sciocco professore gabbato dal furbo bidello che vince tutte le scommesse proposte. I Serpenti a Sonagli, invece, sono due parrucchieri rivali che lavorano insieme ma cercano di rubarsi i clienti e danno vita a scenette che ricordano le comiche del muto, a colpi di fast-motion. Molto esile il filo narrativo che unisce le parti comiche al resto del film, nel primo caso la scuola frequentata da Nino, nel secondo un incontro casuale del barone con il commissario che si recano dal barbiere. Ninì Grassia descrive una Napoli solare e luminosa, dal lungomare di via Caracciolo a Castel Volturno, popolata da camorristi che dettano il bello e il cattivo tempo, ma anche da persone di buona volontà. Nino D’Angelo viene da un paio di lavori come spalla di Merola ma qui è protagonista assoluto, interprete di canzoni simbolo del suo repertorio, in un ruolo atipico che lo vede fidanzato fedifrago, in ogni caso redento sul finire della pellicola, pure dalla sofferenza di aver scoperto il padre solo nel giorno della sua morte. Jenny Tamburi è al suo penultimo film (terminerà la carriera con Voglia di guardare di Joe D’Amato) ed è meno in forma del solito, anche se il ruolo che deve interpretare non ha niente di sexy o di malizioso, ma si tratta soltanto di una ragazza della buona società napoletana. Maria Fiore è un’ottima madre da sceneggiata, in un ruolo melodrammatico, così come il rumeno Chris Avram – una presenza costante del nostro cinema – impersona bene il compassato barone. Mark Bodin fa il commissario anche se non siamo in un poliziottesco, mentre Gino Capone recita con il suo vero nome la parte del poliziotto corrotto. Film che risulta un coacervo di generi, perché si parte dalla sceneggiata per modificarla radicalmente in senso moderno, si vira sul musicarello con le canzoni di D’Angelo e si conclude con il melodramma, passando per momenti romantico – sentimentali e da pura commedia scolastica e di costume. Tecnica di regia rudimentale, ché Ninì Grassia non è certo un esteta della macchina da presa, ma tutto sommato efficace, al servizio della storia e della musica, soprattutto al servizio di Nino D’Angelo. Molto zoom, tanti primi piani, alcune soggettive e numerosi carrelli su Napoli con panoramiche suggestive di mare e scorci cittadini. Ricordiamo alcuni elementi di costume come le auto del tempo e le feste danzanti nelle case, ma anche il modo di ballare in discoteca tipico degli anni Ottanta, al punto che forse apprendiamo più cose della storia popolare d’Italia da certe pellicole che da molti romanzi pretenziosi. Pellicola dal tono fiabesco, dove ricchi e poveri si innamorano, si lasciano, quindi si ritrovano, con un barone che riconosce il figlio in punto di morte e lo lascia erede di tutto il capitale. Canzoni che spesso sono inserite nei dialoghi amorosi e servono come risposta a un tradimento oppure sono la richiesta di un perdono e di un’assoluzione. Sceneggiatura prevedibile, ma la scena madre finale riscatta tutte le incertezze precedenti e fa commuovere anche gli animi meno sensibili. Lo studente è cinema – fotoromanzo, soap opera cinematografica, musicarello, sceneggiata napoletana in salsa moderna, melodramma con venature noir, camorra movie sentimentale corretto in lacrima. Persino troppo per un film solo, ma nessuno può chiedere al cinema di genere di essere quello per cui non è pensato. Lo studente compie il suo dovere di intrattenere tra lacrime e musica.
Rassegna critica. Marco Giusti (Stracult): “Un titolo chiave nella filmografia di Nino D’Angelo, anche perché non ha la faccia da studente … Il cinema … Accanto a lui Jenny Tamburi, un po’ in disarmo e ben due gruppi comici napoletani molto attivi negli anni Ottanta”. Morando Morandini concede una stella di pubblico e di critica, senza articolare giudizi, forse non è ben documentato sul pubblico, perché il film fu un buon successo e non soltanto a Napoli. Pino Farinotti (una stella). “Uno studentello in odor di mafia (camorra!, nda) viene assunto come segretario da un ricco barone, che è in realtà suo padre. La verità salterà fuori, dopo varie peripezie, e il barone morendo, mormorerà: Chiamami papà …”. Farinotti definisce il film commedia, cosa che non è per niente vera, come abbiamo tentato di spiegare. Per Paolo Mereghetti, invece, Lo studente proprio non esiste, non viene neppure citato.
Regia: Ninì Grassia. Soggetto e Sceneggiatura: Ninì Grassia. Fotografia: Gigi Ciccarese. Montaggio: Franco Malvestito. Musiche Originali: Nino D’Angelo, Franco Chiaravalle. Arrangiamenti e Direzione. Franco Chiaravalle. Edizioni Musicali: Gesa Milano – Disco Ring 2000. Discografia: Vis Radio. Direttore di Produzione: Gino Ciotola. Casa di Produzione: Giada Cinematografica. Aiuto Regia: Romano Scandariato. Operatore alla Macchina: Carlo Aquari. Assistente Operatore: Sandro Cosenza. Ispettore di Produzione: Giovanni Garbetta. Segretario di Produzione: Armando Landolfi. Segretario di Edizione: Luigi Ferrara. Fotografo di Scena: Lorenzo Paolercio. Architetto: Enrico Brancati. Fonico: Cinzia Rossi. Assistente al Montaggio: Roberto Pugliesi. Aiuto al Montaggio: Patrizia Innocenti. Truccatore: Aldo Navarra. Sarta: Antonietta de Falco. Capo Elettricista: Andrea Guarino. Elettricisti: Vincenzo Guarino, Ciro Di Falco. Capo Macchinista: Giuseppe Argento. Macchinista: Francesco Ferro. Gruppista: Alvaro Piccardi. Sincronizzazione e Doppiaggio: C. D. S. Roma. Sviluppo e Stampa. Augustus Color. Titoli: Studio Mafera. Durata. 102’. Genere: Drammatico, Musicale. Interpreti. Nino D’Angelo (Nino Esposito), Jenny Tamburi (Claudia, amante di Nino), Maria Fiore (Rosaria, madre di Nino), Liliana Tari (Patrizia, fidanzata di Nino), Chris Avram (Barone Mario di Villalta, padre di Nino), Sergio Savastano (Roberto Spinosa, amico di Nino), Mark Bodin (Commissario Vincenzo Marsala), I Fatebenefratelli (Roberto Rutigliano – il professor Brandelli – e Gino Briglione – il bidello Giuseppe), I Sergenti a Sonagli (parrucchieri rivali), Vincenzo Falanga (Don Alfredo Spinosa, boss camorrista), Anna D’Onofrio, Gino Brillante, Gigi Capone (brigadiere Gigi Capone), Luigi Russo, Maurizio Pesce.