Lokah Samastah l’ultimo lavoro del rapper Vincenzo Citto sui migranti

Articolo di Francesco Pira

Avevo già scritto di Vincenzo Citto, artista siciliano di origine messinese, al quale avevo dedicato una delle mie rubriche PIRATERIE nei primi mesi del 2020,. Quando iniziò l’emergenza pandemica, scrisse un brano dal titolo: “Minchia il coronavirus” ed ottenne tantissimi like in rete. Mi ha fatto molto piacere qualche giorno fa ricevere su whatsapp un suo messaggio in cui mi invitava ad ascoltare questo suo nuovo lavoro.

Un ragazzo solare che ama la vita e che ho apprezzato, fin dal primo momento, per le sue grandi capacità comunicative ed espressive. Vincenzo, oltre ad essere un eccellente insegnante di Yoga, ama scrivere ed esprimere le sue emozioni attraverso la musica e “Lokah Samastah” è il suo nuovo singolo. Citto in arte Vinayaka, in collaborazione con il rapper Moskella e la cantante Agnese Carrubba, con la produzione musicale di J Wolf recording Studio, hanno dato vita ad una splendida interpretazione Il brano è accompagnato dal suggestivo video curato da Morgan Maugeri e Gaetano Sciacca, coadiuvati dalla truccatrice Mariangela Nanì, con la performance di danza di Piera Costantino.

Un brano ben scritto e ben interpretato: gli artisti coinvolti si identificano nelle storie di alcuni migranti, nella loro disperazione e nel loro dolore; ma anche nella speranza e nella esemplare forza di chi non cerca compassione: solo umana comprensione. Un richiamo all’umanità che oggi sembra essere svanita nel nulla, presi da noi stessi non siamo in grado di guardare all’altro. Non sempre riusciamo a comprendere la sofferenza di chi pur vivendo lontano da noi è un uomo come noi. Malgrado il forte e sconvolgente ricordo delle torture in Libia, del mare insidioso e – troppo spesso – mortale, la voglia di libertà porta questi uomini e queste donne a rischiare la propria vita.

D’altra parte, esiste l’idea di un occidente simile ad un’isola felice, aperto, altruista che, in realtà vive ancora di stereotipi e pregiudizi. Non mancano i comportamenti razzisti, non manca l’indifferenza di una parte di popolazione, non manca l’oscura rigidità di istituzioni e leggi che criminalizzano i fenomeni migratori fino, in alcuni casi, alla carcerazione.

Il menefreghismo della realtà, incisa nelle strofe rap, è addolcito dall’ armoniosa melodia del ritornello, un mantra in sanscrito – “possano tutte le creature dell’Universo essere libere e felici” – che dona conforto e fa sembrare possibile, vicina e, anzi, quasi reale la sospirata liberazione. Vinayaka scrive sul suo profilo Facebook: “Ogni essere umano è cittadino del mondo e dell’universo e non devono esistere barriere o confini che limitino la libertà e la felicità, in quanto esse sono i nostri diritti di nascita”.

Ho cercato di scoprire qualche curiosità relativa al brano e Vinayaka mi ha rivelato che la prima volta che ha ascoltato il mantra lokah samastah sukhino bhavantu è stata durante una lezione di yoga alla quale partecipava come allievo, l’insegnante diffuse il mantra tramite una traccia audio, ed immediatamente quella vibrazione ha aperto il suo cuore e lo ha emozionato fino a farlo lacrimare.

Il tema di questa canzone ha profondamente toccato il mio cuore, poiché in tante occasioni ho parlato di immigrazione e dei fenomeni di discriminazione sotto diverse forme. Le parole degli autori sono ricche di spunti di riflessione e dense di significati profondi. Condivido il loro pensiero ed è vero che molti immigrati raggiungono l’Italia con ogni mezzo disponibile, nascosti anche nelle stive delle navi, patendo sofferenze crudeli e rischiando di morire durante il “viaggio della speranza” per trovare “l’Eldorado”, ma che in fondo si rivela una terra ostile e non sempre ospitale.

I motivi che spingono gli immigrati a stabilirsi nella nostra nazione possono essere tanti: le guerre, la povertà e la fame. Purtroppo, non a tutti interessa e non tutti si sentono coinvolti da questa realtà. Sì, perché siamo abituati a non considerare tutto quello che non ci appartiene.

L’art. 3 della nostra Costituzione recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Purtroppo, non sempre si trova concordanza fra ciò che dice la legge e ciò che succede in Italia e nel mondo. Veniamo a conoscenza di tanti episodi di xenofobia, dove la crudeltà si percepisce e si può toccare con mano ed è davvero terribile.

Ci vantiamo di essere emancipati, aperti al cambiamento e poi non sempre riusciamo ad essere accoglienti con lo “straniero”. Quanta diffidenza si respira verso chi è “straniero” e abbiamo dimenticato che anche nella nostra storia si è registrato un infelice capitolo di immigrazione dove le grandi navi, o i treni stracolmi, erano protagonisti indiscussi di quel tempo. Persone che partivano dal mezzogiorno d’Italia per raggiungere l’America o l’Europa, tantissimi sfortunati con le valigie di cartone disposti ad avventurarsi, gente che si prestava a qualsiasi tipo di lavoro pur di continuare a vivere: ora la storia si ripete con la differenza che i disperati non siamo noi ma sono altri uomini, altre donne e altri bambini.

Guardiamoli i filmati d’epoca e le vecchie foto per rinfrescarci la memoria e riviviamo quello che è stato per comprendere il presente. Smettiamola di girarci dall’altra parte e domandiamoci se non siamo tutti “fratelli, sorelle, padri, madri, figli” di qualcuno, accomunati dall’abitare questa grande casa che è la Terra e che le difficoltà potrebbero ripresentarsi anche per noi.

Nel 2021 non possiamo accettare che “sia meglio morire in mare, che morire tutti i giorni”, ma tendiamo la mano a quanti hanno bisogno e a quanti ci chiedono aiuto. I nostri cuori devono rispondere al grido di dolore che, ormai quotidianamente, risuona nelle nostre case attraverso i mezzi di comunicazione o ai margini delle strade mentre siamo intenti a pensare alle nostre vite.

Potete ascoltare l’album su Spotify attraverso il link: https://open.spotify.com/album/6QuH37ECWeGTGQAlMLuoj7?si=53_JYUVIRBOpljhtY2H9fA&utm_source=sms&nd=1

Inoltre, è possibile offrire una donazione a sostegno della scolarizzazione dei bambini del villaggio di Bissiri in Burkina Faso. Gli autori, tramite il brano LokahSamastah, invitano chiunque entri in risonanza con il messaggio e le vibrazioni della canzone a sostenere la scolarizzazione dei bambini del villaggio di Bissiri in Burkina Faso tramite l’Organizzazione Umanitaria Internazionale AMURT. Un gesto che dimostra la loro profonda sensibilità e il loro amore per i piccoli che hanno diritto ad avere un’istruzione.

Basta inserire come causale: LokahSamastah Scolarizzazione Bissiri Burkina Faso https://www.amurt.it/dona-ora/

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