Giusto per essere trasparenti dico subito che l’autore del libro di cui scrivo è un mio amico. Abbiamo condiviso un’esperienza professionale un bel po’ di anni fa da cui è nato affetto. Ma come sa, chi è abituato a leggermi, non sono solito dire che è bello ciò che non lo è. E quindi entro nel merito. Ma questo articolo è scritto con il cuore.
“L’uomo nero e le stragi”. Dall’eccidio di Bologna alla trattativa con la mafia. Il mistero del neofascista Paolo Bellini, edito da PaperFIRST by il Fatto Quotidiano per la collana diretta da Marco Lillo, è lo straordinario nuovo libro di Giovanni Vignali. L’autore, giornalista, ha realizzato inchieste per l’Unità, Left, Valori, Ultime Notizie. Ha pubblicato: “La primula nera”, “Nel mondo contro le mafie”, “Una piccola città in Emilia” inserito ne “L’Atlante delle mafie”.
La chiave di lettura di questo volume è racchiusa, secondo me, nelle parole del Giudice Giovanni Falcone: “Perché una società vada bene, basta che ognuno faccia il suo dovere”. Vignali ha scelto di fare il suo dovere, ossia raccontare, da straordinario giornalista e da grande professionista, i risultati delle sue inchieste svolte con passione a caccia anche dei più piccoli particolari. L’esperienza professionale comune l’abbiamo fatta al quotidiano Ultime Notizie Reggio (usciva in abbinamento con La Stampa), dove io ero Vice Direttore e lui il cronista politico di punta. Quando lo chiamavo al telefono era nei posti più strani a parlare con le persone più incredibili. La mia domanda costante era: porti qualcosa in redazione? E la risposta il giorno dopo era un articolo ricco, anzi ricchissimo. Il fiuto per la notizia è stata sempre la sua arma migliore. La capacità di leggere i fatti di ieri e di oggi con lucidità e mestiere uno dei suoi più grandi pregi. In questo libro si supera, perché dimostra di essere un giornalista che non ha mai avuto paura di scrivere anche di vicende molto controverse della storia e della vita del nostro Paese.
Il volume di Giovanni Vignali affronta un drammatico evento di cronaca: la strage di Bologna. Alle 10.25 del 2 agosto 1980 una valigia piena di tritolo esplose, nella sala d’aspetto della seconda classe della stazione di Bologna, lasciando a terra 85 morti e 200 feriti. La strage rappresentò il più grave atto terroristico avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra.
Per la strage di Bologna sono stati condannati in via definitiva, come esecutori materiali, gli ex militanti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Per lunghi anni i familiari delle vittime della Strage di Bologna hanno chiesto di conoscere i mandanti dell’attentato.
Nel 2020 sono stati indicati quattro nomi, anche se rimarranno sulla carta: Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, Mario Tedeschi. Tutti morti. Non potrà mai esserci un processo, né una sentenza di condanna o di assoluzione. Paolo Bellini, il quinto uomo, altro esponente dei movimenti di estrema destra, ex Avanguardia Nazionale, indagato a 40 anni dai fatti, è al centro di un ulteriore filone investigativo ancora aperto.
E’ il personaggio principale su cui l’autore concentra la sua attenzione. Una figura complicata quella di Bellini. Vignali ci tiene ad evidenziarlo e anche ad avvisare il lettore. Un uomo che si è reso protagonista di molte vicende criminali, collegate in maniera confusa e contorta. Nel 1999, dopo essersi pentito, svelerà omicidi e intrighi inediti.
L’autore per ricostruire tutta la vicenda, e credetemi non è facile, ha lavorato incessantemente. Infatti, è stato necessario seguire i processi, consultare gli atti delle Commissioni stragi e antimafia, studiare le carte dei procedimenti e raccogliere tante testimonianze. Un enorme quantità di materiale che va dal 1970 al 2020 per far luce sulle “imprese criminali” di Bellini.
La modalità di scrittura dell’autore risulta molto agile, e anche di facile comprensione, perché articola capitolo per capitolo la vita di Bellini. Ogni fase dell’ascesa del protagonista è scandita dal racconto degli avvenimenti, il contesto, le indagini delle forze dell’ordine, le sentenze dei giudici e le rivelazioni che lui stesso ha fatto nel 1999, diventando collaboratore di giustizia.
Le parole pronunciate da Bellini compaiono sempre in corsivo per permettere al lettore di comprendere quella parte della storia più complessa e buia. Vignali, con questo espediente, vuol dare un segno tangibile di quanto dichiarato “dall’interprete di spicco”.
Non tutte le vicende affrontate da Vignali sono entrate in sentenze passate in giudicato, in alcuni casi si sono risolte in un proscioglimento o senza una vera indagine, ma determinati fatti sono perfettamente riconducibili alle fonti menzionate. Dal punto di vista storico gli eventi vengono narrati così come noti fino al 2020 e in ogni caso, ci dice l’autore, la possibilità di integrare o compiere una revisione è sempre possibile.
Una storia in continuo divenire ammette sempre possibili aggiunte e, perché no, colpi di scena. Io stesso ho avvertito quella particolare suspense che mi ha accompagnato in ogni pagina e non mi ha abbandonato fino alla fine. Emerge una tecnica narrativa molto importante: lo spannung (parola tedesca che significa: la tensione) che tiene vivo l’interesse del lettore.
Da sociologo non potevo non riflettere sugli aspetti legati alla mafia e sui fenomeni mafiosi. In uno dei miei articoli scientifici: “La nuova narrazione degli arresti di mafia: le tecnologie per documentare le attività investigative” ho analizzato molti degli elementi evidenziati da Vignali che condivido e a cui ho ripensato con interesse.
Mentre leggevo questo libro meditavo su come ancora oggi si ha la sensazione di vivere agli inizi degli anni ’80. Le mafie che tessono reti, uccidono, cospirano, cercano accordi con la politica e le imprese, vivono cercando disponibilità preziose per continuare la loro opera distruttrice della società. Magistrati e giudici che hanno cercato di operare, ma sono stati isolati e sono stati uccisi. Quanto sangue è stato versato senza trovare i veri colpevoli.
Possiamo affermare che duri colpi sono stati inferti alle mafie, in quegli anni ’80, ma se ci pensiamo bene le mafie hanno proliferato e cambiato pelle, attraverso nuovi sistemi di comunicazione. Oggi la criminalità organizzata riesce a controllare il territorio in maniera molto diversa, attraverso il web, i social e i nuovi mezzi di comunicazione, adoperando i linguaggi giovanili e impiegandoli per i propri scopi. Ormai i nuovi mafiosi preferiscono balzare agli onori della cronaca attraverso la rete e ci riescono con facilità.
Ci troviamo davanti ad un cambiamento sociale dello stereotipo del mafioso, dove il suo essere invisibile si unisce alla “vetrinizzazione” e diventa un criminale social influencer. Creano legami e connessioni con migliaia di persone, generando connessioni e rapporti inimmaginabili. Profili falsi sotto la quale si celano per compiere ordite trame.
La nuova mafia organizzata non teme nulla, anzi finire alla ribalta diventa un onore per confondere ancora di più quella linea di demarcazione fra il bene e il male. Abbiamo un sistema mediatico a tutti gli effetti che invece di portare avanti il buon esempio e i sani valori, conduce a una visione oscura della realtà. La volontà è sempre la stessa: modificare la verità e plasmarla a proprio uso e consumo.
Eppure, come in quegli anni ’80 si diceva che la mafia non esisteva, oggi ci sentiamo dire che è sconfitta. In realtà la mafia non ha vinto, ma non è stata sconfitta. Lo vediamo e lo percepiamo, non possiamo far finta che non esista. Ecco, Vignali mi ha aiutato a ricostruire il presente attraverso il passato. Bravissimo nel ricostruire la storia e la società, dando vita ad un parallelo che, attraverso la macchina de tempo, ci riporta negli anni ’80. In questa nuova dimensione sociologica quale peso avrebbe avuto il ruolo dei mandanti della strage di Bologna? E Bellini? Non oso immaginare …
In questa nostra società è difficile trovare esempi di responsabilità, di etica e di morale. Penso al Giudice Paolo Borsellino o al Giudice Antonino Caponnetto, due grandi uomini che ho avuto l’onore di intervistare e che non dimenticherò mai. Di Caponnetto mi piacevano tantissimo i messaggi che era capace di lanciare ai giovani: “Ragazzi godetevi la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa nuova resistenza, la resistenza dei valori, la resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli”.
Credo sia questo l’insegnamento che anche Vignali vuole trasmettere alle nuove generazioni: “Non temete e puntate agli ideali”.
L’autore ricopre pienamente il suo ruolo di “Cane da guardia della democrazia” proprio mettendo in campo un’opera costante di analisi delle sue ricerche. Conduce egregiamente la battaglia del cosiddetto fact checking, il controllo delle fonti, regola dei media tradizionali. Voglio ringraziare l’autore Giovanni e l’amico Giovanni, perché, attraverso il suo libro, ho ripercorso buona parte dei miei studi e dei miei interessi. Auguro a questo volume il successo che merita ed io, insieme a lui, voglio invitare ogni cittadino a dire “Basta!”. Basta col silenzio e basta con questa pseudo “quiete”. Quando la retorica abbandonerà questo palcoscenico fittizio solo a quel punto conosceremo la verità di storie mai raccontate fino in fondo. Forse, o almeno su questo non possiamo perdere la speranza.