Marco Vicario: la commedia erotica colta

Articolo di Gordiano Lupi

Marco Vicario (Roma, 1925) è un regista diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia che comincia come attore e si occupa pure di produzione. Il suo vero nome è Renato Vicario, da non confondere con l’omonimo attore di fotoromanzi nato a Milano nel 1923, forse proprio per questo motivo il regista preferisce cambiare il nome di battesimo. Marco Vicario abbandona gli studi di ingegneria e si dedica a fare l’attore, dal 1949 al 1958 interpreta numerosi film, alcuni da protagonista: Cavalcata d’eroi, La taverna della libertà, Amo un assassino, Ragazze da marito, Roma ore 11, Operazione mitra, La storia del fornaretto di Venezia, Divisione Folgore, Non scherzare con le donne… Non ha grandi doti di recitazione ma è biondo, di bell’aspetto, possiede una buona dizione e va bene per interpretare pellicole avventurose, melodrammi e lavori sentimentali. Nel 1958 fonda l’Atlantica Cinematografica e realizza da produttore alcuni film di buon successo popolare come Giovane canaglia, La schiava di Roma, Solo contro Roma, Il crollo di Roma e Sette volte sette. Debutta alla regia con un documentario – scandalo, realizzato sulla scia del successo dei mondo movies, firmato assieme ad Antonio Margheriti: Il pelo nel mondo (1964). Marco Vicario compare nei crediti con lo pseudonimo di Renato Marvi. Il suo primo film in proprio da regista è Le ore nude (1964), tratto da un racconto di Alberto Moravia, che evidenzia subito una cifra stilistica legata al cinema brillante di impostazione erotica. Il pubblico decreta un buon successo alle opere di Marco Vicario, che non vengono molto considerato dalla critica alta. Gian Piero Brunetta non cita neppure il regista nella sua monumentale Storia del Cinema Italiano, ma è un destino comune ad altri autori che decidono di lavorare nel campo della commedia. L’Enciclopedia Garzanti del Cinema – curata da Gianni Canova – dedica a Marco Vicario un breve paragrafo, così come il Dizionario dei Registi Italiani di Roberto Poppi non può fare a meno di elencare i suoi lavori e di sintetizzare un’opera più che dignitosa. In questo lavoro cercheremo di colmare le lacune lasciate aperte dalla critica alta. Gianni Canova sostiene che i film migliori di Marco Vicario sarebbero Sette uomini d’oro (1965) e Il grande colpo dei sette uomini d’oro (1966), “argute rivisitazioni del genere alla 007 con toni giallorosa e sapori da commedia all’italiana”. Si tratta di lavori che esulano dalla nostra trattazione, ma sono grandi successi di pubblico e vincono il Nastro d’argento per la miglior produzione. Altri film importanti girati da Marco Vicario – come Paolo il caldo (1973), L’erotomane (1974) e l’ambizioso Mogliamante (1977) – escono in piena rivoluzione sessuale e rappresentano un approccio originale alla commedia erotica. Ne parleremo diffusamente.

   A livello di curiosità aggiungiamo che Marco Vicario è stato sposato con l’attrice Rossana Podestà e che ancora oggi lavora in Francia nel settore pubblicità. La maggior parte dei suoi film è distribuita dall’Atlantica e lui si occupa di tutto: dalla sceneggiatura, alla regia, passando per produzione e distribuzione.

   Marco Vicario gira undici film dal 1964 al 1982 e molti di loro rientrano a pieno titolo nella definizione di commedia erotica.

   Il pelo nel mondo (1964) è un mondo movie firmato da Renato Marvi e Anthony Dawson, ma come sappiamo sono gli pseudonimi di Marco Vicario e Antonio Margheriti. Siamo di fronte alla consueta raccolta di stranezze – vere o false non è facile stabilirlo – sulla falsariga della lezione jacopettiana. Non è un grande documentario e si finisce per rimpiangere non solo Mondo cane ma anche molti sequel più o meno apocrifi. Vicario e Margheriti filmano spogliarelli, insistono sui transessuali e le loro abitudini, raccontano strani gusti alimentari dei popoli non europei, girano efferatezze, crudeltà su animali e documentano la prostituzione nel mondo. La solita voce narrante accompagna il documentario, spiegando banalità e soprattutto trinciando giudizi moralistici, omofobi e misogini.

   Le ore nude (1964) è il primo vero film di Marco Vicario, tratto dal racconto Appartamento sulla spiaggia di Alberto Moravia. Lo scrittore firma la sceneggiatura insieme al regista e a Tonino Guerra. La fotografia è di Carlo Di Palma, mentre la musica suadente è opera di Riz Ortolani. Tra gli interpreti Rossana Podestà, Keir Dullea, Philippe Leroy, Bruno Scipioni, Antonio Rais, Gabriella Brasili e Odoardo Spadaro. La tematica amorosa affiora con prepotenza ed è una storia in puro stile moraviano, rispettosa del racconto. Carla (Podestà) è una moglie insoddisfatta, in piena crisi sentimentale, che si trova sola in vacanza e tradisce il marito (Leroy) con uno studente (Dullea), ma poi sembra pentirsi. Il marito è un personaggio ottuso, fin troppo stereotipato, che non comprende la moglie, le sue necessità erotiche e il bisogno di sentirsi considerata. Carla dopo il tradimento si fa raggiungere al mare dal marito, tenta di recuperare un rapporto in piena crisi, ma al tempo stesso organizza una gita in spiaggia e cerca di far incontrare i due uomini. Un evento tragico improvviso farà tornare la donna alla solita triste routine e al legame con il marito. Il film è strutturato a flashback e mostra l’abilità tecnica del regista, la tematica della crisi di coppia segue la lezione di Antonioni e di molto cinema contemporaneo. Un documento dei tempi e una sferzante critica alla borghesia, ai vizi privati e pubbliche virtù che Moravia ha sempre stigmatizzato. Vicario si mostra subito abile regista erotico perché spoglia la Podestà ai limiti del consentito e forse anche oltre. Morando Morandini nel suo Dizionario afferma che “Le ore nude manifesta un velleitario assillo di fare dell’antonionismo”. Fin troppo duro. La pellicola non ha niente a che vedere con la commedia, ma può classificarsi come un melodramma psicologico. Interessante la tematica erotica.

   Sette uomini d’oro (1965) e Il grande colpo dei sette uomini d’oro (1966) sono i film più famosi di Marco Vicario, indicativi dei gusti del pubblico cinematografico degli anni Sessanta, ma adesso sorpassati dal trascorrere degli anni e invecchiati male. Tra l’altro esulano dalla nostra tematica perché si tratta di due avventurosi  sullo stile degli 007 all’italiana, ricchi di colpi di scena e di trovate spettacolari. Ai nostri fini va citata una Rossana Podestà (moglie di Vicario) al massimo della sua bellezza, vestita con abiti sensuali e impegnata a conferire un minimo di erotismo ai due lavori. Le pellicole godono della stupenda musica di Armando Trovajoli accompagnato dai Cantori moderni di Alessandroni. Tra gli interpreti: Philippe Leroy, Gastone Moschin, Giampiero Albertini, Gabriele Tinti, Maurice Poli e Renzo Palmer. Nel sequel Enrico Maria Salerno fa la parodia di Fidel Castro, nei panni del presidente comunista di un’isola tropicale. Le tematiche base dei due film sono le rapine con poche variazioni sul tema, un po’ di umorismo da avanspettacolo e minime spruzzatine sexy.

   Il prete sposato (1970) è un Lando Buzzanca movie d’autore, scritto e sceneggiato dal regista, interpretato da Rossana Podestà, Salvo Randone, Luciano Salce, Barbara Bouchet, Silvia Dionisio, Mariangela Melato, Magali Noël, Karin Schubert, Enrico Maria Salerno, Emilio Bonucci ed Ely Galleani. Si tratta di una coproduzione italo – francese per un film ambientato a Roma, che gode di un cast stellare e di un’incredibile parata di bellezze femminili. Buzzanca è un giovane prete sconvolto dagli atteggiamenti disinibiti della borghesia che frequenta la sua parrocchia, ma si innamora di una prostituta e vorrebbe lasciare i voti. La parte migliore sono le scene sexy che vengono inserite nelle parti oniriche per sfuggire alla censura. Rossana Podestà è la squillo innamorata che vorrebbe cambiare vita, ma non riesce a far abbandonare la tonaca al prete. Buzzanca chiede ai superiori il permesso di sposare la ragazza, ma vorrebbe restare prete. Va da sé che non glielo concedono. La Podestà capisce l’antifona e si rende conto che per il parroco l’abito talare conta più di lei. Le musiche sono di Armando Trovajoli, ma il film non osa andare oltre il consentito sul versante della critica sociale affrontando in modo marginale il problema del celibato dei preti. Commedia sexy molto castigata.

   Homo eroticus (1971) è un altro Lando Buzzanca movie di alto livello che consolida il rapporto artistico tra l’attore siciliano e l’affascinante Rossana Podestà. La produzione è italo – francese  e il cast dei comprimari di altissimo livello: Luciano Salce, Sylva Koscina, Adriana Asti, Simonetta Stefanelli, Ira Fürstemberg, Bernard Blier, Piero Chiara (lo scrittore!), Michele Cimarosa, Nanni Svampa, Lino Patruno, Sandro Dori, Jacques Herlin, Femi Benussi, Angela Luce, Brigitte Skay, Evi Marandi e Paola Tedesco. La commedia erotica è nel pieno del suo splendore e Marco Vicario spoglia un cast di bellezze di grande livello, dalla moglie Rossana Podestà a Sylva Koscina, passando per Ira Fürstemberg. Non sono da meno le più giovani Femi Benussi (una parte di secondo piano nelle vesti di un’antiquaria), Simonetta Stefanelli (una figlia diciassettenne, al suo primo ruolo) e Paola Tedesco (ruolo marginale).Il film è basato sul personaggio eccessivo interpretato da Lando Buzzanca, un cameriere superdotato (ha tre palle!) che ispirerà diversi personaggi dei fumetti erotici del tempo. Lando Buzzanca diventa un mito sexy dopo questa interpretazione e fatica a togliersi di dosso la fama di “uomo con tre palle”, alla base del successo di fumetti come Lando e Il Montatore, ispirati alla caratterizzazione cinematografica dell’attore siciliano. Buzzanca non gradisce l’imitazione satirica, soprattutto perché nessuno chiede il suo consenso prima di lanciare personaggi a fumetti che presentano una somiglianza spudorata con il noto attore. Il comico siciliano tutela la sua onorabilità incaricando un legale, cerca di mettere a tacere le voci imbarazzanti e di far chiudere le testate a fumetti che utilizzano il suo volto per divertenti porno avventure.  Homo Eroticus è una buona commedia erotica che non ha pretese di critica sociale ma punta soltanto a divertire il pubblico. Lando Buzzanca è Michele Cannaritta (sic!), un cameriere superdotato (ha addirittura tre palle) che fugge dalla Sicilia e trova lavoro a Bergamo come cameriere nella casa di Luciano Salce e Rossana Podestà. Buzzanca è la preda più ambita delle donne che orbitano attorno alla casa e lui si concede senza problemi, prima si porta a letto la moglie, poi tutte le amiche e persino le inservienti. Il cameriere Cannaritta non riesce a compiere la scalata sociale, perché la padrona lo caccia quando viene a sapere che intesse rapporti erotici con le sue amiche. Buzzanca finisce per sposare Simonetta Stefanelli, vera ragazza del Sud, figlia dell’amico barbiere siciliano Michele Cimarosa detto Tano. La sceneggiatura di Homo eroticus è del regista che collabora con lo scrittore Piero Chiara (interpreta anche il ruolo del giudice Cimetta), molto utile come esperto di vizi e difetti della provincia lombarda, soprattutto nella rappresentazione della dicotomia sesso – denaro. Tra gli altri interpreti ricordiamo Luciano Salce nei panni del marito voyeur) e Rossana Podestà come padrona assatanata. Nanni Svampa e Lino Patruno sono alle prese con il pezzo musicale Concorrenza sleale di George Brassens. La colonna sonora è di Armando Trovajoli. Secondo Paolo Mereghetti “Vicario non è Lattuada, sceglie sempre le soluzioni più facili e manca di senso del ritmo”. Non condividiamo perché nel film si ride molto, le situazioni piccanti da commedia all’italiana e da farsa degli equivoci si susseguono a ritmo incessante. Gli attori sono tutti molto bravi, soprattutto Salce e Buzzanca danno il meglio di loro stessi in gustose macchiette.  

   Paolo il caldo (1973)è una commedia sexy tratta dall’ultimo romanzo di Vitaliano Brancati (pubblicato postumo nel 1954 e rimasto incompiuto), un film che segna il lancio erotico di Ornella Muti in Italia, dopo alcune pellicole interpretate in Spagna. Marco Vicario sceglie la bella attrice romana per interpretare la breve ma incisiva parte della servetta che fa compiere le prime esperienze erotiche al  protagonista. La Muti strega il pubblico per il suo indiscutibile fascino e fa parlare i rotocalchi rosa che raccontano di una relazione tra lei e Marco Vicario, legato sentimentalmente a Rossana Podestà. Ornella Muti smentisce, come sempre in casi analoghi, visto che la stampa le attribuisce flirt e relazioni con molti attori con cui lavora: Alain Delon, Ugo Tognazzi, Tony Musante, Giancarlo Giannini, Adriano Celentano e Francesco Nuti. Una sola scena di nudo la vede protagonista, una sequenza voyeuristica tipica della commedia sexy con il ragazzino che spia dalle imposte di una finestra uno strip e il successivo rapporto con il nonno (Lionel Stander). La pellicola è interpretata da un cast di lusso: Giancarlo Giannini, Rossana Podestà, Gastone Moschin, Adriana Asti, Lionel Stander, Riccardo Cucciolla, Vittorio Caprioli, Mario Pisu, Orchidea De Santis, Enrica Bonaccorti, Umberto D’Orsi, Femi Benussi, Barbara Bach, Pilar Velázquez, Oreste Lionello, Neda Arneric e Marianne Comtell. Le scenografie sono di Flavio Mogherini, la fotografia è di Tonino Delli Colli e la musica di Armando Trovajoli. Il barone Paolo Castorini (Giannini) è attratto dalle donne sin da piccolo, quando cresce non sopporta di vivere a Catania circondato dai parenti e si trasferisce a Roma. Non si fa problemi politici, pensa solo a conquistare femmine, infatti durante il fascismo frequenta un’ex amante di Mussolini (Asti) e nel dopoguerra conquista un’attivista comunista (Velázquez). Decide di tornare a Catania per sposare la giovane figlia (Arneric) della farmacista (Bach), un vecchio amore giovanile, ma il matrimonio non riesce perché Paolo è… troppo caldo. La pellicola presenta ancora oggi diversi motivi di interesse. Prima di tutto una perfetta ambientazione siciliana negli anni del fascismo e una buona ricostruzione dei momenti storici rivissuti tramite episodi di vita quotidiana. La famiglia borghese e l’aristocrazia del tempo sono stigmatizzati dal personaggio del padre di Paolo che parla spesso di uguaglianza tra padroni e servi. Ornella Muti è il simbolo della servetta che fa da nave scuola per il figlio del padrone e al tempo steso è oggetto di attenzioni erotiche da parte di tutta la famiglia. Alcune sequenze drammatiche (la morte del padre) interrompono il tono da commedia e danno spessore a una pellicola che gode di un credibile clima d’epoca. Rossana Podestà contende la scena sexy a Ornella Muti nella seconda parte del film, quando Paolo è cresciuto, mostra il meglio di sé in bikini e in una torrida sequenza erotica che si svolge sotto gli occhi di seminaristi e piccoli balilla. Marco Vicario non tralascia una serrata critica storica del fascismo, alla guerra d’Africa e compie diverse citazioni musicali figlie dei tempi (Faccetta nera, Allungheremo lo stivale fino all’Africa Orientale…). Il finale è straziante e suggestivo, perché Paolo comprende che non può sottrarsi al suo destino di uomo sensuale e perennemente attratto dal sesso. Non serve a niente scegliere una donna diversa da lui e provare ad amarla, perché la maledizione del nonno libertino pervade la sua vita. Paolo perde la sola cosa bella della sua vita, la figlia della farmacista (Neda Arneric) che aveva sposato nella sua Catania dopo la morte della madre. Paolo resta solo in compagnia di una prostituta (Femi Benussi) che lo accompagna ancora una volta alla scoperta della notte romana. Marco Giusti definisce il film come “un erotico colto alla Vicario”, ma preferiamo l’interpretazione di Paolo Mereghetti che parla di “un elogio del libertinismo a tratti qualunquista, ma in ogni caso tragico e funereo, in certi momenti quasi felliniano”. Giovanni Buttafava scrive: “Erocommedia torrida di Vicario dove si dimostra che Buzzanca è sostituibile anche accanto a una sua tipica partner”. Gli interpreti sono ben calati nelle rispettive interpretazioni. Giancarlo Giannini recita sempre sopra le righe, come merita un personaggio innamorato delle donne e della vita. Rossana Podestà è affascinante e sensuale persino durante una lunga zuffa con il compagno. Lionel Stander è un memorabile nonno sporcaccione che ricorda il bel tempo andato. Vittorio Caprioli è un sessuofobo moralista, mentre Orchidea De Santis e Femi Benussi sono due prostitute romane poco valorizzate dal regista. Il film riscuote un grande successo di pubblico anche per merito di flani suggestivi (Giannini tra due natiche di donna) e di un cast femminile fantastico. La pellicola piace così tanto al pubblico che un anno dopo Ciccio Ingrassia gira la modesta parodia Paolo il freddo, interpretata da Franco Franchi. Si parte dall’assunto fantastico di Franchi, figlio di Paolo il caldo che in punto di morte gli fa giurare odio eterno verso le donne. Ciccio Ingrassia (interpreta un comico illusionista) è all’esordio dietro la macchina da presa e mette in scena la parodia del grande successo di Vicario mostrando un imbranato Franco Franchi alla caccia di un lavoro stabile, ma sempre insidiato dalle donne. Insuccesso totale al botteghino e uno dei motivi per cui Franchi e Ingrassia si separano. Nel cast femminile: Isabella Biagini, Moira Orfei, Linda Sini, Grazia Di Marzià e Ileana Rigano. 

   L’erotomane (1974) è una commedia sexy che scivola sul versante erotico – farsesco, interpretata da Gastone Moschin, Janet Agren, Silvia Dionisio, Milena Vukotic, Isabella Biagini e Vittorio Caprioli. La storia si sviluppa attorno al personaggio di Moschin, impotente per colpa di uno shock infantile, che tenta di recuperare la virilità ma nonostante le cure non ci riesce. Moschin è un avvocato e sfoga la sua rabbia repressa nel mondo degli affari che lo vede spregiudicato protagonista. Fondamentale lo shock di scoprirsi cornuto che riesce a sbloccarlo, fino a trasformarlo in un vero e proprio erotomane. Alla fine, però, la troppa foga lo punisce e diventa impotente per davvero. Gastone Moschin non è Lando Buzzanca e un simile personaggio avrebbe funzionato meglio se interpretato dall’attore siciliano. Il cast femminile è di altissimo livello erotico con tre bionde protagoniste del livello di Silvia Dionisio (l’amante), Janet Agren (la moglie) e Isabella Biagini (la dottoressa Bonetti). La mora Vukotic (la segretaria Cleofe) fa da quarto incomodo, ma pure lei si dà da fare. Presenze femminili minori, ma non disprezzabili sono Neda Arneric (la cameriera), Paola Senatore, Loredana Martinez, Carla Brait e Maria Antonietta Beluzzi.

   Mogliamante (1977)di Marco Vicario è un film erotico interpretato da Laura Antonelli, William Berger, Olga Karlatos, Leonard Mann, Marcello Mastroianni e Stefano Patrizi. Carlo Sposito è un buon prete incazzoso che redarguisce i parrocchiani poco fedeli. Annie Belle è l’antagonista femminile di Laura Antonelli e riceve diversi premi per una buona interpretazione. La sceneggiatura è di Rodolfo Sonego. Il film ottiene un buon successo di pubblico e di critica, al punto di vincere un David di Donatello. La storia si svolge nella provincia veneta e siamo nei primi anni del Novecento. Laura Antonelli è una donna ritenuta frigida dal marito che la trascura e la tradisce, ma a un certo punto il coniuge scompare perché accusato ingiustamente di un delitto. La moglie deve cavarsela da sola, cambia carattere, assapora le gioie della vita e del sesso. Al ritorno il marito dovrà tener conto che le cose sono cambiate. Mogliamante è caratterizzato dalla suggestiva colonna sonora di Armando Trovajoli che compone diversi pezzi intensi al pianoforte per sottolineare i momenti più struggenti. Laura Antonelli è una moglie che sembra malata cronica, ma soffre di un forte esaurimento nervoso provocato dal rapporto con un marito che la trascura per fare lunghi viaggi. Il marito è un ottimo Marcello Mastroianni, commerciante di vini come copertura, ma in realtà scrittore – editore di testi anarchici e vero libertino. La moglie resta sola con le domestiche e le inservienti, non scende mai dal letto e si fa visitare dal medico in continuazione. Il marito la tradisce in continuazione, persino con la serva Annie Belle, che lascia davanti al portone il fidanzato per andare a far l’amore con l’amante. Annie Belle è pettinata con il caratteristico caschetto di capelli corti, ma sono neri e non biondo ossigenato come consuetudine. Molto credibile la sequenza erotica tra l’attrice francese e Mastroianni che si conclude con un bacio prolungato nella zona pubica dopo aver sollevato la sottana con movimenti intriganti. Il regista mette alla berlina il perbenismo piccolo – borghese perché mostra la ragazza andare in chiesa con il fidanzato subito dopo il tradimento. La situazione cambia quando il marito deve nascondersi nella merceria dell’amico Gastone Moschin perché teme di essere incolpato di un omicidio anarchico. Si fa passare per morto, la moglie se ne convince e – liberata dalla sua ingombrante presenza – guarisce dai mali immaginari e prende in mano le redini dell’azienda. Vediamo Laura Antonelli in carrozza guidare spericolata e rischiare la vita sul ciglio di un burrone, frequentare le locande e i posti equivoci dove il marito incontrava le amanti, fermarsi al circolo della caccia e soprattutto scoprire la vita segreta del consorte. Olga Karlatos è una donna medico dagli occhi stupendi, pure lei amante del marito, insieme ad Annie Belle. La moglie scopre che il marito andava a letto con due donne che avevano tra loro un rapporto lesbico. Mastroianni controlla la vita della moglie dalla finestra che dà sulla villa, la vede cambiare giorno dopo giorno ma non può intervenire. Annie Belle incontra Laura Antonelli, racconta in flashback il rapporto con il marito insieme alla Karlatos e spinge la moglie al tradimento. La moglie prima tradisce per vendetta, senza partecipazione, solo per punire il compagno, ma dopo si innamora di un altro uomo e fa soffrire Mastroianni che sa tutto ma non può fare niente. Il nuovo amore della Antonelli è un medico che diventa il compagno fisso e le fa capire di non essere frigida: aveva bisogno di una persona che la comprendesse. A un certo punto la moglie pare capire che il marito è nascosto nella merceria davanti alla loro casa, ma continua a sfidarlo e fa l’amore con la finestra aperta. Mastroianni dal rifugio osserva le tre donne della sua vita: Belle, Karlatos e Antonelli. Si rende conto che la moglie vive attraverso i suoi amanti ciò che con lui non ha mai vissuto. Percorre la sua strada fino in fondo. Organizza incontri a tre, ricambia tutto il male che le è stato fatto. Annie Belle decide di sposarsi con il fidanzato, che è così innamorato di lei da essersi conservato puro e vergine per la sua donna. Lei, invece, non lo è più perché l’ha tradito allegramente. “Quando lo scoprirà cosa gli dirai?”, osserva la Antonelli. “Come mi disse una volta suo marito: succede a chi arriva troppo tardi”. Il fidanzato si suiciderà con un colpo di pistola in un drammatico finale che il registra gioca tutto sulla suspense. Mastroianni opta per tornare a casa e accettare la situazione. La moglie è ancora innamorata, ma adesso il rapporto può essere impostato su un piano paritario perché lei è una donna diversa. Il film gode di un’ottima ricostruzione d’epoca e di un finale è molto suggestivo. Siamo di fronte a un buon dramma erotico, caratterizzato da elementi di commedia, grande cura formale per ambientazione, scenografia e commento musicale. Si tratta di un erotismo patinato e colto che pare indicare la strada da percorrere a pellicola come La chiave (1983)di Tinto Brass, L’alcova (1985) e Il piacere (1985)di Joe D’Amato.

   Il cappotto di Astrakan (1979) è una coproduzione italo – francese per una commedia moderatamente erotica tratta da un buon romanzo di Piero Chiara e sceneggiata da Vicario e Sandro Parenzo. Interpreti: Johnny Dorelli, Carole Bouquet, Andréa Ferréol, Marcel Bozzuffi, Quinto Parmeggiani, Enzo Robutti, Paolo Bonacelli, Nanni Svampa, Ninetto Davoli ed Ettore Garofalo. Le musiche sono di Bruno Nicolai. Piero (Dorelli) proviene da Luino (la città di Piero Chiara dove lo scrittore ambienta gran parte dei suoi romanzi), per la prima volta si trova a Parigi, dove viene accolto nella casa della signora Lenormand (Férreol) e corteggia l’affascinante Valentine (Bouquet). Il film parte come una commedia erotica, ma subisce una brusca sterzata verso il giallo – rosa quando ci rendiamo conto che Piero è il sosia di un assassino e che le due donne sono rispettivamente la moglie e l’amante di questo criminale. Molto nuda Carole Bouquet che rappresenta il lato sexy della pellicola, tesa a dimostrare il tema del doppio ma in modo comico e farsesco, senza la profondità del romanzo di Chiara. Dorelli va alla grande in questo periodo e il pubblico riempie le sale ogni volta che interpreta un film. Non è facile capire il motivo perché non è un grande attore.

   Scusa se è poco (1982) è l’ultimo film di Marco Vicario ma non per questo risulta il più memorabile. Si tratta di una commedia in due episodi tratti da lavori teatrali di Aldo De Benedetti. Gli ultimi cinque minuti è il primo frammento, interpretato da Monica Vitti, Ugo Tognazzi e Mario Carotenuto, nel quale vediamo due coniugi separati tornare insieme dopo aver risposto allo stesso annuncio per affittare un appartamento. Trenta minuti d’amore vede interpreti Diego Abatantuono (il motivo del titolo in pieno slang terrunciello), Monica Vitti e Orazio Orlando. Vicario narra le vicissitudini di un investigatore miope che scopre l’autrice del bestseller erotico del momento: una tranquilla signora sposata con un dentista.  Il ritmo è modesto. Non si ride molto. Erotismo zero. Il tema di fondo è quello della crisi di una coppia di mezza età, ma Vicario l’affronta con molta superficialità.

   Concludiamo il capitolo su Marco Vicario parlando di un’attrice che lavora spesso nel suo cinema erotico e che per molti anni è anche sua compagna di vita. Stiamo parlando di Rossana Podestà (Pseudonimo di Carla Dora Podestà), nata in Libia (Zliten, nei pressi di Tripoli) nel 1934, da genitori liguri. L’attrice sarà una presenza costante nei Lando Buzzanca movie e in molte commedie sexy per la sua aria al tempo stesso innocente e maliziosa. La carriera di Rossana Podestà comincia negli anni Cinquanta per merito di Léonide Moguy che la scopre quando è ancora una studentessa liceale. Il regista è alla ricerca di un volto nuovo per un film ambientato nel mondo della borghesia romana e lo trova in quella ragazzina dal sorriso impertinente. La Podestà entra nel cinema, dove resterà per almeno sessanta pellicole, affascina produttori, registi e pubblico, per classe, portamento, aria disinvolta e charme. Debutta accanto ad Anna Maria Pierangeli nel film Domani è un altro giorno (1951) di Léonide Moguy e come per la collega prova l’emozione di Hollywood, pur se con minor successo. Interpreta molti ruoli nel filone del neorealismo rosa, diretta da Valerio Zurlini, Mario Monicelli e Steno, appare in numerosi peplum che esaltano la sua bellezza in ruoli da regina e si cala nei panni di Nausicaa nell’Ulisse di Mario Camerini. Nel 1954, Robert Wise la sceglie per il ruolo di protagonista in Elena di Troia, superando la concorrenza di Liz Taylor, Ava Gardner e Lana Turner. Si tratta di un lavoro che le conferisce notorietà internazionale, anche se l’anno precedente aveva interpretato il film messicano La rete di Emilio Fernandez, molto applaudito dalla critica. Pare che la carriera internazionale di Rossana Podestà sia aperta e che possa seguire uno sviluppo in crescita, ma non è così, di colpo l’attrice resta invischiata in produzioni minori e soprattutto italiane. Nel 1953 sposa Marco Vicario che la utilizza al meglio in alcuni suoi film, dove dimostra qualità artistiche e un erotismo malizioso e perverso che intriga e affascina il pubblico. Interessante anche il suo ruolo da femme fatale in Sodoma e Gomorra (1961) di Robert Aldrich. A parte i film diretti dal marito, Rossana Podestà è protagonista di altre commedie erotiche e spesso la vediamo accanto al suo partner preferito: Lando Buzzanca (L’uccello migratore di Steno, 1972). La ricordiamo posare nuda per l’edizione italiana di Playboy, passaggio obbligato per le attrici amate dal pubblico negli anni Settanta. Raimondo Del Balzo la vuole in televisione per Giorno segreto (1978), ma resta un’apparizione isolata. Il suo ultimo film è Segreti segreti (1985) di Giuseppe Bertolucci. Divorzia da Marco Vicario e si ritira a vita privata con il nuovo compagno Walter Bonatti, alpinista ed esploratore che non ha alcun contatto con il mondo del cinema. Vive tra Roma, l’Argentario e le montagne della Valtellina.

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