La sera del 26 gennaio 1979, a Palermo, viene ucciso il giornalista Mario Francese. Fu ucciso a colpi di pistola sotto la sua abitazione in viale Campania. Ad appena cinquantaquattro anni veniva freddato un uomo, un grande ed acuto giornalista, che con i suoi articoli ha tracciato e disegnato, per primo, il profilo della Mafia degli anni Settanta.
Ma perché venne ucciso? Perché Mario Francese, giornalista e «cronista di nera» de Il Giornale di Sicilia possedeva «una straordinaria capacità di operare collegamenti tra i fatti di cronaca più significativi, di interpretarli con coraggiosa intelligenza, e di tracciare così una ricostruzione di eccezionale chiarezza e credibilità delle linee evolutive di Cosa Nostra».
Negli anni Settanta, il giornalista Mario Francese, con grande intelligenza, perspicacia e professionalità realizza una delle prime ed approfondite ricostruzioni delle più complesse vicende di mafia di quegli anni.
Fu il primo giornalista, che mosso da un grande coraggio e da una spiccata intelligenza, a pubblicare i nomi dei boss corleonesi che cominciavano, sempre in quegli anni, a scalare le gerarchie di «Cosa Nostra» per arrivare a conquistare sempre più territori e terreni, ma anche individualità, nel capoluogo siciliano.
Alla memoria del giornalista e cronista Mario Francese, l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, ha istituito nel 1993 il «Premio Mario Francese». Un premio che nel corso degli anni ha suggellato l’impegno civico e professionale di uomini e donne della carta stampata, quali Gianni Minoli, Maurizio Costanzo, Ferruccio De Bortoli, Michele Santoro, Enrico Deaglio, Milena Gabanelli, Gian Antonio Stella, Carlo Lucarelli, Giuseppe D’Avanzo, Federica Angeli, Corrado Formigli, Daphne Caruana Galizia e Lucia Goracci, che continuano ad operare quali testimoni di verità e giustizia denunciando con eccezionale chiarezza e credibilità la Mafia, la criminalità organizzata sulle orme e con lo stile di Mario Francese – ma anche di altri uomini e donne – che con la loro vita hanno pagato solo per il fatto d’essere stati strumenti e «penne», talentuose e virtuose, di giustizia e verità.