Marketing cattolico

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, la Chiesa cattolica dovette affrontare problemi enormi. Anche economici. Da un lato il calo di entrate causato dalla politica dei concordati e dall’altro sprechi  ingiustificati (si pensi alle proprietà faraoniche di certi alti prelati) imposero cambiamenti radicali.  Fu in quel periodo che si diffuse la cosiddetta “vendita delle indulgenze”, contro cui si scagliò Martin Lutero nel 1517. In molti cercarono di far credere al popolo che non servivano la fede e le buone opere per essere assolti dai peccati: bastava pagare per ottenere il perdono. Passato alla storia come evento eccezionale, questa  prassi non era un episodico abuso perpetrato da una Chiesa corrotta, ma un fenomeno piuttosto diffuso.

Sono passati molti secoli. Ma alcuni comportamenti non sono mai stati debellati completamente. Per capirlo basta recarsi in uno dei tanti luoghi di culto in Europa per vedere le speculazioni che girano intorno a chi davvero crede e in buona “fede” acquista oggetti a volte molto costosi credendo che non siano semplici ricordi di un momento spirituale ma che siano loro stessi miracolosi.

Una prassi che si sta diffondendo sempre di più. E che ora ha raggiunto Roma. Pochi giorni fa è stato aperto un centro commerciale a pochi passi da San Pietro all’interno del Vaticano. Due ingressi pedonali uno dei quali dista appena 50 metri da piazza San Pietro, con cui è collegato da un percorso di scale mobili che porta in via della Conciliazione. Una posizione strategica per intercettare i turisti. Ma anche un momento strategico in vista del Giubileo 2025 con il prevedibile afflusso di turisti/fedeli.

Un centro commerciale, quello appena aperto, destinato ad una clientela medio alta. Per costruire il nuovo centro commerciale sono stati necessari 10 milioni di euro per un’area di 5mila metri quadri che dovranno ospitare quaranta boutique con i “corner” di circa 40 “brand” del lusso (!), in un mix di shopping, moda, accessori e perfino mostre d’arte. Come l’esposizione delle opere di Andy Warhol (resta da capire cosa ha a che vedere questo autore con la fede cattolica). O quella dove è esposto il vero pupazzo di E.T., donato dalla famiglia Rambaldi (anche in questo caso, sfugge il collegamento con la religione e la fede). E poi eventi e concerti. Ancora una volta il rapporto con il Cattolicesimo non è immediato: chi si aspettava per l’inaugurazione un coro gospel o canti gregoriani si è trovato di fronte a un molto più laico concerto jazz. Nel centro commerciale le migliaia di visitatori (questa la frequenza prevista) potranno comprare anche oggetti legati alla fede: ostie, santi e molto altro.
Non poteva mancare, per “sfamare gli affamati”. Nell’angolo “food&wine”, per gli stanchi pellegrini che si recano in Vaticano non mancheranno sushi e altre prelibatezze giapponesi. È prevista anche anche la partnership con Salotto di Brera, società attiva nei settori “duty free” e “travel retail” nel segmento di lusso e che fa capo a Giglio Group (!).

“È un luogo di eccellenza che rappresenta un servizio per il territorio”, ha commentato l’assessora alle Attività Produttive Monica Lucarelli: il centro commerciale si trova in un punto lontano da grandi aree di shopping ed è vicinissimo a due importanti ospedali della capitale, il Bambino Gesù e il Santo Spirito. Un posto dove unire sacro e profano. E pensare che nel Medio Evo….

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