Il programmatore di videogiochi Thomas Anderson vive una vita quieta dopo aver passato il peggio. Una forte depressione ha portato l’inventore del videogioco Matrix a tentare il suicidio che la sua mente pareva suggerire. Qualcosa nella vita dell’uomo non torna e le sedute di analisi non aiutano quanto ci si aspetterebbe. Il mondo ludico che ha creato l’ha fagocitato e la realtà si confonde con l’immaginazione. La visita di due estranei che ricorderanno all’uomo quanto sia necessario al signor Anderson tornare a essere Neo lo sconvolgerà per sempre.
Arriva in sala Matrix , il quarto capitolo della saga , segna il ritorno nell’universo controllato dalle intelligenze virtuali dove un gruppo di umani lotta perennemente per liberarsi dalla schiavitù di macchine ancora molto agguerrite. La regista Lana Whakiosky , creatrice insieme al fratello del frinchese , ripesca le intuizioni visive che avevano fatto della prima trilogia uno dei titoli più famosi di sempre. Alla base della vicenda c’è ancora un film d’azione in cui sono sapientemente inseriti scampoli di filosofia, una storia d’amore e quell’ironia grottesca che tanto piace al pubblico.
Il risultato è una storia non lineare dove alcune pennellate di emozioni fanno apprezzare un film discretamente pensato e ottimamente sceneggiato. Sono i dialoghi metacinematografici la vera forza del prodotto. Fatta eccezione per la straordinaria fotografia, le continue citazioni al cinema e all’imperfezione dei prodotti seriali vincono a man basso. Matrix Ressurection si prende in giro senza prendere in giro il pubblico attento e senza pretese. Non erano capolavori nemmeno i primi tre, questo torna al prodotto “semi fresco”, già tantissimo, facendo sentire minimante le sue due ore e moneta. Sullo schermo va un divertimento per gli occhi con quel minimo di nostalgia che non guasta. Essenzialmente una storia d’amore, la saga torna a stupire con l’intelligenza dei suoi autori e di una regista capace.