Maurizio Lucidi (Firenze, 1932 – Roma, 2005) è attivo nel cinema sin dagli anni Cinquanta come aiuto regista e soprattutto montatore, visto che proviene da una famiglia che si è sempre occupata di montaggio. Onesto artigiano, spesso firma con lo pseudonimo di Maurice Brights, si distingue nel western, giallo, avventuroso e commedia popolare.
La sfida dei giganti (1966) segna il debutto alla regia, unpeplum che segue la moda del tempo con Reg Park nei panni di Ercole. Tra gli spaghetti – western ricordiamo: Due once di piombo – Il mio nome è Pecos (1967), Pecos è qui: prega e muori (1967), La più grande rapina del West (1968). Probabiblità zero (1969) è un film bellico interpretato da Henry Silva e Katia Christine, così come La battaglia del Sinai (1969) racconta il conflitto tra egiziani e israeliani. Ricordiamo tra i migliori lavori La vittima designata (1971), un giallo psicologico inquietante interpretato dagli ottimi Tomas Milian e Pierre Clementi.La trama del film ricorda L’altro uomo (1951) di Alfred Hitchcock, noto anche come Delitto per delitto,però prende strade diverse e contrappone la pavidità del borghese alla seduzione del male. Qualcuno ha parlato di remake ma ci sembra inesatto, è più corretto dire che il regista si è ispirato al capolavoro di Hitchcock. Un thriller psicologico ben confezionato, fotografato da Aldo Tonti che rende a dovere la languida atmosfera veneziana. I due protagonisti (Milian e Clémenti) sono molto bravi e affiatati in un film che sembra fatto apposta per valorizzare le loro doti. Ottima la colonna sonora di Luis Enriquez Bacalov in collaborazione con i New Trolls, che diventa un disco di successo (“Concerto grosso per i New Trolls”). Tomas Milian canta la canzone della colonna sonora “My shadow in the dark” e si doppia da solo, cosa per lui insolita. Il soggetto è di Augusto Caminito, Aldo Lado e Maurizio Lucidi. La sceneggiatura di Fulvio Gicca Palli, Fabio Carpi e Luigi Malerba.
Maurizio Lucidi si dedica al genere western comico con il divertente Si può fare… amigo (1972), interpretato da un Bud Spencer in gran forma nelle vesti del gigante buono amico dei bambini. Un poliziesco di buona fattura è L’ultima chance (1973), interpretato da un cast interessante: Ursula Andress, Fabio Testi, Barbara Bach, Massimo Girotti ed Eli Wallach. Gli esecutori (1976) è un modesto avventuroso interpretato da Ivo Garrani e Roger Moore (fresco 007) che racconta una storia di traffico di droga.
Maurizio Lucidi è attivo nella commedia classica con elementi sexy con almeno tre film: Due cuori una cappella (1975), Il marito in collegio (1977), Perché non facciamo l’amore? (1980) e Il marito in vacanza (1981).
Due cuori una cappella (1975) è un Renato Pozzetto – movie di buon successo interpretato da Agostina Belli, Aldo Maccione , Giusi Raspani Dandolo, Massimo Boldi, Mario Brega, Claudio Nicastro, Franca Scagnetti, Leopoldo Trieste, Alvaro Vitali e Ursula Andress. Pozzetto è un sfigatissimo orfano che non ha mai conosciuto una donna, circuito da Agostina Belli complice di Aldo Maccione. Pozzetto, succube della madre che lo teneva lontano dalle donne come fossero la peste, alla sua morte sposa la truffatrice che insieme al protettore lo coinvolge in un rapimento di un bambino. Nel divertente finale il succube Pozzetto si vendica dei due truffatori e si prende una bella rivincita nei loro confronti. Il soggetto di Nicola Badalucco, scritto per Alberto Sordi, viene rivisto e corretto da Renato Pozzetto ed Enzo Jannacci per adattarlo alla sua comicità stralunata, piena di trovate surreali come il self godeur (macchina per autoerotismo). Le musiche sono di Stelvio Cipriani e la fotografia di Aldo Tonti. Ursula Andress si vede solo nel finale e un minimo di erotismo viene condiviso tra lei e Agostina Belli. Grande successo di pubblico, dovuto alla popolarità televisiva di Renato Pozzetto tra i giovani.
Il marito in collegio (1977) è una delle commedie migliori di Maurizio Lucidi, ispirata al romanzo omonimo di Giovanni Guareschi, sceneggiata da Terzoli e Vaime. Interpreti: Enrico Montesano, Silvia Dionisio, Pino Caruso, Anna Proclemer, Mario Carotenuto, Gastone Pescucci e Franco Lechner (Bombolo), Stefano Amato e Gino Pagnani. La storia è semplice. Un benzinaio romano (Montesano) si innamora di una nobildonna lombarda (Dionisio), che accetta di sposarlo per ottenere l’eredità dello zio (Carotenuto), per niente nobile ma ricco commerciante di maiali. Il contrasto tra mondo proletario e ambiente aristocratico è evidente ed è proprio da questa situazione che scaturisce la comicità. Il marito è costretto ad andare in collegio per imparare le buone maniere, dopo essere stato bocciato durante un comico esame di galateo a tavola. Pino Caruso si inserisce come variante comico – cialtronesca, perché interpreta un finto nobile, in realtà truffatore a caccia di patrimoni, che vorrebbe sposare la bella Dionisio. Alla fine il marito conquisterà la bella moglie e imporrà ai nobili le sue maniere ben poco eleganti. Lo spirito del romanzo resta, ma l’ambientazione viene calata in tempi moderni e i personaggi si muovono secondo dinamiche ai limiti della farsa.
Il marito in collegio si segnala come una delle poche commedie eleganti del periodo, prive di situazioni eccesive, di battute volgari e di sottintesi erotici. La parte sexy è limitata alla visione del seno di Silvia Dionisio durante un approccio in barca con il marito. Il regista gioca tutte le sue carte sulla simpatia romanesca di Montesano, a suo agio nell’interpretare un imbranato fuori dal suo mondo, e sulla classe di Pino Caruso come elegante truffatore. Molto bravo anche Mario Carotenuto, un gigante della commedia all’italiana, nella consueta interpretazione di un arricchito ben lontano dall’ambiente nobiliare. Silvia Dionisio è molto bella, non ha bisogno di trucco per far risaltare la sua freschezza giovanile e intrigare il pubblico con uno sguardo languido e sensuale. Nel film debutta il caratterista Franco Lechner, in arte Bombolo, ex venditore di piatti e stoviglie, che diventerà famoso con il Bagaglino e come compagno del maresciallo Giraldi nei Tomas Milian movies. Enrico Montesano narra che quando Bombolo non riusciva a convincere un cliente a comprare una padella, alla fine diceva: “E che ce voi dentro? Er pollo?”. Altri caratteristi interessanti sono il diligente Gastone Pescucci, nei panni di un inappuntabile maggiordomo, Stefano Amato (studente) e Gino Pagnani (cliente al distributore). Max Turilli interpreta un professore di galateo con accento tedesco, ricalcando un ruolo abituale nella sua brillante carriera da doppiatore. Stefano Amato diventerà una presenza costante nel sexy scolastico come studente grasso e imbranato, così come Gino Pagnani lo troveremo nel sexy militare e in alcune commedie di serie B. Il marito in collegio conserva tutta la sua freschezza nonostante il tempo passato, scorre come una farsa, piacevole, divertente e misurata.
Tutto suo padre (1978) è un comico puro, con elementi di farsa,costruito sulla verve romanesca di Enrico Montesano, un pizzaiolo cin crisi d’identità che si scopre improbabile figlio di Hitler. Una banda di neonazisti lo assolda, ma lui non ha le stese idee del padre e manda a monte i loro piani. Montesano imita Charlie Chaplin ne Il grande dittatore, ma non è all’altezza del compito. Il film è modesto.
Perché non facciamo l’amore? (1980) è una coproduzione italo- spagnola di buon livello interpretata da Renzo Montagnani, Barbara Bouchet, Cinzia De Ponti, Antonio Ferrandis, Manolo Gallardo, Giacomo Rizzo e Maria Luisa Merlo. Renzo Montagnani la fa da padrone in questa farsa alla Feydeau, vera e propria pochade sceneggiata da Alessandro Continenza e Francisco Lara Polop, in coppia con la sensuale Barbara Bouchet che interpreta addirittura due ruoli. La Bouchet è sia la bionda frequentatrice del dentista Montagnani che la mora sorella, padrona di una villa dove finisce il medico per rintracciare la cliente. Nella villa accade di tutto: scambi di coppie, travestimenti, intrecci erotici che terminano inesorabilmente in bianco e mogli che diventano amanti. Il filo conduttore sono le prescrizioni del medico a scopo relax sessuale, pretese dai frequentatori della villa per poter fare il comodo loro con altri amanti. Barbara Bouchet è eroticamente più generosa in altre pellicole, pur sostenendo due ruoli non concede che pochi nudi parziali e vistose scollature. Cinzia De Ponti nei panni della moglie del custode e amante del padrone è molto più disponibile. In ogni caso lo stile di Maurizio Lucidi non trascende dai limiti imposti da una commedia sofisticata.
Il marito in vacanza (1981) è il peggior film di Maurizio Lucidi, una pochade sexy con protagonista Lilli Carati che ricopre un ruolo a imitazione de L’insegnante (1975) di Nando Cicero con Edwige Fenech. La pellicola nasce come uno erotico-scolastico intitolato Il preside, i professori… con una storia un po’ diversa, ma poi viene riadattato con una sceneggiatura tipo La moglie in vacanza l’amante in città (1980) di Luciano Martino. Per la parte comica ci sono gli ottimi Bombolo e Cannavale che spaziano senza troppi problemi dai Tomas Milian movies alle sexy commedie. Lo sceneggiatore è Romano Scandariato, a suo dire tradito dalla fretta con cui viene girato il film, ma non ha scritto un capolavoro. La pellicola è una pura commedia erotica costruita sulla falsariga di molte altre, del tutto priva di originalità. Lilli Carati dopo aver insegnato scienze naturali nel suo secondo film torna a (s)vestire i panni di una professoressa che si trova in ritiro in un pessimo albergo insieme ad alcuni colleghi. La cosa buffa è che da questa riunione di insegnanti dovrebbe uscire il nome del nuovo preside, come se il ruolo di preside fosse una carica elettiva. Lucidi se ne infischia della realtà storica e dà la stura a una serie di baggianate scopiazzate da film precedenti, tradendo pure il suo stile sobrio e misurato. Non sembra neppure un suo film, ma è commedia sexy di infimo livello. Per fortuna che Bombolo e Cannavale ogni tanto ci tirano su di morale e che la Carati nuda resta sempre un bel vedere. Tra l’altro Il marito in vacanza è l’ultima commedia erotica interpretata da Lilli Carati, prima di dedicarsi al cinema erotico con Joe D’Amato e successivamente pure al porno.
Maurizio Lucidi conclude la carriera lavorando ad alcune produzioni televisive (Marco Polo, 1982, è regista della seconda unità) e si ricorda in negativo per lo stucchevole Champagne in paradiso (1983), terminato da Aldo Grimaldi, una sorta di agiografia sulla vita di Al Bano (scritta dal cantante!) e di Romina Power. Un altro passo indietro rispetto alla cinematografia delicata e misurata è il pessimo Il lupo di mare (1987), interpretato da Gigi Sammarchi e Andrea Roncato, camerieri di una nave che trasporta un sacco di belle ragazze che vendono cosmetici. Ultimi dimenticabili lavori sono il televisivo Il Gorilla (1990), Il prezzo del denaro (1995) e La casa dove abitava Corinne (1996).