Mentre la politica siciliana cambia casacca, quella Nazionale vira sul Golfo Persico

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Monta il dibattito politico siciliano sui cambi di casacca da sinistra, dal centro e ancora, da e verso destra. Sterzate che non piacciono ai capi partito e che rischiano di distogliere l’attenzione su altri temi.

Problemi ben più importanti. A cominciare dal divario sociale ed economico che continua ad esistere tra la Sicilia e il resto d’Italia. Per non parlare dei problemi emersi dopo le modifiche alla finanziaria regionale dal governo di Roma. Dalla finanziaria sarebbero stati tagliati moti fondi destinati ai comuni e alle Province, somme destinate a finanziare il pagamento delle rate dei mutui per i cosiddetti investimenti degli enti locali. Ancora più grave la decisione del governo centrale di tagliare la voce di spesa (300 milioni) prevista dal governo Schifani e destinata alle imprese in grado di assumere personale a tempo indeterminato. Una misura controcorrente molto importante. Ma che, dopo questo taglio, potrebbe incepparsi.

Altro tema delicato riportato in finanziaria quello dei forestali: da anni, si parla di assunzione degli operatori forestali e antincendio. La somma stanziata nell’ultima finanziaria per questa voce di spesa (74 milioni di euro) sembrava aver posto fine a questa annosa questione. Una scelta importante specie in vista della stagione estiva con la relativa necessità di personale per prevenire gli incendi (alcuni sono già  divampati) e per intervenire per limitare i danni. Invece, anche questa voce di spesa è stata impugnata dal Consiglio dei Ministri.

Complessivamente ad essere state tagliate dalla finanziaria approvata il 10 febbraio dall’ARS sono state decine di voci di spesa (almeno 38). Tutte spese che avrebbero potuto essere finanziate con il Fondo sviluppo e coesione, cioè con contributi nazionali.

Forse invece che dibattere su possibili cambi di casacca, sarebbe stato più opportuno concentrare l’attenzione su temi prioritari come ha ricordato il parlamentare regionale Vincenzo Figuccia: “Non è il momento di creare scontri all’interno del centrodestra – dice con toni mitigatori – ma al contrario di serrare le fila con l’unico obiettivo di rafforzare l’azione del governo regionale e rilanciare le iniziative per i territori, a partire dai quali i siciliani, hanno aspettative verso una coalizione che può fare certamente bene: lavoro, infrastrutture, agricoltura, termo-valorizzatori e turismo.
L’abbandono di un partito nel quale non ci si riconosce più ed il passaggio ad un altro, sono sempre esistiti, non trovo lo scandalo. Concentriamoci sul lavoro e su quello che si può fare, per contribuire a migliorare la qualità della vita nella nostra terra, a questo siamo chiamati”, si legge nella sua nota.

Chiaro il riferimento al problema dei rifiuti solidi urbani (che, nonostante le tante promesse, rimane una piaga aperta). O alle infrastrutture e ai servizi turistici: la proroga al 2024 del modo di gestire i siti balneari (questione che va avanti da anni) è stata bocciata e Bruxelles ha dichiarato di essere pronta a inviare un parere motivato con la richiesta all’Italia di adeguarsi entro due mesi alle regole imposte dalla direttiva Bolkestein. Con tutte le conseguenze che potrebbero derivarne per il turismo sia locale che a medio e lungo raggio.

E poi il problema della siccità: in Sicilia non è più momentaneo ma costante. E alcuni studi hanno già parlato di un 70% del territorio regionale a rischio desertificazione.

Forse, come ha dichiarato l’on. Figuccia, invece di polemizzare su temi di poco conto, sarebbe meglio cercare di trovare soluzioni a problemi ben peggiori. Una “distrazione”, quella dei partiti della maggioranza, che potrebbe costare caro: in una lettera inviata ai 27 paesi dell’UE l’alto rappresentante della politica estera UE Joseph Borrel ha indicato come candidato più adatto a ricoprire il ruolo di inviato UE per il Golfo Luigi Di Maio, che dopo essere uscito dal M5S ha fondato un nuovo partito con il quale si è presentato alle ultime elezioni ma senza essere rieletto. Una decisione che ha lasciato molti perplessi. Una decisione tecnica? E in base a quali parametri? O una decisione politica? Ma Di Maio non rappresenta né opposizione né tanto meno la maggioranza. E poi, chi avrebbe suggerito il suo nome? E in base a quali criteri?

Una decisione che suona come uno schiaffo all’Italia e alla maggioranza. E che dovrebbe far riflettere su cosa si rischia a distrarsi in beghe inutili.

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