Sono già trascorsi sei mesi dallo scoppio della guerra in Ucraina. Un giro di boa abbondantemente doppiato il venti agosto scorso. Adesso le operazioni militari, con tutte le negatività che ne conseguono, proseguono dritti in termini temporali, verso il periodo delle feste natalizie tanto care a una grande parte della popolazione mondiale. E poi continuando questo triste dipanarsi di violenze, morti e distruzioni verso il primo anniversario fissato al venti febbraio duemilaventitré.
Le domande che si pongono tutte le persone che hanno a cuore la pace sono: quando sarà decretato e firmato un armistizio che ponga fine alle ostilità? E soprattutto la guerra rimarrà contenuta in una ben definita area geografica oppure si estenderà con il coinvolgimento di altre potenze mondiali?
Come in una tragica arena ucraini e russi si stanno massacrando, anche se va specificato che i danni materiali e le distruzioni interessano il territorio ucraino che, va ricordato, in un tempo abbastanza recente faceva parte dell’Unione Sovietica. Sugli spalti spettatori molto interessati Stati Uniti, Cina, Europa, Corea del Nord in primo luogo, che partecipano fornendo armi e supporto politico all’una o l’altra fazione.
In questo contesto si inserisce prepotente la notizia della recente scomparsa di Michail Gorbaciov ex segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e padre delle riforme legate alla perestrojka e alla glasnost a partire dal millenovecentottantacinque. Con il primo termine si definisce la riorganizzazione dell’economia e della struttura politica e sociale del paese, con il secondo termine si definisce invece il processo voluto da Gorbaciov nella direzione della trasparenza degli apparati politici e militari russi. Era la consapevolezza, resa pubblica a tutto il mondo, che il sistema non poteva più reggere l’unione politicamente, socialmente ed economicamente. La caduta del muro di Berlino, di quello molto più grande, che divideva le due zone d’influenza della Germania post seconda guerra mondiale; la richiesta di indipendenza di numerosi regioni, tra queste l’Ucraina, segnarono l’indebolimento dell’Unione Sovietica fino ad allora principale antagonista degli Stati Uniti.
Il mondo grazie a questo processo di riforme di un uomo che nel millenovecentonovanta ricevette il premio Nobel per la pace, finalmente tirava un sospiro di sollievo. Il rischio di una terza guerra mondiale con l’uso massiccio del nucleare finalmente era più lontano, salvo l’entrata successiva nello scenario militare di altre potenze dotate di armi nucleari, ma questa è storia più recente.
Va da sé che non tutti i russi erano disposti ad assistere senza intervenire al processo di indebolimento dell’area sovietica e allo spostamento dell’asse mondiale verso una contrapposizione tra Stati Uniti, Cina, Corea del Nord e ritengo, ma non soltanto io naturalmente, che l’intervento militare in Ucraina sotto il governo di Putin, sia da annoverare al contesto appena descritto.
I commentatori hanno descritto l’omaggio di Vladimir Putin alla salma di Michail Gorbaciov come freddo e distaccato e le ultime notizie che rimbalzano dalle redazioni dei giornali lo danno assente ai funerali che si svolgeranno oggi. Insieme al no del Cremlino di celebrare ufficialmente funerali di stato per quello che fu l’ultimo leader dell’Urss, un chiaro messaggio all’Occidente che va in direzione opposta alla disgregazione della stessa Unione Sovietica dell’ultimo trentennio.
Ritengo per chiudere che Michail Gorbaciov fu un grande politico illuminato e giustamente insignito con il premio Nobel e per questo cito come omaggio due grandi poeti che descrissero con sofferenza le due guerre mondiali già deflagrate e già concluse: Giuseppe Ungaretti e Bertold Brecht. Mi auguro che, nel futuro prossimo, che i poeti non debbano descrivere in poesia gli eventi della terza guerra mondiale.