È trascorso un anno dal naufragio al largo di Cutro, in provincia di Crotone: nella notte tra il 25 e il 26 febbraio un’imbarcazione partita dalla Turchia si spezzò in due. Era l’ennesima carretta del mare, ma a bordo c’erano circa 180 persone. I pezzi dell’imbarcazione furono ritrovati in secca a pochi metri dal litorale. I morti furono 94. Tra loro molti bambini. Alla manifestazione dei giorni scorsi era presente anche la segretaria del PD, Elly Schlein: “Da un anno facciamo la stessa domanda: come è stato possibile che non siano uscite le motovedette della Guardia costiera per dare soccorso ad un’imbarcazione che si sapeva da ore che era in difficoltà?”, ha detto durante la manifestazione.
La realtà è diversa: tra le persone che cercano di raggiungere l’Europa via mare i morti sono un numero enorme. Secondo l’ultimo dato diffuso dall’IOM l’Organizzazione Internazionale per le Mirgazioni, dal 2014, anno di inizio del Missing Migrants Project dell’IOM (che raccoglie dati sulle morti dei migranti in tutto il mondo), in media sono stati registrati più di 4.000 decessi ogni anno sulle rotte migratorie in tutto il mondo! 63.273 migranti scomparsi di cui 29.082 solo nel Mar Mediterraneo. Un numero impressionante che potrebbe essere solo la punta dell’iceberg: di molti migranti scomparsi in mare non si ha più riscontro. La loro scomparsa spesso non viene registrata. L’unica traccia che rimane è il dolore delle loro famiglie. L’impatto delle morti e delle sparizioni dei migranti sulle loro famiglie lasciate indietro è profondo.
A gennaio si sono perse le tracce di una quarantina di giovani tunisini tra i 14 e i 30 anni: partiti la notte tra il 10 e il 11 gennaio e diretti verso le coste italiane, di loro non si hanno più notizie. A segnalare la loro scomparsa sono state le famiglie che non avevano più avuto notizie dai propri cari. Le ricerche della Guardia costiera di Sfax in coordinamento con la Marina militare lungo il tratto di costa tra Sfax e Mahdia, nel centro sud della Tunisia non hanno prodotto alcun risultato. “Sicuramente le autorità tunisine stanno facendo grossi sforzi – ha detto su Vanessa Tomassini, corrispondente da Tunisi di AgenziaNova – sia la Guardia nazionale sia le autorità marittime, anche grazie al sostegno dell’Italia, stanno portando a termine con successo su base quotidiana operazioni contro i trafficanti e contro i contrabbandieri”. “Spesso si notano questibarchini in ferro…”. Se prima per attraversare il tratto di mare che congiunge la Tunisia o la Libia con la Sicilia di usavano i gommoni ora sono queste le imbarcazioni più usate. Ma si tratta di barchini che non possono reggere il mare aperto specie se riempite in modo inverosimile di migranti. Secondo la Tomassini, al fronte tunisino, con molti tunisini e molti subsahariani che stanno cercando posti sui barconi anche in inverno, e al fronte libicosi sarebbe aggiunto un terzo fronte: il fronte algerino. La giornalista italiana che vive in Tunisia e in Libia ha descritto la sofferenza dei familiari di quelle che potrebbero essere le ennesime vittime del Mar Mediterraneo. Nei giorni scorsi, i familiari di alcuni dei dispersi hanno indetto proteste, bloccato alcune strade nei pressi di Sfax e chiesto alle autorità di fare di tutto per ritrovarli. Ma finora non sarebbe stata trovata traccia né dell’imbarcazione né dei ragazzi.
A gennaio si sono perse le tracce di un’altra carretta del mare: partita dalla Libia con una trentina di persone a bordo è stata avvistata l’ultima volta il 12 gennaio da un aereo di Frontex nell’area SAR maltese. Poi non se ne è saputo più nulla.
I viaggi dei migranti sono pericolosi già prima di intraprendere le traversate del Mar Mediterraneo. A volte prevedono l’attraversamento di aree desertiche o la sosta in Paesi (come la Libia) dove le condizioni per i migranti sono estremamente pericolose. A volte i migranti devono fare i conti con lunghi periodi di sfruttamento ai limiti della schiavitù. Non di rado i respingimenti al confine son violenti: a metà dello scorso anno alcuni giornalisti hanno accusato le autorità tunisine di aver respinto alcuni migranti lasciandoli poi in aree desertiche. Anche fenomeni come la tratta e il traffico di esseri umani sono molto più diffusi di quanto si pensi. Quelli che riescono a raggiugere la costa del Mar Mediterraneo devono affrontare nuovi pericoli. Pericoli legati alle cattive condizioni meteorologiche o al freddo o alla durata del viaggio (può richiedere giorni), ma soprattutto al fatto che spesso i migranti vengono stipati su vere e proprie bagnarole. Secondo alcuni esisterebbero anche responsabilità riconducibili alle nuove procedure di ricerca e soccorso e alle restrizioni al lavoro delle ONG. A dicembre 2023, si è verificato l’ennesima strage di migranti in mare: 61 morti su 86 partiti da Zwara, in Libia. Tra loro anche donne e bambini. Il sospetto è che, forse questa volta, si sarebbe potuto fare di più per cercare di salvarli. Il primo allarme era stato diramato dal centro di ricerca e soccorso di Roma alcuni giorni prima. Due velivoli di Frontex avevano sorvolato la zona nelle stesse ore in cui incrociava la Ocean Viking di Sos Mediterranée che aveva già salvato 26 migranti a bordo di una piccola imbarcazione. Ma alla nave umanitaria sarebbe stato dato l’ordine di fare rotta verso l’Italia, destinazione il porto di Livorno (poi sarebbe stata costretta a riparare sotto le coste della Sicilia meridionale per il maltempo).
La pericolosità di queste rotte è confermata dai numeri. Secondo l’IOM, il Mediterraneo centrale è la rotta migratoria più letale al mondo: sono oltre 17.000 i morti e scomparsi registrati da MMP dal 2014. Meno “mortali” ma pur sempre pericolose la rotta lungo il Mediterraneo orientale e quella lungo il Mediterraneo occidentale. Ma questi sono i dati accertati. Molti naufragi, molti morti in mare restano “invisibili”, le carrette del mare scompaiono senza lasciare nessun sopravvissuto che possa raccontare l’accaduto. L’MMP ha registrato sulle coste libiche centinaia di resti umani che non sono collegati a nessun naufragio registrato.
Tragedie che a volte finiscono sulle pagine dei giornali. Poi, però, in poche ore, finiscono nel dimenticatoio mediatico. E non se ne parla più. Finno alla prossima ricorrenza o al prossimo naufragio.
Il problema dei migranti scomparsi in mare non può e non deve essere limitato ad una sola disgrazia. È un problema sociale e geopolitico dalle dimensioni enormi. Ma che molti governi fingono di non vedere.