“Milano calibro 9”, un poliziottesco dalle atmosfere noir

Articolo di Paolo Quaglia

Ugo Piazza è un gangster atipico. Di indole tranquilla l’uomo esce da San Vittore per “rigare dritto”. Dopo aver saldato il conto con la legge dovrà vedersela con la sua vecchia organizzazione. Il boss di cui era sodale lo accusa di aver sottratto trecentomila dollari. Piazza sarà costretto a nascondersi per evitare la vendetta dei vecchi amici. In una Milano anni 70 la parabola di questo sospetto ladro si compirà tra vendette personali, sentimenti contrastanti e un amore difficile. Milano calibro 9 è un film del 1972 diretto da Fernando Di Leo. Esempio di poliziottesco dalle atmosfere noir racconta una vicenda di redenzione nel puro stile del cinema francese.

I personaggi del film hanno una psicologia profonda che muta con lo svilupparsi della vicenda. Ugo è un uomo buono che cerca di uscire dall’ambiente malavitoso ribadendo la buona fede ritrovata. Di Leo è maestro per confezionare un lavoro dal ritmo impressionante utilizzando al meglio pochissimi mezzi. I primi minuti del film sono da manuale. Una rappresentazione di Milano desolata che fa da cornice all’azione rende il film più francese che italiano. Il regista adatta Scerbanenco a un cinema fatto di ellissi temporali e locali notturni dove la storia è azione estranea al sentimento. Milano calibro 9 è una tragedia moderna che non dimentica l’ansia dei personaggi arrivando a farla percepire come qualcosa di reale. La forza del film è spezzare la mitizzazione del criminale riportando la sua indole a cattiveria e opportunismo. In un mondo e una città dove l’economia era in espansione il film parla di reietti dediti alla sudditanza.

Siano tirapiedi del capo o poliziotti gli uomini della vicenda hanno l’egoismo come istinto primario. Il protagonista del film è l’unico personaggio remissivo di una storia che non prevede la bontà. Da questo particolare prende il via una vicenda di locali notturni, tradimenti e amicizie molto volubili. Intrattenimento senza sbavature e senza eroi messo in scena anche grazie all’ottimo casting. Gastone Moschin funziona nella parte di Piazza per la sua recitazione pacata; Mario Ardoff sopra le righe ricalca lo spirito del criminale spietato ma con un codice.

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