Mondo cane oggi – L’orrore continua

Articolo di Gordiano Lupi

Regia di Max Steel (Stelvio Massi). Soggetto di Gabriele Crisanti. Testi di Gino Capone. Fotografia di Stelvio Massi. Musica Claudio Cimpanelli e Walter Martino. Montaggio di Cesare Bianchini. Voce fuori campo di Renzo Stacchi Effetti speciali sonori di Giului D’Angelo. Effetti speciali fotografici: Penta Studio. Direttore di produzione: Silvano Marabotti. Produce General Cine International. Distribuzione Film 2.

Nei primi anni Ottanta, il produttore romano Gabriele Crisanti si fa venire l’idea di rivitalizzare il mito del Mondo cane di Gualtiero Jacopetti e affida al regista Stelvio Massi la realizzazione di Mondo cane oggi – L’orrore continua (1985).

Stelvio Massi (1929 – 2004) è un regista specializzato nel poliziottesco (Squadra volante, Mark il poliziotto, La banda del trucido, Un poliziotto scomodo…) che muove i primi passi nel mondo del cinema come direttore della fotografia. Per questo viene ritenuto adatto per girare un mondo movie ambientato in suggestive locationes esotiche. Mondo cane oggi – L’orrore continua è l’unico mondo movie che può essere attribuito al regista, che lo firma con lo pseudonimo di Max Steel per distinguerlo dalla sua produzione più significativa. In questo lavoro si nota la competenza del Massi direttore della fotografia perché le immagini scioccanti si susseguono in modo mirabolante. Si parte con una sequenza macabra che vede un ragazzino africano morto ai bordi della strada mentre intorno a lui la vita continua. Il soggetto abbozzato da Crisanti viene sviluppato da Gino Capone che fa recitare una serie di considerazioni più o meno accettabili alla voce off di Renzo Stacchi su montaggio abbastanza approssimativo di Cesare Bianchini. La tesi di fondo è la cattiveria dell’uomo, ma anche un mondo fatto male, problematico, dove non è difficile perdersi. Le immagini sono brevi flash accompagnati da un testo ipocrita e qualunquista, poco approfondito e quasi sempre incline al doppio senso volgare e alla semplificazione. Il produttore – soggettista si sforza di raccontare aneddoti che mettono in primo piano: nudismo, palestre per modellare corpi, regine del porno, pescatrici di alghe del Pacifico, ricche grassone che si curano con le alghe, eccessi consumistici, episodi di morte, lavatori di panni asiatici, spericolati equilibristi, agopuntura come cura per malattie, tatuaggi praticati con aghi, serpenti spellati vivi per scopi alimentari, farmacisti stregoni, corride e massacri di tori, metodi afrodisiaci, tartarughe uccise per scopi energetici, bassorilievi erotici indiani, templi erotici cinesi, elefanti e vacche sacre indiane, bonzi buddisti, bagni pubblici orientali con massaggiatrici, bambini mendicanti, case indiane costruite con la cacca, tecniche assurde per curare l’impotenza e tremende visioni di mattatoi animali. La profondità del discorso latita, il modello resta Jacopetti, ma non viene raggiunto lo scopo di ricalcare i lavori ai quali il soggettista si ispira. Le immagini sono piuttosto curate e vengono montate in maniera poco serrata secondo il consolidato criterio del contrasto. Un’eccessiva attenzione alle tematiche sessuali infastidisce non poco, così come spesso si ricerca il sensazionalismo fine a se stesso. Ricordiamo la stomachevole l’autopsia di un cadavere (forse realizzata con effetti speciali) per recuperare un carico di eroina contenuto nelle viscere. Il discorso moralistico è presente quando si critica la tecnica del tatuaggio, una volta riservato a prostitute  e delinquenti, ma oggi sempre più praticato. Si ricalcano vecchi schemi con la visione di pitoni spellati e cucinati fritti o bolliti in Cina, dove sono un alimento che si consuma per strada. Negli anni Sessanta – Settanta potevano essere sconvolgenti novità, ma nel 1985 tutto sa di già visto.  Il sesso è un pallino di Crisanti che trova ogni rimedio possibile per l’impotenza maschile: si va dal cranio di scimmia triturato, al sangue di un serpente vivo e di una tartaruga, passando per il sangue di renna, per finire con le interiora crude del rettile corazzato. La morale stucchevole del duo Crisanti – Capone è che per amore di una donna si fa di tutto, anche se pure lei spesso presenta problemi di frigidità da risolvere. Da dimenticare le parti realizzate in studio per allungare il brodo, come la setta che accoglie uomini coraggiosi che si fanno mozzare le falangi delle dita. La tecnica del dito in culo contro l’impotenza è quanto di più ridicolo sia mai stato messo in scena in un set cinematografico. Vediamo pure una falsa operazione chirurgica per curare l’impotenza e le scosse elettriche per rivitalizzare. Alla donna va meglio perché pare che in Cina abbiano scoperto che per vincere la frigidità basti spaventarla avvicinandole un topo alla bocca. Ovviamente è tutto falso. Non poteva mancare un pistolotto moralistico contro i travestiti e una filippica su chi si reca a Casablanca per cambiare sesso. La tesi del soggettista è che la promiscuità eccessiva e la confusione sessuale hanno dato origine alla peste del secolo chiamata Aids. L’immagine di un uomo pieno di pustole che sarebbe morto di immunodeficienza acquisita è quanto di meno scientifico sia mai stato prodotto dalla fantasia umana. 

Non ha torto Marco Giusti a dire che Stelvio Massi prova un po’ di vergogna per aver girato un film così poco nelle sue corde. Paolo Mereghetti rincara la dose: “Assemblato con inerzia da Massi, un tardo apocrifo jacopettiano aggiornato ai tempi: più sesso (con dettagli hard) e pugni allo stomaco sulla falsariga di Le facce della morte. Il commento di Gino Capone è il solito specchietto per le allodole con massime come: Ma il mondo è fatto male perché è fatto male l’uomo o l’uomo è fatto male perché è fatto male il mondo?  Ma ormai non ci casca più nessuno”. La frase di lancio del film afferma che serve uno stomaco forte ma forse non basterà, in realtà serve soltanto uno spettatore di bocca buona.

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