“Mulholland Drive”, un film sulle emozioni del cinema

Articolo di Gordiano Lupi

Può capitare di non aver mai visto un capolavoro e di riuscire a farlo su grande schermo ventiquattro anni dopo la sua prima uscita, grazie al Cinema Metropolitan di Piombino e al critico Fabio Canessa che s’inventano una serata Cult dedicata a Mulholland Drive. Magari è un vantaggio, perché non ti metti a speculare sul significato di due storie unite da un parziale collante che si svolgono nella cornice della città dei sogni, grazie a un critico capace che (prima e dopo la visione) ti spiega che basta lasciarsi andare alle emozioni e saper entrare nel mondo del regista. Mulholland Drive è una strada di Los Angeles, dove la pellicola ha inizio con un catastrofico incidente stradale che lascia una ragazza senza memoria (Harring), quindi procede con l’amicizia (che diventa amore) tra lei e Betty Elms (Watts), un’aspirante attrice. In questa narrazione si inserisce la vicenda di un bistrattato regista di Hollywood – Theroux (Kesher) -, vessato da produttori mafiosi che lo costringono a scritturare un’attrice raccomandata. Fermiamoci con la trama, perché non conta più di tanto, almeno non quanto i simboli, perché Lynch ha voluto fare un film sul cinema e sugli stereotipi dei generi. Ergo, è del tutto inutile che lo spettatore si affanni a trovare un nesso tra le due parti del film – separate ma non del tutto distinte -, perché un nesso logico e razionale non esiste. La pellicola vuole mettere in evidenza il rapporto tra finzione e realtà, spiegare la trama significa rovinare il film, perché razionalmente non c’è niente da spiegare. Lynch è regista visionario che spesso fa a pugni con la logica, lui stesso non ha mai voluto dare una spiegazione autentica dei suoi lavori, asserendo che il cinema non deve imitare la realtà ma portare lo spettatore in una dimensione dove vigono regole diverse. Betty arriva a Hollywood e vuol fare del cinema, incontra due anziani (che rappresentano gli spettatori), presenti fino alla fine, ma nel corso della visione modificano sguardo e passione nei confronti del cinema. Quello che a prima vista può sembrare un thriller psicologico è un film onirico e visionario sul mondo del cinema che mette in primo piano tutto il male che circonda un ambiente, persino l’illusione del successo, perché lo spettatore prima esalta poi dimentica. Nel film ci sono tutti i generi del cinema, dal noir al thriller, passando per il serial killer grottesco e i gangster, quindi è opera sul cinema di genere che diventa opera sull’identità, mettendo all’indice lo strapotere dei produttori. Un lavoro compiuto e risolto che a tratti diventa musical con la complicazione finale del Club Silenzio dove alle due di notte una cantante spagnola intona uno splendido bolero, mentre un mago diabolico avverte che No hay banda, anche se i suoni sono ben percepiti. Lynch mette in chiaro che il cinema è finzione, la cantante muore sul palco ma la musica continua, non c’è orchestra ma il sonoro esiste, tutto è fittizio, al punto che inserendo una chiave in una scatolina azzurra il film cambia radicalmente. Ed è qui che lo spettatore deve cercare di non capire i collegamenti, perché non esistono legami razionali tra le due parti del film, il solo legame è dato dalle emozioni che pervadono un’opera fondamentale del cinema contemporaneo. Mulholland Drive è un film sulle emozioni del cinema, sulla messa in scena finta che dà emozioni vere, ergo è un film sul cinema, proprio come Otto e mezzo di Fellini (di cui Lynch era ammiratore). Da un punto di vista formale non dimentichiamo la colonna sonora angosciante di Angelo Badalamenti, la fotografia color pastello di Peter Deming, il montaggio concitato di Mary Sweeney, le riprese originali del regista e una tecnica sopraffina. Basti pensare all’uso della soggettiva alternata al primo piano che conferisce tensione al film e tiene lo spettatore in ansia a ogni sequenza. Mulholland Drive è cinema puro, pur nella sua assenza di logica razionale, ammantato di mistero e di tensione narrativa, anche nei momenti più incomprensibili, ricco di colpi di scena e di situazioni a effetto. Fabio Canessa conclude affermando che “Mulholland Drive è l’Otto e mezzo degli anni Duemila, il film più importante degli ultimi venticinque anni, che riesce a calare l’immaginario dello spettatore nella finzione del cinema”, in una parola Lynch fa cinema sul cinema, senza darlo troppo a vedere. Poi, se vogliamo essere per forza razionali, potremmo interpretare la prima parte del film come una visione negli ultimi istanti di vita di Betty, mentre la scatola magica aprirebbe le porte alla realtà dei fatti con le due donne nei panni di Camilla e Diane, innamorate l’una dell’altra. Quando Camilla si sposa con il regista, Diane (pervasa dalla gelosia) assolda un killer per ucciderla ma – divorata dai sensi di colpa – finisce suicida sul suo letto con un colpo di pistola. Mulholland Drive doveva essere una serie televisiva stile Twin Peaks, di cui ricalca le atmosfere torbide e misteriose, ricco com’è di elementi surreali, ma è stato trasformato in una pellicola cinematografica di oltre due ore. Premiato a Cannes come Miglior Regia, ha ottenuto molti premi ma scarso successo commerciale. Restaurato da poco, vale la pena recuperarlo, senza darsi pena se non si comprende la storia, il regista è proprio quel che vuole. È il cinema, bellezza!

Regia: David Lych. Soggetto e Sceneggiatura: David Lynch. Fotografia: Peter Deming. Montaggio: Mary Sweeney. Musiche: Angelo Badalamenti. Effetti Speciali: Gary D’Amico, Scott Billups. Scenografia: Jack Fisk, Peter Jamison, Barbara Haberecht. Costumi: Amy Stofsky. Trucco: Julie Pearce, Selina Jayne, Greg Nicotero, Howard Berger. Produttori: Neal Edelstein, Tony Krantz, Michael Polaire, Alain Sarde, Mary Sweeney. Produttore Esecutivo: Pierre Edelman. Case di Produzione: Les Films Alain Sarde, Asymmetrical Productions, Studio Canal, The Picture Factory. Distribuzione (Italia): 01 Distribution, Universal Pictures. Durata: 146’. Paesi di Produzione: Stati Uniti, Francia, 2001. Lingua Originale: Inglese. Interpreti: Naomi Watts (Betty Elms / Diane Selwyn), Laura Harring (Rita / Camilla Rhodes), Justin Theroux (Adam Kesher), Ann Miller (Catherine “Coco” Lenoix), Angelo Badalamenti (Luigi Castigliane), Mark Pellegrino (Joe Messing), Lori Heuring (Lorraine Kesher), Monty Montgomery (il cowboy), Dan Hedaya (Vincenzo Castigliane), Melissa George (Camilla Rhodes), Robert Forster (detective Harry McKnight), Brent Briscoe (detective Neal Domgaard), Marcus Graham (Vincent Darby), James Karen (Wally Brown), Chad Everett (Jimmy “Woody” Katz), Bonnie Aarons (uomo spaventoso), Patrick Fischler (Dan), Michael Cooke (Herb), Lee Grant (Louis Bonner), Rita Taggart (Linney James), Janne Bates (Irene), Dan Birnbaum (compagno di Irene), Vincent Castellanos (Ed), Rena Riffel (Laney), Geno Silva (Cookie), Richard Green (Bondar), Johanna Stein (vicina di casa), Robert Katims (Ray Hott).

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