Nelle chiesa sta per arrivare il Messale Romano con le nuove formule. Era davvero così importante in questo momento storico?

Articolo di C. Alessandro Mauceri

In un momento di grave crisi come quella che tutto il mondo sta vivendo, spesso sono necessari cambiamenti radicali. Anche nel modo di pregare: dalla prossima settimana, entrerà in vigore il nuovo decreto (anche lui avrebbe deciso di non voler essere da meno di molti capi di stato) con il quale vengono modificate alcune formule e preghiere del Messale Romano. messale romano 2020 – Chiesacattolica.it 

Come per i Dpcm anche in questo caso si è fatta grossa attenzione alle date: i cambiamenti presentati, saranno facoltativi a partire da domenica 29 Novembre, prima domenica d’Avvento e inizio dell’anno liturgico, ma diventeranno obbligatori dal 4 Aprile 2021, domenica di Pasqua!

La motivazione ufficiale sarebbe adattare meglio formule e preghiere ai testi originali (duemila anni per capirlo?), ma sono in molti a pensare che i veri motivi sarebbero altri. Il Messale, ha detto monsignor Claudio Maniago, dal 2015 presidente della Commissione episcopale per la liturgia della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, e dal 2016 membro della Congregazione vaticana per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, “contiene la norma per la celebrazione di tutta l’assemblea. È l’applicazione della visione, bella e importante, che scaturisce dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II: la responsabilità è propria del ministro, ma il prete non appartiene a una classe separata, svolge un servizio alla comunità. Chi presiede la celebrazione deve guidare la comunità, all’interno di un’armonia di registri comunicativi che permette a tutti di fare nella liturgia l’esperienza dell’incontro col Signore”.

Una modifica, quindi, che non riguarda concetti sostanziali (come la mai risolta diatriba circa i vangeli apocrifi), ma soprattutto la “forma”. Un lavoro che si inserisce nel “profondo” solco di rinnovamento liturgico portato dal Concilio Vaticano II: parole, formule, espressioni non cambiano il rito della Messa ma ne rinnovano il linguaggio sulla base dei tempi. Un cambiamento formale che ha richiesto ben 18 anni: avviato da Giovanni Paolo II è passato nelle mani di Benedetto XVI e ora di Papa Francesco che ha visto necessario, ad esempio, inserire in alcune preghiere, accanto alla parola “fratelli”, il termine “sorelle”. Una par condicio difficilmente riconducibile alla traduzione che, dopo qualche millennio, aggiunge il sesso femminile alle preghiere (ma non ai ruoli di vertice della Chiesa). La nuova versione del “Confiteor” sarà : “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle…”. E ancora: “E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle…”.

Strana anche la decisione di indicare, nel nuovo Messale, una preferenza per pronunciare, durante le celebrazioni in Italia, le invocazioni  “Kìrie, eléison” e “Christe, eléison” in greco invece che in italiano “Signore, pietà” e “Cristo, pietà”. Perchè inserire parole greche in un messale italiano non è ancora chiaro.

Un altro cambiamento riguarda il “Gloria”: la frase “uomini di buona volontà” dovrà essere sostituita da “pace in terra agli uomini, amati dal Signore” (quindi anche quelli NON di buona volontà). Ancora una volta, la giustificazione sarebbe una traduzione più fedele all’originale testo greco. Altre modifiche riguardano le Preghiere eucaristiche, quelle della consacrazione del pane e del vino: il celebrante  dovrà dire “Ecco l’Agnello di Dio colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena del Signore”.

Ma il cambiamento più rilevante, forse, è quello che riguarda il “Padre Nostro”. Una modifica, pare voluta fortemente dal Papa (e già apportata per le altre lingue da diverse conferenze episcopali). Alla fine del “Padre Nostro”, i fedeli e il celebrante non pronunceranno più le parole “non indurci in tentazione”, ma “non abbandonarci alla tentazione”. Inoltre, verrebbe aggiunto un “anche” nella parte sui debiti e i debitori.

Il Padre Nostro, l’unica preghiera insegnata da Dio e riportata nei Vangeli (le altre sono state scritte dopo), è stata riscritta (in parte) dai membri della Conferenza Episcopale. “La gente si accorgerà dell’uso di questo Messale perché sentirà preghiere rinnovate nel linguaggio, e anche alcune preghiere nuove” ha dichiarato mons. Maniago. Che ha aggiunto: “C’è stata la scelta, invece, di variare il meno possibile le parole che pronuncia l’assemblea, per evitare disagio e smarrimento…”.  

Tornano in mente le parole riportate nel Vangelo di Matteo (cap. 18 versetti 19 e 20) “In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”…

In un momento difficile come quello attuale, con milioni di persone che soffrono  e muoiono di malattie (non solo il Covid-19) e di fame, la Chiesa, invece di chiedere di pregare e di aiutare il prossimo, ha preferito imporre ai propri fedeli di “variare il meno possibile le parole”. E ha chiesto a chi ha fatto voto di povertà e poi vive nel lusso di ordinarlo.

Foto: vaticannews.va

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