Zerocalcare è l’unico autore italiano contemporaneo di cui ho letto e comprato tutto, forse perché è il solo a meritare fedeltà incondizionata per la sincerità di quel che scrive e disegna. Romanzi italiani memorabili in questo triste secolo ce ne sono pochi, tra chi rimpiange il passato (mi ci metto pure io), chi pensa che la soluzione sia scrivere noir, chi si dedica al giallo e al fantasy, chi non sa più a quale santo votarsi, scarabocchia fantascienza e la chiama narrativa distopica, ci sta che non abbia ancora capito cosa cazzo sta facendo (scusa Jannacci). Sono arrivato al punto di rileggere solo narrativa del Novecento, mentre tra i contemporanei preferisco poesia (Gabriele Galloni è stata una bella scoperta) e fumetto (tanti romanzi grafici hanno più spessore di certi inutili romanzi). Sono arrivato alla conclusione che è molto meglio lo Spider Man di Gerry Conway e Ross Andru che le boiate tardo adolescenziali di Cinzia Gamberale e di Silvia Avallone. Per par condicio di genere cito anche due scrittori inutili di sesso maschile, non è difficile: Fabio Volo e Federico Moccia. Veniamo a Zerocalcare, che dopo una strabiliante serie prodotta da Netflix torna al fumetto con Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, regalandoci cinque storie, delle quali soltanto una inedita. Il nuovo volume dello scrittore aretino (solo per caso) ma romanzo d’adozione è tracciato dal solco dell’impegno politico, anche perché dei quattro fumetti editi tre sono usciti su Internazionale e uno su L’Espresso.
Il solo inedito – Il castello di cartone – racconta le vicissitudini di Strappare lungo i bordi e tutte le paranoie che il fumettista ha dovuto subire da parte dei tanti soloni che ammonivano: Pazienza non l’avrebbe fatto! Ti sei venduto al potere! Ti sei fatto censurare! … Zerocalcare spiega che in realtà non ha subito condizionamenti di sorta ma che è stato lasciato libero di scrivere la sua storia come riteneva più opportuno, tenendo presente solo alcuni consigli del tutto opzionali che ha deciso di seguire. Ha tenuto duro su tutte le questioni di principio, tipo il massacro subito da parte della polizia al G8 di Genova, mentre ha ceduto solo su cose dove era opportuno cedere, come una maggior attenzione al linguaggio e ad alcune problematiche da analizzare secondo un’ottica femminile. Insomma, alla fine oltre a una serie di tutto rispetto (la sola serie Netflix che ho visto!) il nostro Zerocalcare ha anche partorito un fumetto niente male, una sorta di spin-off del cartone animato televisivo. Per quel che riguarda i quattro fumetti ristampati, già editi in rivista, Zerocalcare si occupa di problemi carcerari (Lontano dagli occhi lontano dal cuore), di sanità pubblica che non funziona (Romanzo sanitario), di cancel culture e tutto quel che non si può dire (La dittatura immaginaria) e della situazione in Kurdistan (Etichette). Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, come tutti gli altri lavori di Zerocalcare, merita attenzione, dimostrando una volta di più l’assunto che usando il media fumetto si può fare letteratura, secondo l’insegnamento di Umberto Eco e di Oreste Del Buono. Con buna pace di Guccini – che forse non ci credeva neppure lui quando l’ha scritto – anche con le canzonette si può far poesia, anche con un personaggio di un fumetto ben calato nella realtà si può far letteratura.