Osservare deriva dal latino observare (ob significa avanti, sopra, e servare, custodire, salvare). Gli antichi mettevano in relazione gli occhi fisici e quelli della psiche: guardando attentamente un oggetto ci si può metaforicamente appropriarne e custodirlo a lungo. Osservare è ciò che ci distingue dalle piante. Se mettiamo una pianta in una piazza piena di gente o in un giardino desolato, per lei non fa alcuna differenza. Ed è la prima fase di qualunque creazione artistica o letteraria, che si tratti di osservazione all’esterno o all’interno di te stesso (in quest’ultimo caso, si parla più specificamente di introspezione). Occorre empatia. È l’empatia a farti capire che non sei una pianta e a farti entrare in sintonia con ciò che osservi. Qual è dunque il miglior esercizio di osservazione? Probabilmente, il lavoro che puoi fare su te stesso. E non credere che osservare gli altri non abbia nulla a che fare con te stesso: in tutto ciò che scriverai ci sarà sempre un po’ del tuo vissuto. L’unica differenza tra i tuoi primi lavori e quelli realizzati dopo anni di pratica sarà che nei primi, questa presenza, questa intromissione dell’autore, è evidente, addirittura ricercata, mentre negli altri sarai stato capace di nasconderla.
Come fare a scegliere? C’è un mare di roba da descrivere se ti guardi intorno. Il problema – e questo nessuno te lo può insegnare – è come legare questi elementi tra di loro. Succede all’improvviso, è una questione di intuizioni. Dipende da te. Non esistono negozi di intuizione sul lungomare.
Ecco dieci esercizi pratici di osservazione:
1. Strofina forte una mano sulla corteccia di un albero e prendi nota (con l’altra mano) di tutto quello che ti passa per la testa mentre asciughi il sangue.
2. Rimani il più possibile immerso con la testa sott’acqua, se vuoi sapere cosa si prova a morire annegati.
3. Siediti (nudo) sul tetto di casa tua o della casa di qualcun altro. È un buon metodo per dimenticarti della tua posizione sociale e guardare quello che si vede dal tetto con più dignità.
4. Registra o trascrivi, se puoi, qualche conversazione ascoltata in giro, in metro, sull’autobus, in treno, su qualsiasi mezzo di trasporto collettivo, senza farti scoprire da chi parla. Se chi parla se ne accorge, cancella tutto. E tieni anche presente che trascrivere un dialogo non vuol dire copiarlo. Sulla carta, devi trovare altri espedienti per rendere in maniera effettiva un dialogo ascoltato per strada.
5. Se un giorno non hai idee per andare avanti o per revisionare i tuoi testi, prova a riscrivere la stessa scena da punti di vista differenti. Questa è tutta roba che non userai, servirà soltanto a esercitarti. Ciò che importa è non avere l’arroganza di credere che infilerai tutto in un libro. La metà di quello che scrivi è spazzatura, serve soltanto a mettere in moto il meccanismo.
6. Due fasi importanti di questo lavoro (in gran parte meccanico) sono la revisione e la riscrittura. In entrambe le fasi, cancellare è fondamentale, a meno che tu non voglia trastullarti con la prima versione del tuo testo, che fa quasi sempre schifo.
7. Nel descrivere un oggetto, scegliere alcune caratteristiche piuttosto che altre può servirti a stimolare l’immaginario del lettore e farlo entrare nel mondo del protagonista. Per esempio, una poltrona soffice, di velluto, introduce il lettore nell’emisfero sensoriale della morbidezza, mentre una sedia di legno vecchio dà l’idea della scomodità, della durezza. In altre parole, non lasciare che i tuoi personaggi si seggano dove pare a loro.
8. In teoria, qui si potrebbe parlare di analisi della realtà minima, oppure, come lo chiamava Eliot, correlativo oggettivo: elementi psicologici riflessi negli ambienti, il mondo interiore del protagonista descritto attraverso ciò che lo circonda.
9. Di conseguenza – ti chiederai – nessuna parola è scelta a caso, neanche per descrivere una semplice poltrona? Esatto, neanche per una semplice poltrona. A volte, per descrivere qualcosa nel modo giusto, puoi metterci un giorno intero. Le descrizioni, se esageri, possono essere noiose, ma sono anche funzionali, vale a dire, ti serviranno per altri scopi. A seconda dello scopo, scegli gli elementi che ti fanno più comodo.
10. In conclusione, osserva tutto ciò che vedi. Le storie sono sotto il tuo naso, non devi andare a cercarle lontano. Ma non scrivere mentre cammini perché rischi di non capire quello che hai scritto e di ricopiare al computer una parola al posto di un’altra.
In realtà, gli esercizi suggeriti sono solo 8, ma se sei un buon osservatore, te ne sarai già accorto. E comunque, se davvero posso darti un consiglio, non ascoltare nessuno di questi consigli, né altra roba che raccontano in giro quelli come me, perché soltanto tu saprai come descrivere il mondo che decidi di osservare e di rappresentare, sempre e solo a modo tuo.