“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo. La memoria vale proprio come vaccino contro l’indifferenza”. Come dar torto alla senatrice a vita Liliana Segre. Ma nel Giorno della Memoria è bene ricordare e combattere l’odio che viaggia sulla rete che diventa istigazione alla violenza, antisemitismo, razzismo emergenza nell’emergenza. Si perché anche in questi giorni di pandemia, come ha certificato la ricerca condotta dall’Osservatorio Mediavox dal Centro di Ricerca sulle relazioni interculturali dell’Università Cattolica di Milano e sostenuta dall’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali sui “discorsi d’odio”, si moltiplicano gli hate speech, i messaggi di odio, i post che alimentano cattiveria e discriminazione. Il giornale Vita, evidenziando i dati della ricerca ha sottolineato come il coronavirus ha moltiplicato le teorie complottiste. Secondo la professoressa Milena Santerini, Direttrice di Mediavox e docente di pedagogia: “se l’antisemitismo di ispirazione nazista è oggi appannaggio di gruppi organizzati con ideologie radicate in quel periodo buio del ‘900, sui social il fenomeno è culturale. È legato al periodo politico e di pandemia che stiamo vivendo”. L’Università Cattolica ha condotto un’indagine qualitativa e ha analizzato 900 tweet tra marzo e maggio 2020, e i cinguettii italiani di odio si attestavano attorno al 16,3%. Nuove forme di odio che viaggiano velocissime sulla rete. I temi? Complottisti al punto giusto: il controllo ebraico della finanza mondiale e anche responsabilità sulla diffusione del virus Covid 19. Tutto rigorosamente con profili falsi dove risaltavano il negazionismo della Shoah, l’inferiorità della razza ebraica e l’antigiudaismo.
E in questi giorni gli episodi si sono moltiplicati. Sempre nello stesso modo e con le stesse caratteristiche. Con neonazisti che si sono preoccupati di ribadire la loro posizione e di fare proseliti. E proprio mentre leggevo i dati della ricerca e mentre intercettavo post vomitevoli in queste ore, il pensiero non poteva che tornare al mio viaggio per visitare i venti ettari del campo di concentramento di Auschwitz e i cento settantuno ettari di Auschwitz II Birkenau. Ci sono ancora i blocchi originali del campo, le baracche e le torrette di controllo. E poi stanze piene di foto e di oggetti dei deportati, ritrovati dopo la liberazione del campo. Una stanza dove ci sono due tonnellate di capelli femminili tagliati alle vittime del nazismo. Usati anche per fare tappeti. Ed ancora i terreni su cui erano state gettate le ceneri umane, resti delle camere a gas, dei crematori, i posti in cui i medici delle SS eseguivano le selezioni, le strade attraverso cui i prigionieri venivano portati alle camere a gas, i posti in cui le famiglie ebree aspettavano di morire, i luoghi delle esecuzioni. Un’infernale macchina criminale pensata, costruita e collaudata con razionalità. Con la convinzione di eliminare fisicamente chi si doveva considerare inferiore.
C’era la dottrina nazista della razza, che proclamava la disuguaglianza biologica e il diritto dei popoli germanici ad essere considerati migliori e quindi chiamati ad eliminare i popoli peggiori. Dentro questi due campi ho camminato per ore. La sensazione è terribile: senti un buco allo stomaco, vedi immagini di essere umani che sono morti senza sapere perché. Nello stesso momento pensi che devi raccontare quello che hai visto e lottare ogni giorno perché nessuna forma di violenza o razzismo possa essere concepita e assimilata. Ma al tempo stesso vuoi dimenticare immagini che per forza ti rimangono impresse. Cose che nella vita non avresti mai pensato di vedere. Ad esempio il campo delle fucilazioni. I pali collocati perfettamente per legare persone indesiderate ed ucciderle. E poi le camere a gas. I buchi nel tetto da dove usciva il gas.
Il percorso dove poi i cadaveri venivano infilati nei forni. C’è anche una piccola stanzetta dove un giudice del Terzo Reich faceva un finto processo molto veloce per condannare a morte. E poi le righe di quelle divise tutte uguali che indossavano i cadaveri ambulanti. Luoghi di fortissimo impatto emotivo. Da visitare, da vedere, per comprendere, per capire. Chi scrive ha visto anche Le Foibe, ha sentito i racconti dei pochi che si sono salvati dalla violenza comunista dei titini. Già fascisti e comunisti accomunati da un odio verso l’altro che non è più concepibile, sopportabile. Per questo il Giorno della Memoria è importante per studiare, capire. Andare in Polonia ad Auschwitz dove i nazisti si sono esibiti nel peggiore dei loro stermini è necessario. Tutti dovrebbero farlo. Forse questo aiuterebbe ad essere meno superficiali. Anche con un profilo falso davanti ad una tastiera. Perché come ha giustamente scritto Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”