Il 3 novembre è stato approvato un importante disegno di legge dall’ARS, Assemblea Regionale Siciliana che dal 1947 è l’organo legislativo della Regione siciliana, per la prevenzione e il contrasto ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo.
Gli interventi promossi prevedono: iniziative di carattere culturale e ricreativo, programmi e progetti per la diffusione della cultura, della legalità, della dignità personale, della tutela psicofisica dei minori.
Un lavoro legislativo imponente iniziato nell’aprile del 2018 che puntava ad un obiettivo largamente condiviso e la prova proviene, infatti, dalla presentazione di tanti Ddl che andavano tutti nella stessa direzione.
La legge servirà per frenare i fenomeni di bullismo, cyberbullismo e cyberpedofilia. Inoltre, sono previsti finanziamenti per campagne di sensibilizzazione e per i corsi di formazione.
Finalmente, la Sicilia avrà una legge specifica contro i fenomeni che avvengono in rete e si potranno proteggere i minorenni che utilizzano tantissimo i telefoni cellulari. I nostri ragazzi avranno a disposizione strumenti in più per difendersi da questi assurdi fenomeni.
Non sono mancate le reazioni provenienti dal mondo della politica che hanno espresso soddisfazione per il risultato ottenuto. “La legge è un importante passo in avanti – ha affermato Cetty Mannino esperta in New Media – perché permette di allineare la Sicilia al resto delle altre regioni. Oggi, è fondamentale puntare il dito sulla prevenzione dei fenomeni in rete ed educare soprattutto i minorenni all’uso corretto dei dispositivi e della rete e per farlo è necessario coinvolgere tutta la società.”
Penso che leggi sono utili quando noi accompagniamo queste leggi a tutta una serie di attività di prevenzione. È importante mettere insieme in questa alleanza educativa istituzioni, mondo della scuola, le famiglie e le associazioni. Tutti dobbiamo collaborare per far rispettare le norme.
Io sono stato tra le persone esperte del fenomeno che è stato convocato dalla V Commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana. Mi trovo molto d’accordo con quanto dichiarato dall’amica e collega, Cetty Mannino, rispetto a quelle che devono essere le attenzioni da dare a queste problematiche.
Purtroppo, come è accaduto per tante altre leggi regionali, le risorse sono sempre poche e quindi bisognerà capire quali potranno essere le attività che si riusciranno a fare.
Dobbiamo considerare che questa legge arriva dopo una gestazione lunghissima ed è una legge bipartisan che accontenta tutti. Sfortunatamente, da quando è iniziato l’iter legislativo ad oggi sono avvenuti numerosi cambiamenti.
Mi riferisco, ad esempio, alla serie tv Squid Game che sta spopolando tra i giovanissimi, trasmessa su Netflix e che ha generato già episodi di violenza inaudita.
A Treviso un ragazzino è stato picchiato a sangue e potrei citare tanti altri casi disarmanti. Questo naturalmente ci deve far riflettere che al di là degli apparati legislativi, al di là di quello che si scrive in una legge, occorre fare un grandissimo lavoro dal punto di vista della società. Bisogna cercare di mobilitare tutti per spiegare che la rete è un luogo dove ci sono dei pericoli che non possono essere ignorati.
Il lavoro che noi possiamo fare è quello di vigilare e controllare i nostri figli e lasciare i panni dei genitori “adultescenti”. Quello che io propongo, anche nel mio libro “Figli delle App”, è un impegno costante nelle scuole per l’educazione alle emozioni e per l’educazione ad un uso consapevole delle nuove tecnologie.
Formazione che non deve riguardare solo i ragazzi, ma che deve riguardare anche i docenti. Allo stesso tempo è opportuno creare una scuola per genitori per spiegare agli adulti quali sono i rischi, i codici e i linguaggi delle nuove generazioni. Dobbiamo attivarci in questa direzione altrimenti avremo come conseguenza il ripetersi di casi di cronaca. Abbiamo già pianto abbastanza per la morte di tanti ragazzi e non possiamo più permetterci bare bianche.
Credo che dobbiamo seguire un esempio molto positivo che ci viene da tanti paesi d’Europa, e del mondo, dove i genitori si sono messi in discussione e hanno capito che nel loro ruolo di genitori rientra la necessità comprendere i linguaggi e i codici di questi ragazzi. La scuola deve discutere e ragionare su quanto sta accadendo. Quando una versione di latino può essere facilmente copiata in rete, o qualsiasi altro compito, allora forse si deve ripensare a che tipo di compiti bisogna dare a questi ragazzi.
Oggi, basta un’app per trovare tutto quello che ci serve e le nostre vite hanno subito un processo di “appificazione”. Come se non bastasse Mark Zuckeberg proprietario di Facebook, Intagram e Whatsapp, ci ha spiegato che cambierà nome al suo social più conosciuto e si occuperà del Metaverso. Infatti, il nome che ha tirato fuori, uno degli uomini più ricchi del mondo, per il suo gioiello di famiglia è Meta abbreviazione di metaverso.
Questo prefisso in tutte le lingue occidentali deriva dal greco antico metà, “μετά”, che significa “con”, “dopo”, ma anche “in mezzo a”. E proprio in mezzo a rende l’idea chiara del metaverso, un ambiente pensato a metà tra la realtà e il virtuale che già conosciamo sulla rete. Per dirla con Eric Sadin: “c’è chi si dice molto spaventato dall’instaurazione di una controllocrazia”. Una sorta di monitoring algoritmico che permette al Grande Fratello di sapere tutto di noi e di spingerci a comportamenti precisi. Il tutto nella nuova dimensione del metaverso. Tra reale e virtuale, tutto assemblato, tutto quasi vero, tutto da scoprire. Probabilmente diventerà sempre più difficile distinguere l’online dall’offline
Allora i ragazzi vanno salvati da questa era, come la chiama un filosofo francese Eric Sadin, della “controllocrazia” ma dobbiamo donargli la possibilità di continuare a sognare e di non permettere a nessuno di spezzare i loro sogni.
Foto: Unicef Italia