Il 6 febbraio 1992 nella città di Milano muore padre David Maria Turoldo, un sacerdote, un teologo, un poeta. Una figura profetica non solo all’interno della Chiesa ma anche in seno alla società civile, laica. Un antifascista. Il cardinale Carlo Maria Martini amava definirlo come un «disturbatore delle coscienze, la coscienza inquieta della Chiesa, un uomo di fede, un uomo di Dio, un amico di tutti gli uomini».
Nasce a Coderno, una piccola frazione del comune Sedegliano (Udine) nel 1916. Comprese a pieno e con intensità – come un «altro» celeberrimo friulano, Pier Paolo Pasolini – la forza e la semplicità della cultura umana della sua terra, del suo nativo ambiente contadino. Innamorato di Dio, della sua Parola, entra giovanissimo nell’Ordine dei Servi di Maria.
Nel 1941 è chiamato dal cardinale Alfredo I. Schuster a tenere importanti discorsi nel Duomo di Milano affermando con parola ferma, decisa il principio «combattendo per l’umano contro il disumano». Assegnato al convento milanese di San Carlo, frequenta l’Università Cattolica del Sacro Cuore ove si laurea in Filosofia l’11 novembre 1946 con una tesi dal titolo La fatica della ragione. Contributo per un ontologia dell’uomo compilata sotto la guida del professore Gustavo Bontadini.
Durante l’occupazione nazista di Milano (8 settembre 1943-25 aprile 1945) il convento di san Carlo diventa un punto di raccordo della Resistenza antifascista anche attraverso un periodico clandestino denominato «L’uomo».
Alla fine degli anni Quaranta e i primissimi anni Cinquanta padre Turoldo si fa a conoscere al grande pubblico grazie a due raccolte poetiche Io non ho mani (Premio letterario Saint-Vincent) e Gli occhi miei lo vedranno presentato nella collana mondadoriana «Lo specchio» da Giuseppe Ungaretti.
A seguito di prese di posizione prese da politici locali e anche dalle autorità ecclesiastiche (nulla potete fare l’allora monsignor Montini) padre Turoldo viene allontanato dall’Italia e mandato in diverse case dell’Ordine dei Servi di Maria in Austria, Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Canada. Un lungo periodo di esilio, di prova ma anche una feconda stagione culturale che lo arricchirà sempre di più facendolo conoscere e apprezzare non solo in Europa.
Nel 1955 viene fatto rientrare in Italia è viene assegnato al convento della Santissima Annunziata nella città di Firenze ove incontra personalità e anime affini alla sua sensibilità come Giorgio la Pira, padre Ernesto Balducci ecc.
Le raccolte poetiche (Udii una voce, Mie notti con Qohelet) di padre Turoldo nascono dal desiderio, dall’assenza e dalla presenza dell’Eterno, dal dramma e dalla lotta con Dio, come un nuovo Giacobbe. Una poesia-manifesto della sua esperienza umana, culturale, religiosa. Una poesia mediatrice delle lotte e istanze sociali. Tanti poeti gli furono amici come Andrea Zanzotto, Alda Merini, Luciano Erba, Biagio Mari, Franco Loi, Pier Paolo Pasolini. Quando nel novembre 1975 Pier paolo Pasolini fu atrocemente assassinato, padre Turoldo partecipa alle esequie friulane leggendo come orazione una sua lettera indirizzata alla mamma del poeta-regista-scrittore la maestra Susanna Colussi.
Tutta l’esistenza e la poetica di padre Turoldo si snoda nella ricerca di Dio, nella salvezza dell’uomo. Padre Turoldo è un «gigante» nello e dello Spirito da ri-leggere, ri-scoprire. Un profeta con «il fuoco negli occhi», un uomo cantore della Parola che accendeva nell’animo di ciascuno che ascoltava la sua voce, la sua poesia, che, raccoglie e sparge salvezza.