Sul filone erotico stile Emanuelle, D’Amato realizza, sempre nel 1978, Papaya dei Caraibi girato interamente a Santo Domingo. Sarà il primo di una lunga serie. Tra il regista e l’isola caraibica nascerà una sorta di ponte ideologico che lo accompagnerà per quasi tutta la sua vita artistica.
Il soggetto di Papaya dei Caraibi è di Roberto Gandus, la sceneggiatura di Renzo Maietto, la fotografia dello stesso Massaccesi, le musiche di Stelvio Cipriani, il montaggio di Vincenzo Tomassi. Produce Carlo Maietto per la Mercury Cinematografica, distribuisce Nucleo Internazionale.
Interpreti: Sirpa Lane (Sara), Maurice Poli (Vincent) e Melissa Chimenti (i credits dicono Melissa) nella parte di Papaya.
Non è dato sapere se D’Amato conoscesse il doppio significato che i popoli caraibici danno al termine papaya: il frutto esotico ma anche l’organo sessuale femminile. Visto il tema affrontato l’allusione ci sta tutta e si fa più esplicita nella versione spagnola intitolata Fruta sexual del Caribe.
La trama del film è di un classico esotico-erotico, genere in cui Massaccesi si specializzerà, un soft-core con leggere venature thriller. La cosa migliore della pellicola è l’ambientazione tropicale studiata nei minimi particolari. La macchina da presa si muove per strade sterrate, villaggi, foreste tropicali e fiumi di Santo Domingo. Le tradizioni locali come il vudù e lo spiritismo sono citate a piene mani, anche il merengue, musica dominicana per eccellenza, viene messa in primo piano. La trama è abbastanza semplice. Si comincia con una bella panoramica di una spiaggia tropicale e la macchina da presa si sofferma su Papaya seminuda sdraiata al sole. Un’immagine tranquillizzante subito contraddetta da un rapporto sessuale che finisce nel sangue. Papaya evira a morsi un occasionale compagno europeo e subito dopo un gruppo di dominicani dà fuoco alla capanna dove lui viveva. Il film deve la sua fama alla storica evirazione che crediamo non abbia uguali né precedenti in pellicole del genere. A questo punto entrano in scena Sirpa Lane (una giornalista in vacanza) e Maurice Poli (un geologo della centrale nucleare) che conoscono per caso la bella Papaya. In questa parte del film citiamo un combattimento tra galli ripreso dal vero, usanza delle popolazioni caraibiche. Dopo poche scene comprendiamo il ruolo della bella creola e quel che vogliono gli abitanti del paese. Papaya e i compagni ribelli cercano di impedire la costruzione di una centrale nucleare a Santo Domingo. Per far questo ricorrono a ogni mezzo, il ruolo di Papaya è quello di portarsi a letto ingegneri e geologi, farli parlare e, dopo aver ottenuto preziose informazioni, ucciderli. Questa sorte tocca pure a Maurice Poli (Vincent), mentre Sirpa Lane (Sara) viene trattenuta al villaggio con il compito di scrivere articoli a favore dei ribelli. Alla fine Sara si innamora di uno dei dominicani e finisce a letto con lui, ma la bella Papaya è gelosa della giornalista e tenta di uccidere il compagno. Papaya e Sara finiscono insieme, l’europea viene inserita nel gruppo dei ribelli e partecipa alle nuove azioni contro la centrale. Nella sequenza finale comincia tutto da capo e vediamo un altro ingegnere cadere in trappola.
Nella pellicola c’è un forte messaggio ecologista e antinucleare dalla parte dei popoli che vogliono vivere in modo naturale. “Siamo poveri ma la terra è nostra. Ci ribelliamo come possiamo. Parlare non serve, non ci ascoltano”. “Vedi come è bello qui intorno (panoramica su una spiaggia tropicale meravigliosa), le scorie nucleari contamineranno tutto”. Notiamo riferimenti antirazzisti: “Il cervello ha lo stesso colore per tutti” dice Papaya a Vincent.
Notevole la ricostruzione della “festa della pietra rotonda”, una tradizione dominicana che affonda le sue radici nel vudù e nel sincretismo religioso. Si tratta di una specie di macumba con i fedeli che si riuniscono davanti a una pietra rotonda e si scatenano in balli frenetici indossando maschere di legno. Si scannano maiali e le viscere defluiscono sul pavimento insieme al sangue che viene raccolto in capaci recipienti. Si fanno offerte floreali ai santi e gli invitati bevono il sangue del maiale, prima di passare al terribile sacrificio umano e al pasto con il cuore della vittima. Infine una negra posseduta balla una rumba inarrestabile e freme in ogni parte del corpo perdendo stille di sudore. Questa parte della pellicola è da ricordare per il forte contenuto documentaristico. Certo che la sequenza dove viene ucciso un ragazzo è soltanto recitata, ma tutto il resto è molto realistico e pare girato in presa diretta. Notevole l’attenzione ai particolari di una città coloniale fatta di strade polverose e deserte, vicoli sterrati e case di legno, appartamenti cadenti con vecchi sellon che si muovono da soli e bambini che corrono dietro ad auto scassate. Tutto molto bello.
Quello che proprio non va invece è la recitazione di Sirpa Lane e di Maurice Poli che sciupa quanto di buono il regista tenta di fare. Sirpa Lane – la nuova Bardot, secondo Roger Vadim, ma crediamo che si riferisse soltanto alla bellezza – si fa apprezzare soltanto quando tace e nelle scene dove è impegnata a far sesso. Breve la sua popolarità, dovuta a film come La bestia e in seguito ad alcuni nazi erotici. Morta di Aids nel 1999. In questa pellicola raggiunge il peggio della performance quando recita un sermone sulla violenza.
D’Amato è bravo a contaminare l’erotico con un pizzico di orrore, inserendo qua e là dettagli gore e splatter come un maiale e un uomo fatti a pezzi. La lunghezza di alcune sequenze (il viaggio in jeep è interminabile…) spesso annoia ed è un difetto che troviamo spesso nei film di questo periodo.
Da dimenticare quel che scrive qualche critico cinematografico suPapaya dei caraibi. Marco Giusti ha visto tra gli interpreti Anna Maria Napolitano: dice che recita la parte di Papaya (sic!). In realtà Papaya è Melissa Chimenti, attrice che compare in un pugno di film, tra cui Gardenia(1970) di Domenico Paolella e Carambola (1974) di Ferdinando Baldi. Si ricorda per essere stata, insieme all’effimera starlet Marcella Petrelli, la corista del famoso duo musicale anni Settanta “Gepy & Gepy”. Basta guardare il film per non confonderla con Anna Maria Napolitano (Annj Goren) che ha recitato nei porno caraibici di Massaccesi. Lo stesso Giusti sostiene che Sirpa Lane e Maurice Poli sono una coppia in crisi che cerca di rivitalizzare il matrimonio. Secondo noi ha fatto un po’ di confusione tra Papaya dei caraibi e Orgasmo nero. Perché parlare di quel che non si conosce?