Povertà in aumento nei paesi “ricchi”

Articolo di C. Alessandro Mauceri

I dati dell’ultimo rapporto della Caritas italiana sono preoccupanti: in Italia, quasi 2 milioni di famiglie sono in condizioni di povertà assoluta. Praticamente 5.571.000 persone, il 9,4% della popolazione. A questi naturalmente si devono aggiungere i poveri non “assoluti”. “Più del 70 per cento delle richieste sono di carattere economico”, ha dichiarato il presidente di Caritas italiana, monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli. Nell’ultimo periodo sono drammaticamente aumentate le richieste di aiuto per far fronte al pagamento delle “bollette”. Una situazione destinata a peggiorare ulteriormente con i rincari preannunciati e per i quali il governo non è stato capace di trovare una soluzione.

Una situazione che pare essere più comune di quanto si possa pensare anche in altri paesi “ricchi”. A cominciare dagli Stati Uniti d’America. Il presidente Biden si ostina a spendere miliardi di dollari in armi e armamenti per combattere guerre in tutto il pianeta. Dimenticando che, negli USA, i livelli di povertà continuano a far segnare numeri da primato. Sono decine di milioni gli americani costretti a fare i conti con una crisi economica tutt’altro che superata e con livelli di disoccupazione preoccupanti. I dati ufficiali parlano di cifre record (tra 26 e 46,2 milioni le persone al di sotto della soglia povertà, a seconda del livello). Numeri che cozzano tremendamente con l’ostinazione del governo di ostentare gli USA come prima potenza economica del pianeta. Un quadro allarmante fatto di povertà in aumento, redditi in discesa e di un numero impressionante di cittadini privi di copertura sanitaria. Le condizioni di vita degli americani continuano a peggiorare e il tasso di povertà in America è salito al 15,1%, il livello più alto dal 1993. Anzi, secondo alcuni, dagli anni Settanta: “Il salario mediano (corrispondente a quello percepito da chi sta esattamente a metà della scala salariale) è stagnante” e “i più poveri fra i lavoratori (quelli del decimo percentile)” percepiscono un compenso orario inferiore rispetto al 1979 di ben 4,3 punti percentuali. Secondo Oxfam America e l’Economic Policy Institute, circa “metà di tutti lavoratori americani ha una paga oraria al limite della sopravvivenza”.  In crescita il fenomeno degli homeless. Esploso durante la depressione dell’inizio degli anni Ottanta, questo problema non è mai stato risolto da nessun presidente. Negli ultimi decenni a cambiare è stata solo la “figura”. “A differenza del tipico clochard ubriacone, maschio, bianco e vecchio” ora “la popolazione dei senzatetto è formata in grande misura da famiglie e la categoria di homeless in maggior crescita è quella dei bambini”. Secondo le stime del National Center of Family Homelessness, i minori senza fissa sono almeno 2 milioni e mezzo, vale a dire uno ogni 30 bambini americani. Com’è facile immaginare, ad essere colpite in maniera più grave sono le minoranze, prima fra tutte quella degli afro-americani.






















Del problema dei bambini in condizioni di povertà nei paesi “ricchi” ha parlato anche l’OCSE. Nei paesi che ne fanno parte, in media, quasi un bambino su sette vive in condizioni di povertà di reddito (definita come un reddito disponibile non superiore alla metà della mediana nazionale). I tassi di povertà infantile (misurata dai tassi di povertà “ancorati”) sono aumentati in quasi due terzi dei paesi dell’OCSE dal periodo della Grande Recessione. In particolare in Grecia, Italia e Spagna.

Ma anche in paesi “ricchi” la situazione è tutt’altro che rosea. Nel Regno Unito, il quinto paese più ricco al mondo, sono almeno 14 milioni le persone in povertà. E di queste, almeno 1,5 milioni sono “indigenti”, cioè non possono permettersi neanche i beni di prima necessità. Anche qui la povertà infantile è in crescita: si prevede un aumento del 7% nel 2022 rispetto al 2015. Il numero dei senzatetto è aumentato del 60% rispetto al 2010 e le ‘banche del cibo’ spuntano come funghi. Una situazione che Philip Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite per la povertà estrema e i diritti umani, ha definito “una calamità sociale e un disastro economico”. “Una situazione sotto gli occhi di chiunque voglia aprirli, in un Paese che ha istituito il ministero per la prevenzione dei suicidi”, ha scritto nel suo rapporto. Dove l’ombra della Brexit, l’uscita dall’Unione europea ha avuto conseguenze pesanti in particolare sugli strati più deboli della popolazione. In Inghilterra, il numero delle persone in lista d’attesa per gli alloggi sociali è aumentato del 134%. Ma a fronte di 1,2 milioni di persone in attesa dell’alloggio, sono state costruite meno di 6mila case. E fino alla fine, il governo Johnson si è ostinato a non voler misurare la povertà alimentare (un ministro ha sminuito la rilevanza del ricorso alle banche del cibo definendolo “occasionale” e aggiungendo che queste esistono anche in molti altri Paesi occidentali).

La situazione del Regno Unito non è molto diversa da quella dei paesi dell’Unione Europea. Anche in Germania, un tempo paese “ricco” e “forte” d’Europa, i  cittadini a rischio povertà sono il 15,4% del totale. Con un aspetto comune ad altri paesi “sviluppati” dell’UE: una differenza non indifferente tra regione e regione all’interno dei confini. In alcune regioni, come Brema, situata a nord ovest della Germania, le persone a rischio povertà sono il 24,1% del totale, molte di più della media nazionale. Anche qui, i soggetti più a rischio povertà sono quelli con scarsa professionalità e un’età dai 25 anni in su (il 30,8% delle persone con queste caratteristiche sono a rischio povertà).

Secondo i dati diffusi da UNICEF al Social Summit di Porto, a maggio 2022, un quarto dei bambini e degli adolescenti europei sono a rischio di povertà o di esclusione sociale. E in alcuni paesi, i bambini e gli adolescenti italiani sono esposti a un rischio di rimanere vittime di povertà ed esclusione sociale pari al 27,7%.

Al di là dell’Oceano Atlantico, anche in Canada la situazione appare critica. Tra i paesi industrializzati il Canada è tra quelli con le più lunghe liste d’attesa medica nel sistema sanitario pubblico. Al punto che numerosi pazienti non più in grado di sopperire alle crescenti spese mediche che, con vari pretesti, sono stati “invitati” a “farsi da parte”. Come? Grazie all’introduzione del Bill C-7 (che diventerà effettivo nel marzo 2023), richiedere la “Medical Assistence in Dying” (Maid) basterà dichiarare di essere afflitti da una malattia o una disabilità che si considera “inaccettabile” per chiedere la morte assistita. Già nel 2020, uno scrittore/giornalista aveva lanciato l’allarme dicendo che promuovere la morte medicalmente assistita avrebbe fatto risparmiare molti soldi ad un paese evidentemente in grande sofferenza anche culturale. I dati su cui si basava erano quelli del rapporto “Stima dei costi per la morte medicalmente assistita” dell’Office of the Parliamentary Budget Officer, l’ufficio incaricato dal parlamento per l’analisi economica e finanziaria dei provvedimenti di legge.

Canada, Stati Uniti d’America, Regno Unito, Germania, Italia, Francia e molti altri, tutti paesi  “ricchi” accomunati da tassi di povertà elevatissimi e in continua crescita. Tutti uniti nel non volersi prendere cura di questo problema preferendo regalare soldi ad una guerra senza senso (come del resto tutte le guerre). Tutti governati da politici di “alto livello” premiati con elevati riconoscimenti internazionali ma con una scarsa comprensione dei problemi legati all’aumento della povertà e all’aumento dell’indice di Gini (che indica la distribuzione della ricchezza all’interno di un paese). Tutti pronti a varare nuove leggi e a concedere aiuti alle grandi aziende e alle multinazionali ma incapaci di salvare decine di milioni di persone dalla povertà.

FOTO: actionaid.it

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