Predicare bene e razzolare male

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Sembra essere il perno intorno al quale ruotano leader e politici in tutto il pianeta: esortano gli altri a comportarsi bene e poi sono i primi a non farlo. Anzi.

“Abbiamo una pistola climatica puntata alla testa. Viviamo in un tempo preso in prestito”. Poi aveva assicurato che “l’Unione europea è e rimarrà campione dell’azione climatica”. Furono queste le parole accorate pronunciate dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel alla COP27 che si è tenuta in Egitto alla fine dello scorso anno. Quello che Michel ha dimenticato di dire è che per partecipare a quegli incontri aveva utilizzato un grosso aereo privato. Un vero campione. Sì ma di inquinamento.

Immediata la giustificazione dal suo ufficio. Secondo la versione ufficiale, la decisione di recarsi in Egitto con un jet privato sarebbe stata presa dopo che non erano disponibili voli commerciali per riportare Michel a Bruxelles in tempo per adempiere i suoi doveri al Parlamento europeo. Una scusa che non fa che peggiorare la posizione del presidente del Consiglio europeo e del suo staff: la data dei lavori era nota da tantissimi mesi. Per non parlare del fatto che anche l’anno precedente, per la COP26 in Scozia, era stata presa la stessa decisione: anche in quel caso era stato noleggiato un jet privato. A guardare bene, quella di utilizzare jet privati per i propri spostamenti pare sia una prassi più che usuale per chi poi si erge su un palco e si professa paladino dell’ambiente. Da un’inchiesta pubblicata da Politico riguardante Charles Michel, “I dati di volo, ricevuti attraverso una richiesta di libertà di informazione, mostrano che, tra l’inizio del suo mandato, tra il 2019 e dicembre 2022, Michel ha viaggiato su aerei commerciali solo in 18 delle 112 missioni intraprese. Ha utilizzato aerei noleggiati per circa 72 viaggi”.

Una prassi più comune di quanto si pensi: sul volo in jet di Michel per la Conferenza climatica in Egitto c’era anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Anche lei “verde” a parole, ma non nei fatti. I voli privati utilizzati da leader politici per recarsi alla COP27 sono stati centinaia.

Quella di utilizzare questi mezzi estremamente inquinanti per andare a parlare di ambiente e di sviluppo è una prassi più diffusa di quanto si pensi. Lo scorso anno, per gli incontri di Davos del World Economic Forum, sono stati ben 1.040 i voli privati noleggiati da politici e altri partecipanti. La società di consulenza ambientale olandese CE Delft ha calcolato che durante l’incontro dello scorso anno, le emissioni dei jet privati sono state quattro volte superiori rispetto a una settimana media.

La realtà è che in barba a tante belle parole e tante risonanti promesse, sono proprio i leader i primi a non fare niente per l’ambiente.

In Europa, in cima alla classifica per uso i jet privati c’è il Regno Unito: secondo un’analisi della società di consulenza ambientale olandese CE Delft il ricorso a jet privati decollati dal Regno Unito è aumentato del 75% tra il 2021 e il 2022. E con i voli sono aumentate le emissioni: 500.000 tonnellate di CO2. Più che in qualsiasi altro paese europeo. L’anno scorso, dal Regno Unito è decollato un jet privato ogni sei minuti. E in molti casi questi viaggi sono stati definiti “inquinanti e inutili” da Greenpeace, in quanto così brevi che avrebbero potuto essere facilmente effettuati in treno in poche decine di minuti. Una scelta irresponsabile. Nel senso etimologico del termine: secondo un recente studio “solo l’1% delle persone è responsabile del 50% delle emissioni globali del trasporto aereo”.

Secondo il rapporto di T&E, “i jet privati sono da 5 a 14 volte più inquinanti per passeggero degli aerei commerciali e 50 volte più inquinanti dei treni, un divario che aumenterà man mano che gli utenti di jet privati si sposteranno verso aerei più grandi e più inquinanti dei loro voli commerciali alternativi”. Per questo motivo T&E aveva suggerito alle autorità di regolamentazione di regolamentare il settore in modo ecologico. Ma non se ne è fatto niente.

É questa la triste realtà. Da un lato c’è la popolazione mondiale. Quella che muore di fame per le carestie legate ai cambiamenti climatici. Quella che soffre per le conseguenze dell’aumento delle emissioni di CO2. Quella che cerca di sopravvivere agli allagamenti e alle esondazioni dei fiumi (chi ha più sentito parlare della situazione del Pakistan?). Quella che, a ben guardare, non ha mai volato: “L’80% della popolazione mondiale non ha mai nemmeno volato” ha dichiarato Klara Maria Schenk, attivista dei trasporti per la campagna europea di mobilità di Greenpeace, che ha definito l’uso e l’abuso di jet privati “una sgradevole masterclass di ipocrisia”.

Dall’altro ci sono “loro”: i “capi”, i “leader”, quelli che proprio per il ruolo che ricoprono dovrebbero prendersi cura del resto della popolazione. Quelli che pensano di poter fare tutto, che tutto ciò che fanno sia giustificato e giustificabile. Quelli che potrebbero ricorrere ai loro potenti mezzi informatici (come è avvenuto nel forum organizzato da Biden) ma lo fanno solo quando fa comodo a loro. Quelli che prendono scelte spesso insensate e al limite del ridicolo. Quelli che parlano di ambiente e fingono di non sapere che “un miliardo di bambini, circa la metà della popolazione mondiale totale di bambini, è esposto a rischio estremamente alto a causa di una combinazione letale di elevata esposizione a pericoli climatici e servizi essenziali insufficienti per aiutarli ad affrontarli” come ha dichiarato UNICEF nei giorni scorsi.

Quelli che predicano bene… e razzolano male.

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