Il 17 febbraio, alle ore 18.00, sono intervenuta alla presentazione del libro del professore Carmelo Vecchio dal titolo: Genesi Fotografica del “Mastro don Gesualdo” di Giovanni Verga. L’incontro si è svolto presso la sala Consiliare del Comune di Vizzini ed è stato moderato, in modo eccellente e con estrema cura, dal Vicesindaco Fabiola Di Benedetto. Insieme a me il prof. Massimo Papa e la prof.ssa Margherita Riggio. La meravigliosa Lisa Amato ha letto alcuni passi del Mastro don Gesualdo, coinvolgendo il pubblico attento e silenzioso. Presenti anche gli studenti dell’istituto Omn. “G. Verga” di Vizzini, guidati dalle prof.sse Maria Rita Tiralosi e Gilda Amore. Un momento ricco di emozioni e di fascino.
Chi è Carmelo Vecchio? L’autore è nato a Vizzini dove compie gli studi fino al conseguimento del diploma presso l’ITC “V.E. Orlando”. Si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia, corso di laurea in Lingue e Letterature straniere Moderne, dell’Università degli Studi di Catania dove si laurea in Lingua e Letteratura Inglese con una tesi sul tema dell’immigrazione e dell’assimilazione nella società americana fra la seconda metà dell’Ottocento ed il primo Novecento, attraverso l’opera letteraria dello scrittore realista ebreo-americano Abraham Cahan (“La Narrativa Inglese di Abraham Cahan, 1982). La sua formazione trova compimento in numerosi soggiorni all’estero, in particolare presso il Polytechnic of Languages – University of London e il College of Staten Island – City University of New York. Ha insegnato in diverse scuole superiori di Milano e provincia e, negli ultimi quindici anni, in un liceo di Orvieto, dove vive con la famiglia. Il suo legame con Vizzini, tuttavia, non si è mai interrotto. Da sempre appassionato di fotografia amatoriale, si è dedicato alla ricerca fotografica del paese natio, sia come luogo della memoria che come scenario naturale della narrativa verista del Verga.
Quando il professore Vecchio mi ha contattata, durante la stesura del suo libro, ho provato una grande gioia e con entusiasmo ho atteso che ultimasse la sua opera.
Dopo aver letto il volume, ho subito pensato ad una bellissima citazione dello scrittore di aforismi vivente più citato al mondo, Fabrizio Caramagna, che recita: “Il mio paese. È casa, radici, colori, respiri, sangue, orizzonte che mi appartiene. E una strada che porta sempre dove bisogna essere, in quel punto esatto della felicità”. Parole che vogliono condurre all’importanza di uno dei fondamenti della società civile: l’amore per la propria terra e per il proprio territorio. Amore e rispetto sono due “paroline magiche” che lo scrittore vuole comunicare ai suoi lettori. Oggi, tendiamo a dimenticarle e abbiamo bisogno di recuperare il loro valore.
Le mie impressioni sono state confermate dall’epigrafe scelta dall’autore ovvero quella frase – una dedica, una citazione, un’anticipazione – che troviamo scritta all’inizio del libro. Carmelo Vecchio ha scelto alcune righe del romanzo “La luna e i falò” di Cesare Pavese: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Le parole di Cesare Pavese diventano una chiave di lettura del testo.
Carmelo Vecchio, attraverso l’uso delle immagini e delle parole, cerca di accarezzare i ricordi dei suoi lettori poiché, con impegno e attenzione, ha affrontato la genesi di uno dei capolavori di Giovanni Verga, scrittore e maestro del Verismo italiano. Un viaggio e una ricostruzione che si articola lungo le viuzze e vicoli della città di Vizzini. Ogni angolo di Vizzini, immortalato dal professore Vecchio, ci aiuta a riscoprire quella parte della Sicilia descritta dalle opere di Giovanni Verga.
Vivere a Vizzini significa riuscire a provare quelle emozioni, quei sapori e quelle sensazioni, catturate dalla penna di Giovanni Verga. L’anima respira quella memoria e desidera conoscere ogni particolare di quelle storie che il Verga ha raccontato nelle sue straordinarie pagine. Vizzini è meravigliosa e assomiglia ad un enorme palcoscenico, dove si muovono ancora oggi i personaggi verghiani, sembra di vederli e di toccarli.
Ogni pietra ci parla del Verga e già nella piazza principale del paese, Piazza Umberto I, c’è il palazzo dello scrittore sulla cui facciata si trova una lapide che recita: “In questa casa visse con le creature dell’alta sua fantasia Giovanni Verga che dalle passioni, dalle cadute, dai risorgimenti degli umili trasse il mondo dei vinti”. Un significato intenso che comunica il senso della poetica verghiana.
L’autore è riuscito a cogliere ogni aspetto della città e lo ha fatto con estrema sensibilità, dimostrando il suo senso di appartenenza. Noi vizzinesi dobbiamo essere in grado di guardare oltre per comprendere che il “nostro” Verga è un autore di grande interesse non solo a livello locale o regionale, ma anche a livello nazionale e internazionale.
Scrivere è un’operazione che presenta molteplici aspetti e rappresenta uno dei pochi mezzi per donare l’eternità alle proprie consapevolezze, alle proprie percezioni e a volte anche ai propri dubbi. Infatti, la scrittura rappresenta un arcobaleno straordinario che parte dall’animo dello scrittore e raggiunge i lettori. Quando il lettore si sente parte del testo, l’espediente del patto narrativo tra lettore e autore può dirsi perfettamente riuscito.
Il professore Vecchio ha donato a Vizzini un’opera profonda e ricca di spunti di riflessione, analizzando l’intera produzione letteraria del Verga che include novelle e romanzi, affrontando la complessità di uno dei romanzi del “Ciclo dei Vinti”.
Col “Ciclo dei Vinti” Verga intende scrivere cinque romanzi per mostrare come agisce la spinta al miglioramento e al progresso sui diversi ceti sociali, a partire dai più umili fino ai ceti più elevati. Egli applica il principio darwiniano della lotta per la vita, che vede i più forti prevalere sui più umili e deboli. Purtroppo, furono realizzati solo i primi due romanzi, il terzo fu iniziato e poi abbandonato, anche a causa del complicarsi dei meccanismi sociali che avrebbero reso impossibile l’adozione di un linguaggio popolare. Questo l’ordine dei romanzi: I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, La duchessa di Leyra di cui sono rimasti il I° cap e alcuni frammenti del II°, L’onorevole Scipioni e L’uomo di lusso.
Mastro don Gesualdo, pubblicato nel 1889, è il secondo romanzo del ciclo dei vinti e vede l’ascesa sociale di Gesualdo Motta, un manovale che sposa una donna aristocratica, Bianca Trao.
La vita del protagonista dominata da valori economici e dalla smania di possesso si svolge in un clima affettivo ed esistenziale desolante che lo farà morire solo, nella ricca casa della figlia Isabella. La costruzione della vicenda è condotta da una voce narrante autonoma, che spesso interviene con osservazioni e commenti personali.
Il Mastro don Gesualdo ha come fulcro d’ambientazione Vizzini e abbraccia un ampio spazio che comprende palazzi e chiese, in un incantevole mosaico di sentimenti e impressioni. Il teatro della vicenda è Palazzo Trao, sito in via Santa Maria dei Greci. Alla fine della sua incantevole facciata, sulla destra, c’è una piccola stradina e in fondo si trova la casa natìa di Gesualdo Motta. Oggi Palazzo Trao è sede del Museo dell’ “Immaginario Verghiano” suddiviso in diverse aree di interesse e sono tanti i visitatori che vengono a scoprirlo.
L’autore ci ha aiutato a rivivere l’ambientazione del Mastro don Gesualdo, attuando un piano della narrazione, alquanto sottile, scandendo il ritmo attraverso una suddivisione in 4 parti ben distinte e chiare.
La nostra era ci mostra quanto tutto scorre veloce e come non ci sia il tempo per fermarsi a pensare. Non riusciamo a saziare la nostra irrefrenabile voglia di fotografie, video e intrattenimento da display, perché abbiamo bisogno di condividere sui nostri social preferiti la nostra quotidianità. A volte non riusciamo a o fare a meno di accostare a una certa visione un accompagnamento testuale, ponendo sotto ad ogni immagine un riferimento.
Immagini e parole sono senza due armi indispensabili ed imprescindibili quando si vuole comunicare. Ecco perché un libro come questo rievoca il passato ed è anche moderno, perché rispetta i nuovi codici e i nuovi linguaggi contemporanei. Ritengo che in molti apprezzeranno questo lavoro e che quanti non abitano più a Vizzini avranno il piacere di rivedere lo splendore del borgo.
È necessario visitare Vizzini per ammirare le meraviglie dell’itinerario verghiano. Basta equipaggiarsi portando con sé i libri del Verga, per leggere le novelle durante il percorso, e le cuffie per ascoltare le note di Pietro Mascagni sui luoghi di Cavalleria rusticana. Un viaggio favoloso che mostra i segreti di una cittadina piena di cultura e ricca di patrimonio artistico. I nostri giovani vizzinesi sono estremamente fortunati, perché hanno la possibilità di leggere le opere del Verga sui luoghi d’ambientazione che in tanti ci invidiano. Sicuramente, questo è uno dei percorsi da consigliare a chiunque voglia accostarsi alla letteratura verista e al grande Giovanni Verga. Certamente, è il viaggio che Carmelo Vecchio suggerisce ai suoi lettori e io lo ringrazio per avermi aiutata a sognare.