Presentazione di “Servi disobbedienti” – parlando di Leonardo Sciascia e Michele Pantaleone a Milano

Articolo di Redazione

Un pomeriggio caldo a Milano, sembra agosto senza esserlo. In un luogo conosciuto negli anni della mia giovinezza, Società Umanitaria. Entrarci è stata un’emozione e incontrare uno scrittore conosciuto l’estate scorsa in un altro luogo è stata un’altra emozione. Spazio e tempo diluiti per un appuntamento inaspettato durante il mio soggiorno milanese.

Si può arrivare a una presentazione senza aver letto il libro?

Non l’ho mai ritenuto possibile nella mia visione di questo genere di eventi, ma adesso ho cambiato opinione. Questo libro si può leggere dopo, perché lo scrittore lo porta a noi con lo scorrere di parole e immagini, parole e immagini appropriate e opportune attraverso uno schermo su un palcoscenico. L’attore – scrittore parla in piedi con emozione per le parole dette e soprattutto per le parole non dette che affiorano a quelle nascoste. Sarà compito del lettore cercarle nel testo.

Può la presentazione di un libro diventare una lezione di storia?

Può la presentazione di un libro tracciare percorsi?

La risposta alla prima domanda contiene un grande Si.

L’autore mostra e accompagna il proprio libro attraverso una serie di slide composte da parole e immagini. Una leggera sorpresa, seguita da un’altra sorpresa: l’avvicinarsi agli argomenti con accennata ammirazione che si trasforma quasi subito in un evidente rispetto delle due figure trattate in primo piano: Sciascia e Pantaleone.

La risposta alla seconda domanda contiene un altro grande Si.

Percorsi. Tanti percorsi.

Percorsi di mafia, strade e tratti precisi. Percorsi tragici. Percorsi di politica. Una lista di percorsi contraddistinti da un disegno comune e che attraversano le vite dei due protagonisti in modo, a volte, paradossale e a volte incomprensibile.

Una presentazione come un percorso storico.

Lo scrittore gioca a connettersi e riconnettersi alla realtà di allora e a quella dei giorni nostri. E a chi ascolta resta il compito di capire che non è un gioco, forse una farsa umana ben costruita e allestita.

Ancora Gino Pantaleone riferisce di contesti e li colloca all’interno di un contesto- contenitore quale è la Sicilia.

A Milano in quella sala penso che il libro meriti un’attenzione attiva, da far ascoltare e leggere a platee di giovani per parlare di legalità in modo consapevole (parola molto in voga tanto da banalizzarne il significato) e a platee di uomini e donne, tutti e tutte, per essere in grado di parlare di legalità e non blaterare attorno ad essa.

Durante il tragitto in tram per raggiungere mio figlio ho iniziato a leggere questo libro con forza, quella forza non data dall’argomento né dalle grandi figure alle quali si fa riferimento, ma alla forza dei contenuti già argomentati.

“..:..Il fatto è che ho constatato attraverso la mia esperienza di vita che un uomo solo non mi ha mai fatto paura, invece l’uomo organizzato mi ha fatto molto paura”. Fabrizio De Andrè.

Citazione all’interno del libro. Concludo con questo.

Libro per pensare a percorsi di speranza per comprendere i percorsi di paura affrontati da esseri umani come noi.

Anna Laurà

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