Ricordo i tempi in cui correvamo a perdifiato sul tappeto verde del Magona, prendevamo posto sulle gradinate ampie e basse, sui sedili di ferro della vecchia tribuna verde, incitavamo i ragazzi che vestivano la maglia nerazzurra. Piombino, amore mio! Potrei esclamare, parafrasando titoli di famosi romanzi, perché la mia unica vera squadra, la sola che ho sempre seguito è l’Unione Sportiva Piombino, qualunque nome portasse, quel che contava era il colore delle maglie. Non sarebbe potuto essere altrimenti, visto il mio ruolo di arbitro di calcio, interpretato dal 1976 al 1999, dopo aver tentato con scarsi risultati di vestire la tanto amata maglia nerazzurra. Il Piombino era la sola squadra che non avrei mai potuto arbitrare in una competizione ufficiale, perché era la formazione del luogo natio, la compagine della mia città. Confesso la mia difficoltà a dirigere persino alcune amichevoli, perché il nerazzurro cancellava l’imparzialità di giudizio.
La squadra cittadina adesso si chiama Atletico Piombino, come Unione Sportiva ha vissuto un periodo glorioso negli anni Cinquanta, con l’esperienza della serie B e la vittoria per tre reti a una sulla Roma di Nordahl. Era il 18 novembre del 1951. Pen-sare che il 18 novembre è anche il giorno del mio matrimonio (qualche anno dopo, nel 1998), così ho due buoni motivi per festeggiare, posso dirlo tranquillo tanto mia moglie non ci sente, non ama il calcio. Un Piombino fantastico, irripetibile, incredibile che si permetteva il lusso di malmenare compagini come Genoa (2-0), Venezia (3-0), Verona (2-0) Treviso (4-0)…
Alcuni anni dopo, una storica amichevole disputata al Magona contro la Lazio, il primo settembre del 1955, terminata 3 a 1 per i biancocelesti romani, vide i calciatori locali protagonisti di una grande prova. Molte amichevoli contro club di serie A si sono susseguite negli anni Settanta: Fiorentina, Juventus, Sampdoria, Perugia, Torino (ai tempi di Agroppi), vinte dai club più prestigiosi, seguite da un grande pubblico che affollava gli spalti del Magona. Il Piombino calcio negli anni Ottanta ha vissuto periodi di decadenza, due fallimenti e campionati di basso livello come la Seconda e la Terza Categoria. Dal 2013 è cominciata la resurrezione: la squadra è tornata in Promozione, nel 2014 di nuovo in Eccellenza, partecipando agli spareggi per la Serie D nel 2016 – 2017, retrocessa in Promozione al termine di un’infausta stagione 2018 – 2019, quindi nel 2020, pur non terminando il campionato causa pandemia, promossa in Eccellenza come seconda classificata, dietro la capolista Certaldo. Il sogno della massima categoria regionale è durato poco perché il Piombino è di nuovo retrocesso e adesso naviga in Promozione, in attesa di tempi migliori. Il pubblico che segue la squadra non è più quello di Piombino – Roma, neppure quello dei Piombino – Cecina, Piombino – Rosignano, dei campionati dilettanti negli anni Settanta, che vedevano al Magona un minimo di mille spettatori per domenica. Conservo la memoria di un derby anni Settanta disputato contro il Cecina alla presenza di ben 7.000 spettatori.
Lo Stadio Magona d’Italia, costruito dall’azienda siderurgica come sede del dopolavoro, era un vero gioiello: tribuna coperta (adesso distrutta) addossata agli spogliatoi in muratura, gradinata (sul lato opposto), curva (lato Tolla), aveva persino un sottopassaggio per entrare in campo (e quello rimane!) e poteva contenere 12.000 spettatori. Il Magona si è andato deteriorando con il tempo, per l’incuria e la sempre più scarsa passione calcistica dei piombinesi verso la loro squadra. La vecchia tribuna adesso non esiste più, la curva è stata chiusa per molto tempo, riaperta con la promozione in Eccellenza (2014), resa di nuovo agibile nel 2019 da un gruppo di volontari, insieme al rifacimento del sottopassaggio. Per anni si è parlato di un progetto Unicoop Tirreno per costruire al posto dello stadio un centro commerciale, con nuova edificazione in altra zona cittadina di un complesso sportivo. La speranza è che tale idea nefasta sia stata accantonata per sempre: il Magona è troppo importante da un punto di vista storico e sentimentale per scomparire. Ha solo bisogno di un restauro e di un ampliamento, di un lavoro di trucco e parrucco (come dicono i cinefili), ma lo stadio dovrà restare nel suo sito d’elezione, in viale Regina Margherita. Non dovrà fare la fine del Campino Marrone, il glorioso Magona Sussidiario dove giocavano le giovanili, sacrificato sull’altare di un parcheggio.
Il calcio è il più antico sport di squadra cittadino, nato nel 1921, gode di un bel libro scritto da Gianfranco Benedettini nel 1971, – Cinquant’anni in nerazzurro -, in occasione del cinquantenario della società. Il Piombino calcio nasce da alcune riunioni di giovani studenti e operai in casa di Dante Gronchi (Sciaurino), a partire dal 1919, subito dopo la fine della Grande Guerra. La prima società di calcio si chiama Sempre Avanti e viene conglobata nella società di ginnastica e di scherma. L’Unione Sportiva Piombino nasce in casa Gronchi, ma il gioco del calcio viene por-tato in città dal dottor Florestano Belleni e da un sottufficiale della Guardia di Finanza. Pionieri sono i fratelli Bianchi, Guasconi e Pepi, i giovani Nassi, Pavoletti e Talini. Primo Presidente il signor Emanuele Russo, primi colori sociali maglia bianca con taschino azzurro. L’ingegner Lanza concede il piccolo campo della Tolla, dove si giocano le prime romantiche partite amichevoli, senza un vero e proprio campionato. Benedettini ricorda la prima gara disputata dal Piombino contro i Pompieri del Can-tiere Navale Venezia, finita quattro a zero per i nostri colori. Una volta chiuso il campo della Tolla si gioca al padule di Pontedoro, nei campi di via Leonardo Da Vinci, infine il Comune concede il vecchio Campo di Sansone, l’odierna piazza Dante. Il primo vero campo sportivo piombinese è proprio quello, spalato e messo a posto dagli stessi giovani calciatori che si trovano a giocare dopo il lavoro. Quando piazza Dante non basta più, la società Ilva concede il terreno davanti allo stabilimento (davanti all’odierno MacDonald) dove viene edificato il Campo Sportivo Salvestrini, un vero stadio con tribuna, spogliatoi e pista per le corse in bicicletta. Lo stadio viene inaugurato il 20 agosto 1924, il Piombino fuso con la società di ginnastica si chiama USSAP (Unione Sportiva Sempre Avanti Piombino), e perde per 4 a 0 un’amichevole con il Livorno. Si comincia a fare sul serio, anche se tutto è molto pioneristico e disorganizzato, con l’iscrizione al primo campionato di Terza Divisione. La palla di cuoio è uno sport britannico che vince la diffidenza di quanti lo considerano un gioco assurdo, buono solo per prendersi un malanno correndo al freddo e con i calzoni corti. Il calcio diventa lo sport cittadino per eccellenza e comincia a coinvolgere un buon pubblico che non si può contenere dietro le corde di Piazza Dante. Potrei raccontare molte leggende sul periodo eroico del Salvestrini e del vecchio Stadio Magona. Tra le tante, la più gettonata è quella del Piombino che batte la Roma nel campionato di serie B 1951 – 52 ed è una storia che si tramanda di padre in figlio. Nei primi anni Cinquanta Piombino vive il suo miglior periodo economico e sociale, la Toscana guarda alla nostra città come a un paese di bengodi dove non mancano pane e fumo. L’industria dell’acciaio è fiorente, la Magona finanzia la squadra di calcio, il dopolavoro gestisce il campo sportivo e i calciatori nerazzurri vivono come veri professionisti. Una città di trentatremila abitanti dà alla squadra di calcio milleduecento abbonati che sono linfa vitale per andare avanti. Tre anni di serie B che lasciano il segno ed entrano a buon diritto nella leggenda, soprattutto perché nel 1951 – 52 il Piombino si trova a un passo dall’essere promosso in serie A. Pure qui ricordiamo la leggenda metropolitana delle partite vendute, perse per non essere promossi, perché il campionato maggiore sarebbe costato troppo. In ogni caso quel Piombino è una rivelazione incredibile e fronteggia alla pari Roma e Genoa (nelle partite casalinghe vince con entrambe), in passato campioni d’Italia. Il Piombino che il 18 novembre del 1951 batte la Roma per tre reti a una è allenato da Fioravante Baldi, contestato a inizio campionato perché non vuole grandi acquisti e portato in trionfo dopo la vittoria sulla capolista. Il segreto di Baldi sta nel sempre valido squadra che vince non si tocca e lui dopo aver vinto il campionato di serie C chiede alla società di modificare l’organico il meno possibile. Baldi partecipa alla serie B con un gruppo di uomini affiatati, che saranno pure modesti calciatori ma si conoscono a memoria, di sicuro più di tanti campioni strapagati che litigano in campo. Il Piombino ha un gioco e una personalità ben definita frutto di un campionato di serie C vinto alla grande. La Roma è travolta da un avversario pieno di entusiasmo e i quattromila tifosi che hanno invaso Piombino se ne tornano a casa sotto un coro di sfottò della tifoseria toscana. Il mito della serie B a Piombino è duro a morire. Se con un piombinese di mezza età il discorso cade su argomenti calcistici state pur certi che prima o poi ve l’ammolla quel noi s’è fatto la serie B, anche se lui manco era nato nel 1951. Ve lo dico per esperienza, ché non ricordo quante volte l’ho detta questa frase per giustificare la mediocrità attuale del calcio piombinese. Nel 1951 il Piombino resta a lungo capolista e molti sognano a occhi aperti la serie A, specie dopo la vittoria sulla Roma. È la nona giornata del primo campionato di serie B e la città è invasa da bandiere giallorosse, torpedoni e treni speciali. Franco Biegi, in un articolo del Tirreno di Livorno datato 1996, ricorda diecimila romani che in realtà sono soltanto quattromila, ma si sa che il tempo ingigantisce le cose. In ogni caso è vero che sembra d’essere a Roma, si vedono solo le loro bandiere che alla fine arrotolano silenziosi sotto i fischi dei piombinesi riuniti sulla via Provinciale all’uscita della città. Il Piombino batte la Roma e balza in testa, ma chiude il campionato solo al sesto posto dietro Roma, Brescia, Messina, Genoa e Catania. Il sogno della massima serie sfuma, forse è meglio così perché la squadra vive sull’entusiasmo della matricola e sul catenaccio inventato da Baldi che schiera un calciatore nel ruolo di battitore libero. Difesa e contropiede sono le armi italianissime di quel Piombino che sconfigge la Roma di Nordahl II, Andersson e Sundqvist in quello storico pomeriggio del 18 novembre. Le reti portano la firma del bomber Biagioli (doppietta, una su rigore) e di Montiani. Di quel Piombino ricordiamo con simpatia il maestro elementare Zucchinali che correva i cento metri in undici secondi netti e anche i fratelli Bonci (Irio ed Emilio), schierati uno come centrocampista, l’altro da battitore libero. Ma tutta la squadra merita un ricordo perché era un gruppo valido e compatto, una compagine leggendaria. Il portiere Carlotti, una sicurezza del reparto arretrato, Mezzacapo, piombinese purosangue idolo del Cotone, Coeli, spietato francobollatore di attaccanti, Ortolano, mediano redditizio e scaltro, Lancioni, abile sia di piede che di testa, Morisco, infaticabile ala tornante, Biagioli, attaccante fiorentino veloce e furbo, Cozzolini, mezz’ala sistemista, Bodini e Montiani, attaccanti puri, capitan Zucchinali, personificazione umana del simbolico topolino nerazzurro. Era una squadra fatta di operai per una città operaia che viveva e lavorava per la sua domenica di calcio, costruita pezzo per pezzo da un allenatore intelligente come Fioravante Baldi. La partenza di Baldi per altri lidi dà il via al declino, prima con il fiorentino Nello Bechelli con cui il Piombino si salva a stento, poi con l’allenatore-giocatore Ferruccio Valcareggi (ha trentatré anni e fa il centromediano) che arriva nel periodo di crisi nera della Magona. Nel 1953 – 54 giunge la prevista retrocessione in serie C, anticipata dalla chiusura dei cordoni della borsa da parte di una Magona sempre più in difficoltà. È proprio il caso di dire che a Piombino tutto ruota attorno all’acciaio, pure le fortune calcistiche: sino a quando la siderurgia è il motore trainante della città le cose girano a dovere. Argomento che sviscerato in due miei romanzi che ruotano intorno al mondo del calcio e che vedono protagonista un giocatore piombinese che ritorna ai suoi lidi dopo aver calcato palcoscenici importanti: Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino e Sogni e altiforni – Piombino Trani senza ritorno. Il pallone si sgonfia senza rimedio con la chiusura della Magona (1955), vero sponsor delle locali glorie calcistiche. Dal 1955 in poi è tutto un susseguirsi di alti e bassi con un vivacchiare tra Serie D e campionati dilettanti. Si pensa di aver toccato il fondo nel 1987 con la retrocessione in Seconda Categoria, purtroppo al peggio non c’è mai fine: la stagione 2004 – 2005 vede l’Atletico Piombino in Terza Categoria. In questo periodo storico è di nuovo altalena tra Eccellenza e Promozione, ma questo meraviglioso libro a fumetti ci permette di rivivere un momento indimenticabile del nostro passato.