Ricordare Franco Micheletti è un preciso obbligo morale ma anche un piacere, rileggere le sue parole – come di tanto in tanto ci capita – una scuola di scrittura e di vita, uno sfogliare ricordi e memoria storica fatta di piccoli uomini indimenticabili, di aneddoti, di personaggi della nostra amata provincia. A volte mi dico che se non ci fosse stato Micheletti non avrei mai scritto una frase del mio Amarcord piombinese, perché è stato lui il primo, l’iniziatore d’una poetica del ricordo, velata d’ironia, permeata di compassione per gli ultimi, di rispetto e sognante declamazione da grande narratore orale qual era, al punto che le sue opere migliori – novello Socrate – sono quelle che ha raccontato agli amici seduto al Bar Cristallo. Ed è stata una fortuna averle sentite dalla sua viva voce che ancora risuona da parole rimaste indelebili nella memoria. Abbiamo scritto insieme Piombino tra storia e leggenda (con la pittrice Elena Migliorini); Franco ha pubblicato con me Piombino com’era, Storie di Bassa Maremma, Piombino in bianco e nero e Cronache maremmane, libri indimenticabili, da custodire gelosamente nella libreria del ricordo di una terra che sta scomparendo, fagocitata da un presente anonimo, troppo diverso dal passato. Era un preciso dovere morale ristampare tutto dopo la sua morte, rendere l’opera di Franco disponibile per chiunque volesse leggerla per capire quel che siamo stati; sono convinto che lui l’avrebbe voluto e l’ho fatto, proprio come mi piacerebbe che qualcuno – un giorno, spero lontano – avesse cura dei miei piccoli libri. Caro Franco, le tue parole sono tutte qui, custodite come briciole di sogni, piccole particelle di materia inconsistente, ricordi fermati su pagine bianche. Sono in buona compagnia, stanno accanto ai racconti di Aldo Zelli, alle poesie di Maribruna Toni, restano con noi, non hanno bisogno d’un politico che le comprenda, cercano sognatori che vivono di frasi, di letteratura, di personaggi tipici, di ritagli di passato. Alessandro Micheletti, invece, è una scoperta di Ado Grilli, la sua intuizione di unire in un piccolo libro le poesie d’amore del figlio e un racconto solidale del padre è stupenda, un’idea geniale che mi ha visto subito entusiasta. Venti poesie d’amore e un racconto solidale è una storia che va oltre la vita, si spinge verso il cielo in un incontro tra padre e figlio, tra lirica e narrazione, in una sola canzone disperata composta di magia e rimpianto. Caro Franco, lasciaci pensare che tu possa sentire ancora il nostro amore, quando rileggiamo a voce alta i tuoi racconti, scritti proprio come parlavi, in un flusso di pensieri che era il tuo stile unico e inimitabile. Franco che ritrova Alessandro tra i versi d’una poesia, che comunica con Laura dall’alto d’una stella, che sorride proprio come un tempo, che ci narra l’ultimo racconto su un personaggio piombinese di cui ha tanto sentito parlare, che si allontana nella nebbia del mattino a braccetto con Pantera, Cecco Nero, Zoccolino, Penna Bianca e il Conte Scoglio, verso un panteon di personaggi e aneddoti che giocano a rincorrersi tra le scogliere di Piazza Bovio. Finché noi ci saremo tu ci sarai, di questo può star certo. E non ti dimenticheremo.
In questo libro ristampiamo il racconto di Franco Micheletti, una persona speciale, bravissimo scrittore: Grazia, Bruna e gli altri, ambientato nella RSA di Campiglia Marittima. Il racconto inserito, insieme ad altri, nel libro Le mani nel cappello, nel 2005 ricevette un meritato premio con la seguente motivazione: “L’autore in questo racconto che ha le caratteristiche di un romanzo breve, penetra con finezza e intuito, nel mondo degli anziani spesso abbandonati a se stessi e tristi. Il racconto è un intreccio di passione, di descrizioni paesaggistiche, di ricordi e di citazioni poetiche”. Franco ci ha lasciato davvero troppo presto, trascinandoci nello sconforto e noi abbiamo deciso di ristampare il racconto. Mentre discutevamo l’impostazione ho scoperto che Alessandro, il figlio di Franco, ha scritto bellissime poesie; uscite di getto, con la dirompenza di un fiume in piena. Abbiamo deciso di unire e legare le due cose. Alessandro ha scelto venti poesie, mutuando da un libro eccezionale, scritto in età giovanile da Neruda, uno dei nostri poeti preferiti, e abbiamo intitolato il libro Venti poesie d’amore e un racconto solidale. Alcune annotazioni sulla scrittura poetica di Alessandro. Le sue poesie sono uscite di getto, come un’esigenza interiore, come un’onda irrefrenabile. Non usa punteggiatura, come Ungaretti e Moravia. Tutto viene affidato alla parola, talvolta al singolo vocabolo, isolato dagli altri. Ho letto e riletto le venti poesie e ha trovato ritmi diversi, regolati nell’andamento solo nell’andare a capo, dove il verso inizia sempre con la lettera maiuscola, quasi a rafforzare quest’esigenza. Mi è venuto di pensare che una poesia senza punteggiatura coinvolge maggiormente il lettore, perché lo obbliga a tornare sui suoi passi, a pensare di più, a rileggere lentamente. E poi, per me – ma credo, anche per Alessandro – la poesia deve essere un po’ scomoda e inconsueta. Tanto più riesce ad evocare, anziché significare, maggiormente è in grado di trasmettere sensazioni ed emozioni. Chissà se, quando uscirà questo piccolo, intenso, libro Franco di lassù potrà vederci come spesso ci diciamo e ci sforziamo di credere. Conoscendolo in vita sono sicuro che sarebbe contento per quello che abbiamo fatto; noi che non l’abbiamo mai dimenticato. Sorriderebbe e dedicherebbe al suo amato Alessandro uno scritto di Tiziano Terzani: E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio. (Ado Grilli)