Lucio Fulci è stato uno dei nostri registi più interessanti e innovativi, ma il 1988 non è il suo anno migliore, perché vede la scrittura di tre horror dal destino contrastato: Quando Alice ruppe lo specchio, Il fantasma di Sodoma e Zombi 3. Non sono dei capolavori. Tra l’altro i primi due sono pensati per la televisione, inseriti nella serie intitolata Lucio Fulci Presenta che conteneva opere di altri registi. Ai tempi in cui pubblicammo con Armando Chianese il libro Filmare la morte – il cinema thriller e horror di Lucio Fulci (2005) non erano mai stati trasmessi perché troppo espliciti e sanguinolenti, ed erano stati pubblicati (tagliatissimi) nel 2000 – 2001 (dopo la scomparsa di Fulci) dalla famigerata Avo Film per il mercato Home Video. Adesso vengono regolarmente programmati dai canali satellitari Mediaset, in seconda serata senza nessun tipo di censura. Quando Alice ruppe lo specchio abbiamo avuto modo di rivederlo in tempi recenti, in versione uncut, la sola che meriti una visione per le numerose parti splatter e gore, su Cine 34. Si tratta di un tardo splatter che si ricorda per essere l’ultimo film di Ria De Simone (morta nel 1995). Il protagonista è Lester Person (Brett Halsey), un uomo che vive solitario in una villa ai confini di un bosco, ama la musica classica, soprattutto il valzer ed è pure un cuoco raffinato. Ispirazione comune a Tomas Harris (Il silenzio degli innocenti romanzo è del 1988) e Jonathan Demme che hanno creato Hannibal Lecter, il cannibale più noto della storia del cinema. Tanto più che la prima vittima di Lester funge da succulenta pietanza e l’assassino viene ripreso mentre cucina un delizioso filetto estratto dalla coscia della ragazza. Lester ama il gioco d’azzardo e a causa di questa insana passione si indebita. Per ottenere denaro attira delle ricche signore nella sua abitazione e dopo averle sedotte si fa dare tutto quello che possiedono, infine le uccide. Tutto va bene sino a quando non entra in gioco un misterioso assassino che imita la tecnica dei suoi delitti ma che dissemina indizi sui luoghi dei crimini. Lester lo scopre dalla televisione e si meraviglia, anche perché gli indizi riconducono a lui. Alla fine si scopre che non esistono altri assassini ma è lui, o meglio la sua ombra, a colpire e a lasciare tracce. Notevole il dialogo tra Lester in fin di vita e la sua coscienza. “Il tuo treno è arrivato all’ultima stazione, Lester. È il momento di dire addio”. Un film giocato su binari soprannaturali che definirei un fantasplatter, come molti di questa serie e come Fulci amava realizzare in quel periodo. C’è il tema psicanalitico del doppio, dello sdoppiamento della personalità di un killer che uccide ma che al tempo stesso vorrebbe essere fermato. Allora si inventa un alter ego che lascia tracce ovunque e dialoga con lui tramite un registratore. Lester cerca di sfuggire a se stesso cambiando aspetto, tagliandosi la barba e tingendosi i capelli di biondo. Ovvio che non può farcela. Da ricordare un uso insistente e mirato della soggettiva, tecnica nella quale Fulci è un maestro e che riesce a trasmettere nello spettatore un senso di inquietudine. I delitti sono sempre mostrati dalla parte dell’assassino e l’atmosfera di terrore viene creata inquadrando gli occhi e l’espressione della vittima. Le musiche di Carlo Maria Cordio sono angoscianti al punto giusto, pure se risultano spesso monocordi. Notevoli le parti splatter, ottimi gli effetti speciali, punto forte di tutti i film di Fulci. L’attacco della pellicola è piuttosto duro. Compare un signore di mezza età che si prepara e poi gusta un filetto innaffiato da vino rosso mentre guarda un filmato hard. La soggettiva ci porta in giro per la casa, vediamo un orrendo primo piano di una donna (la stessa del video hard) distesa su di un lettino da obitorio e scarnificata nella parte della coscia. Il contrasto è notevole. L’uomo è un assassino e sta mangiando la sua vittima. Le sequenze successive sono un trionfo di splatter, vedono Lester armato di sega che fa a pezzi il cadavere, addirittura lo trita per darlo ai gatti e quel che resta ai maiali. Queste scene, come molte altre del film, verranno inserita pure nel surreale Un gatto nel cervello, anzi al cinema uscirà solo quest’ultimo film perché Quando Alice ruppe lo specchio sarà pubblicato postumo per il mercato Home Video. Fulci alterna parti comiche ad altre più dure e orrorifiche, per stemperare la tensione e la crudezza di un prodotto che comunque resta indeciso su quale strada prendere. La seconda vittima di Lester (una donna bruttissima e pelosa) per esempio non ne vuole sapere di farsi avvelenare e scambia i bicchieri preparati dal killer. L’assassino è costretto a ucciderla a bastonate fracassandole il cranio, nonostante tutto la donna si alza di nuovo e cerca di fuggire. Alla fine Lester la colpisce con un pugno e le mette la testa nel forno. Un omaggio a Joe D’Amato e al suo Rosso sangue, senza dubbio. Il volto della donna si scioglie come cera … in effetti che di cera si tratta si vede sin troppo bene. Altra parte comica quando Lester sistema il corpo della vittima nel portabagagli dell’auto e i piedi non vogliono entrare. Alla fine il protagonista li taglia con un deciso colpo d’accetta. Una scena splatter ben riuscita vede Lester liberarsi di un barbone che lo aveva visto disfarsi del corpo della seconda vittima. Lester macella a dovere il pericoloso testimone passando più volte sopra il corpo con i pneumatici della sua auto. Si torna al comico con Ria De Simone ultima vittima, una cantante lirica che non smette mai di intonare romanze. Alla fine Lester la fa fuori per disperazione stringendole il collo con una frusta. Quando il killer dispone in auto il corpo della donna, il cadavere cade a destra e a sinistra, non c’è modo di fissarlo se non con le cinture. Lester viene fermato a un posto di blocco ma il poliziotto non si accorge che l’uomo sta trasportando un cadavere. Interessanti le parti soprannaturali dove l’assassino parla con se stesso tramite un registratore e poi ascolta i commenti televisivi sui delitti che crede di aver eseguito in modo diverso e senza errori. In realtà Lester sta lasciando tracce un po’ ovunque e la polizia lo cerca. A un certo punto si accorge (o crede di vedere) che la sua ombra è sparita. Purtroppo il film nella parte centrale è lento e prevedibile, a un certo punto pare che il regista voglia soltanto allungare il brodo per non arrivare troppo presto alla fine. La donna che uccide il killer è una sgradevole signora con una cicatrice sulle labbra che sapeva tutto di lui per aver visto il notiziario televisivo. Due colpi di pistola pongono fine alla carriera di un omicida e danno il via alla scena finale con la resa dei conti tra Lester e la sua ombra. In definitiva una pellicola modesta, poco indicativa della grandezza cinematografica di Lucio Fulci, maestro di tecnica e di effetti speciali, ma pure realizzatore di storie truci e spaventose al punto giusto. Quando Alice ruppe lo specchio si ricorda solo per le poche scene splatter e per gli effetti speciali truculenti. Un’ultima cosa sul titolo che ha una derivazione letteraria. “Se Alice rompesse il suo specchio, tutti gli incubi le salterebbero addosso”, scrisse Virginia Woolf in Conversazioni. Fulci sceglie questo titolo per dire che Alice ha rotto lo specchio e gli incubi adesso vagano liberi.
Soggetto, Sceneggiatura, Regia: Lucio Fulci. Produzione: Luigi Nannerini e Antonio Lucidi. Distribuzione: Alpha Centauri. Montaggio: Vincenzo Tomassi. Musiche: Carlo Maria Cordio. Edizioni Musicali: Artem Publishing. Fotografia: Silvano Tessicini. Regia di Lucio Fulci. Interpreti: Brett Halsey, Ria De Simone, Pier Luigi Conti, Sasha Darwin, Zora Ulla Kesler e Marco Di Stefano. (Italia, 1989 – Horror)