Due gravissimi fatti di cronaca hanno caratterizzato l’inizio di questo nuovo anno, due avvenimenti di quelli che stroncano le gambe e tolgono il fiato. A Torre del Greco in provincia di Napoli una mamma ha annegato il figlio di due anni, perché temeva che fosse autistico. A Gazzada Schianno in provincia di Varese, un padre ha sgozzato il figlio di sette anni per motivazioni legate alla sfera familiare. Due storie diverse che hanno entrambe lo stesso epilogo: la fine di due esistenze ancora tutte da realizzare, da definire e da costruire con il sorriso e la voglia di vivere che caratterizza i bambini. Sullo sfondo come un drappo nero il dolore e lo strazio dei familiari.
Nel primo caso Ada quarantunenne di Torre del Greco era entrata in una sorta di tunnel nero dal quale non era riuscita a uscire o quantomeno a intravederne la fine. Si era convinta che il figlio fosse autistico, una condizione peraltro mai certificata dai medici. Ma le domande che penso sia necessario porsi sono: quali meccanismi scattano in questi casi? Come contrastare il mal di vivere scaturito, dalla paura della sofferenza, del giudizio altrui? Seneca, filosofo, drammaturgo e politico romano, nella sua opera De Tranquillitate animi, precorrendo i tempi scrisse “l’uomo tende a raggiungere una situazione di perenne dolore, che porta alla perdita di contatto con sé stessi (taedium vitae) e per tale motivo, l’uomo cerca fuggire da queste sensazioni, senza cercare di combatterle a viso aperto”. È una condizione che può colpire ciascuno di noi in qualsiasi momento e non è necessario che intervengano fatti particolarmente dolorosi, quali possono essere un lutto, problemi economici o una malattia. Basti pensare che il male di vivere è ben presente anche in contesti caratterizzati da stili di vita ed economici di alto livello. Il contrasto e la risoluzione di tale condizione deve avvenire, a mio parere, a livello familiare e amicale, oltre che naturalmente nell’ambito medico. Una sorta di assistenza psicologica che fornisca al soggetto gli strumenti per superare lo stato depressivo in maniera armoniosa senza traumi e azioni violente. Un processo virtuoso che utilizzi le risorse che, secondo lo psichiatra e psicoterapeuta statunitense Milton Erickson, sono presenti in abbondanza dentro ciascuno di noi e che devono essere semplicemente dissepolte e utilizzate.
Non conosco la situazione familiare di Ada che probabilmente era scevra da grossi problemi, ma nella sua vita è intervenuto un problema grande come un macigno, che non ha potuto e saputo gestire al meglio anche perché, ritengo, che in pochi attorno a lei aveva percepito la gravità del suo stato. A tal proposito servirebbe leggere il libro Colpa e depressione dell’analista argentino León Grinberg. Sensi di colpa, disistima, inadeguatezza, giudizio degli altri, paura del dolore e della sofferenza si erano certamente impossessati di lei.
Il secondo grave fatto di cronaca, che ha visto protagonista in negativo Davide Paitoni, si inserisce in un contesto diverso. In questo caso si può parlare di propensione a delinquere considerato che l’uomo era già stato denunciato per un’azione violenta contro un collega, ma credo che la mano dell’uomo sia stata armata di coltello dalla sua incapacità di gestire una situazione disastrosa nella quale si era cacciato. Provvedimenti penali, separazione dalla moglie, distacco dal figlio. Anche questo episodio può essere inserito nel triste e macabro rituale del femminicidio: uccidendo il figlio ha voluto punire la moglie privandola di fatto del sentimento naturale più grande al mondo, ovvero quello che lega una mamma ai propri figli. Non è riuscito ad uccidere anche lei, ma è come se lo avesse fatto.
Una delle caratteristiche del maschilismo imperante porta l’uomo a considerare la propria donna come un oggetto del quale si entra in possesso per sempre e nel momento in cui se ne perde il controllo, lo si può distruggere, appunto come un oggetto senza nessun aliti di vita. Infatti personalmente non amo il modo di dire la mia donna e a parti invertiti il mio uomo. Quel mio suona come una forma di possesso e non di rispetto e di amore, sentimenti che dovrebbero caratterizzare ogni coppia.
“Il padre è una figura archetipica: da un lato è protettivo, un maestro, una guida, offre tanto affetto e premura, dall’altro è uccisore, distruttivo, collerico, castrante” scrive lo psicologo svizzero Adolf Guggenbühl Craig nel suo libro Il bene e il male.
Nella mitologia classica troviamo tanti esempi di padri terribili, di padri assassini e distruttivi: Tantalo fece divorare suo figlio dagli dei, Crono divorò i propri figli, Urano li gettò nelle profondità del Tartaro. Anche nella tradizione cristiana Abramo era disposto a sacrificare il figlio Isacco e Dio stesso nel suo disegno divino assistette senza intervenire alla morte del Cristo, proprio figlio unigenito.
Per concludere ritengo che la società moderna debba dotarsi di tutti gli strumenti necessari, qualificati e consapevoli per individuare situazioni come quelle descritte e soprattutto debba porsi come baluardo a protezione dei soggetti deboli. Anche i violenti andrebbero aiutati a elaborare le soluzioni perché non diventino assassini. La detenzione e la comminazione di giuste e severe pene purtroppo da sole non bastano. L’odio è un brutto sentimento che si autoalimenta nella solitudine.