Quando la voglia di fare soldi sulla pelle degli altri si nasconde dietro il buonismo di facciata

Articolo di C. Alessandro Mauceri

In questi giorni di COVID non si parla (quasi) più. E nemmeno di ambiente. L’argomento del giorno è la guerra in Ucraina. Tutti  parlano solo e soltanto di bombe, armi, diritto internazionale ed eventi storici.

Ma dietro questa facciata da paladini dei diritti del popolo ucraino, c’è chi si ha visto un’occasione per fare soldi a palate con la vendita di armi e armamenti.

Il  cancelliere tedesco Scholz ha inviato mille armi anti-carro e 500 missili terra-aria Stinger all’Ucraina. La sua decisione sarebbe venuta dopo le sollecitazioni nemmeno tanto celate di Polonia e Lituania che lo avevano deriso per aver inviato all’esercito ucraino “solo” 5mila elmetti. Un altro paese europeo, il Belgio, avrebbe inviato ai militari ucraini 2mila mitragliatrici e 3.800 tonnellate di carburante per i mezzi dell’esercito. Lo stesso Repubblica Ceca e Slovacchia che si sono precipitate a inviare al paese in guerra munizioni, fucili, mitragliatrici, proiettili di artiglieria e altro.

“Questa aggressione della Russia è un cambiamento epocale per l’Europa”, ha detto il Cancelliere tedesco forse nel tentativo di giustificare la decisione di inviare armi e armamenti a Kiev.

Già perché, in realtà, nonostante lo facciano regolarmente da anni e in varie parti del pianeta, tutti questi paesi non solo hanno nella propria Costituzione norme che aborrono la guerra in tutte le sue forme, ma avrebbero anche sottoscritto accordi internazionali che, sulla carta, dovrebbero proibire di vendere o anche solo regalare armi e armamenti a paesi in guerra.

Finora, si è cercato di nascondere la vendita di strumenti di morte in certe parti del pianeta dicendo che in realtà non si trattava di “vere” armi o armamenti o che quelle in cui si combatteva con i cannoni non erano “guerre” ma “missioni di pace”.

Ora non ci sono più dubbi: i paesi europei stanno vendendo armi ad un paese in guerra. Senza se e senza ma. Anzi lo stanno facendo con il bene placet e l’aiuto dell’Europa: al termine del Consiglio straordinario dei Ministri Esteri Ue, il Presidente del Consiglio, Michel, ha dichiarato: “Faciliteremo la consegna di aiuti militari, l’Ucraina democratica prevarrà”. Dal canto suo l’Unione Europea si appresterebbe ad attivare la European Peace Facility, il sostegno economico per equipaggiamenti militari e la vendita di armi “a debito” al Governo di Kiev: “Proporrò un pacchetto di aiuti di emergenza per le forze armate ucraine, per sostenerle nella loro eroica battaglia”, ha detto da Bruxelles l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell.

Una corsa senza precedenti a chi vende più armi.

E l’Italia? Draghi non è statao da meno: parlando con Zelensky avrebbe  annunciato l’invio di armi anticarro e missili Stinger. Una decisione che avrebbe dovuto portare gli italiani a interrogarsi sul significato dell’articolo 11 della Costituzione che parla di ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” e impone al paese di tenersi lontano dai conflitti anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Un articolo che in origine era stato pensato come “l’Italia rinuncia alla guerra”. Poi l’Assemblea Costituente decise che non bastava “rinunciare”. Bisognava sottolineare il disgusto e il “ripudio” da parte dell’Italia per ogni tipo di guerra. A conferma di ciò, nel 1990, venne approvata la legge 185, che vieta l’esportazione e la vendita di armi letali e stabilisce che il tutto è soggetto ad autorizzazioni e controlli dello Stato. Ma nessuno voleva rinunciare alla sua fetta di mercato. Così è stato previsto che il Consiglio dei Ministri, in accordo con la Nato e l’Onu, poteva operare diversamente. E vendere armi a chi voleva (o quasi). Grazie a questo escamotage, da decenni dall’Italia vengono vendute armi e armamenti a diversi paesi (anche in guerra). Anche a quelli oggi in guerra. Nel 2011, durante il governo Berlusconi, furono venduti alla Russia dall’italiana Iveco 350 autoblindati Lince e dieci autocarri militari completi di tutto. Altri furono venduti, nel 2015, durante il governo Renzi (dov’era l’embargo di armamenti deciso a livello europeo il 31 luglio del 2014 proprio per il coinvolgimento russo nel conflitto in Ucraina?). E nel 2020, una sola azienda italiana avrebbe venduto in Ucraina i propri prodotti per oltre 250mila euro (dati RELAZIONE SULLE OPERAZIONI AUTORIZZATE E SVOLTE PER IL CONTROLLO DELL’ESPORTAZIONE, IMPORTAZIONE E TRANSITO DEI MATERIALI DI ARMAMENTO Anno 2020). Solo nel 2021, secondo fonti giornalistiche, (il rapporto di 2500 pagine presentato ogni anno al Parlamento per rendicontare le armi vendute a paesi esteri è per certi versi criptico) si sarebbero vendute armi e armamenti alla Russia per milioni di euro. Niente di nuovo sono anni che alcuni giornalisti ( tra i quali Alberto Negri su Linkiesta) denunciano la vendita di bombe italiane a paesi che le usano nello Yemen.

L’Italia e molti altri paesi sanno bene quello che avviene con le armi che vendono a questi paesi. Gli escamotage utilizzati per farlo (secondo la legge è possibile vendere armi italiane a un Paese in guerra o responsabile di gravi violazioni di diritti umani se con quel Paese è in vigore un accordo di cooperazione nel campo della difesa, bilaterale o nella cornice NATO) non sono un alibi sufficiente e cambiano la realtà delle cose. Anni fa, come riporta Archiviodisarmo, l’allora ministro della Difesa definì questo modo di fare “un regime privilegiato nelle procedure relative all’interscambio di armamenti” che comportava “un grave svuotamento delle disposizioni contenute nella legge 185 del ’90”. RELAZIONE 2005 SULL’EXPORT ITALIANO DI ARMI (archiviodisarmo.it) 

A imporre il veto alla vendita di armi e armamenti a molti paesi sarebbe anche il Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty – ATT) approvato a New York il 2 aprile 2013, e sottoscritto dall’Italia poche settimane dopo. Nè la Russia né l’Ucraina hanno ratificato questo Trattato. List of ATT States Parties (alphabetical order)(07 August 2020).pdf (thearmstradetreaty.org) Ma anche in questo caso, i Paesi firmatari hanno lasciato le porte aperte per continuare a vendere armi e armamenti a chi volevano e le scappatoie per vendere armi (quasi) a chiunque non mancano.

La realtà? La realtà è che nel mondo in cui viviamo davanti ai soldi non ci si ferma neanche quando si tratta di vendere armi ben sapendo che saranno usate per uccidere. Per pulire la coscienza basta stendere sulla faccenda un velo di ipocrisia. E nascondere le proprie decisioni macchiate di sangue dietro una ricca dose di buonismo di facciata.

C.Alessandro Mauceri

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