Quando un gallo può ispirare una legge

Articolo di C. Alessandro Mauceri

I francesi, a volte, sono persone strane. Qualche anno fa, hanno scritto (e approvato) una legge prendendo spunto dal canto di un gallo, il gallo Maurice.

Cosa aveva di strano questo gallo rispetto ai suoi consimili? Assolutamente niente. Come tutti i galli proteggeva il proprio territorio, il “suo” pollaio e teneva lontani i concorrenti. Per farlo, come tutti gli altri galli, ogni mattina all’alba questo pennuto cantava a squarciagola disturbando non poco gli abitanti dell’isola Saint-Pierre d’Oléron, sede di una stazione balneare che si affaccia sull’Atlantico. La questione se dovesse essere portato via o abbattuto per far rispettare la quiete pubblica è finita prima in tribunale e poi addirittura in Parlamento. Nel 2019 venne depositata una sentenza con la quale i giudici si mettevano dalla parte del gallo che doveva essere lasciato libero di esprimersi secondo natura. In pochi mesi si scoprì che erano decine se non centinaia le cause legali tra vicini per mettere a tacere galli, oche, cicale o “altro”. In poco tempo queste cause vennero raccolte e si vide che erano più di 18mila le denunce nei tribunali civili per fastidi legati rumori e odori legati ai territori rurali.

Questo costrinse il governo e il Parlamento ad agire. E ad approvare una legge a dir poco bislacca. Una legge (tuttora in vigore in Francia) che punta a proteggere il “patrimonio sensoriale” delle campagne. “Il patrimonio sensoriale sarà legalmente protetto e integrato nei documenti come quando si acquista una casa in campagna” ha dichiarato Pierre Morel-À-L’Huissier, deputato tra i promotori della legge.

Un patrimonio fatto di mille sfaccettature. Non ultimo l’odore di sterco e di  letame. Anche questi odori, per quanto nauseanti e insopportabili farebbero parte del “patrimonio sensoriale” della campagna al pari del canto del gallo di prima mattina o del rumore dei campanacci delle mucche o di quello quello dei trattori. Una infinità di fattori che farebbero tutti parte di quella che viene definita generale identità culturale dei territori rurali. Una definizione volutamente vaga consentire ai sindaci la possibilità di dirimere rapidamente contenziosi e liti di vicinato estremamente frequenti.  “Vivere in campagna significa accettare qualche fastidio”, ha sottolineato Joël Giraud, segretario di stato con la delega allo Sviluppo rurale e tra i principali sostenitori della nuova legge. I territori rurali non sono belli soltanto per i loro paesaggi, ha detto Giraud, ma anche per “i suoni, gli odori, le attività e le pratiche che fanno parte del nostro patrimonio”.

Una legge che ha trovato molti sostenitori, ma anche qualche oppositore. A dicembre del 2020, poco dopo la sua approvazione, un uomo è stato condannato a 5 mesi di carcere per aver ucciso un gallo di cui non sopportava il canto. Ben centomila persone firmarono una petizione che faceva riferimento al diritto alla vita di campagna per chiedere che venisse punita la violenza sul pennuto: “Chi sarà la prossima vittima: il canto delle tortore, il raccolto del grano, la coltivazione dei pomodori, il raglio dell’asino, il suono dei nostri campanili o il pascolo delle nostre mucche?”.

E il gallo Maurice? Che fine ha fatto l’ormai famoso Maurice? Purtroppo non potrà vantarsi e ringalluzzirsi della legge che ha portato ad approvare: morì pochi mesi dopo a causa di una infezione virale. Ma la sua proprietaria non si è data per vinta: “Sono sollevata, non ho combattuto una battaglia per niente”, ha dichiarato Corinne Fesseau. Che ha già preso un sostituito, “Maurie II”. Anche per non privare gli abitanti dell’isola del proprio patrimonio sensoriale.

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