Quella storia di ordinario volontariato scritta da Chiriano e Perpiglia

Articolo di Francesco Pira

“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore” così Papa Francesco ha spiegato la sua idea di servizio che è anche la mia e anche quella degli autori di questo libro di cui scrivo oggi per il Salto.

“Una storia di ordinario volontariato” è il nuovo lavoro di Rocco Chiriano e Giuseppe Perpiglia, edito da Rubbettino. Il racconto di otto anni di Avis alla guida della sede regionale della Calabria. Un percorso che mostra l’importanza dell’attività a favore degli altri e il bisogno di mettersi al servizio del prossimo.

Io ho vissuto la realtà dell’Avis, soprattutto ho condiviso le idee relative all’importanza del valore sociale della comunicazione che l’Avis può e deve fare, perché possiede una storia meravigliosa.

Ho avuto l’onore di essere stato nominato Componente del Comitato Scientifico del Centro Studi di Avis nazionale e ho ricoperto il ruolo di consulente per il progetto di comunicazione integrata di Avis Calabria. Ho collaborato con Avis Toscana e Avis Veneto in attività di ricerca e formazione e sono stato relatore a Milano all’Assemblea nazionale.

Conosco bene gli autori di questo volume e so con quanta energia si sono dedicati al loro lavoro. Quando mi è stato chiesto di scrivere la Prefazione, ho provato immensa gioia e ho avuto l’opportunità di rivivere anche la mia esperienza Avis.

È rossa la copertina del libro e il colore scelto non è casuale. Il rosso trasmette calore ed è il colore dell’amore che spinge i volontari a diventare veri e propri angeli che, con cura e attenzione, si dedicano alle categorie più fragili.

Nelle 224 pagine del libro ci sono documenti, fatti e pensieri che si contraddistinguono per la precisione e per i numerosi dettagli. Il lettore riesce a meditare e riflettere su quanto oggi sia necessario avvicinarsi all’associazionismo.

Il Dottor Rocco Chiriano e il Professor Francesco Pira durante una riunione Avis

La volontà che emerge è quella della formazione continua, viene sottolineata l’importanza della comunicazione e delle campagne di sensibilizzazione.

Il successo del processo di comunicazione non può prescindere dall’attenta analisi dei pubblici di riferimento, dalla segmentazione degli stessi e da una focalizzazione, attraverso strumenti e politiche differenzianti, sui target ritenuti più adatti a raggiungere gli obiettivi risultati dal processo di interazione strategica. In quest’ottica sono adottabili diverse tecniche di segmentazione fondamentali per una corretta gestione delle relazioni con il pubblico.

Individuato il pubblico bisogna spiegare perché bisogna donare, a cosa serve il sangue donato e quali sono i motivi per donare il sangue ed è necessario essere chiari ed immediati nel veicolare il messaggio, perché le aspettative e il bisogno di comprensione sono sempre più alti nella società.

I nemici da sconfiggere sono la disinformazione e la misinformazione. Durante la pandemia l’Avis ha dovuto combattere numerose fake news anche diffuse da personaggi noti del mondo dello spettacolo e della televisione. Non sono mancati i falsi appelli sulla richiesta di sangue per estorcere soldi alla gente o le innumerevoli truffe che viaggiano sui canali di messaggistica istantanea.

Ecco, come le campagne di sensibilizzazione possono essere manipolate a svantaggio di quanti hanno bisogno, danneggiando il lavoro di tanti uomini e tante donne che cercano di far capire alle persone quanto sia importante donare il sangue.

Oggi, la comunicazione è condivisione, è il fondamento dell’agire sociale e in quanto tale necessità di ascolto, di partecipazione attiva, di trasparenza, poiché da essa dipende il nostro modo di costruire significati di creare opinioni di fare cultura.

Possiamo fare molto per coinvolgere la popolazione nelle attività di volontariato, attraverso i mezzi di comunicazione di cui disponiamo.

Provare a rendere i comunicati delle varie attività cross mediali con i social network e i canali di messaggistica istantanea. Aprire i profili social e anche un canale YouTube.

Non deve mancare la formazione sulla comunicazione interna ed esterna per i responsabili e i soci delle diverse associazioni. Insomma, essere preparati a far conoscere a tutti come si risponde con amore alle esigenze altrui.

Rocco Chiriano racconta nel libro che “L’idea era quella di tutelare la dignità dell’Avis regionale perché si stavano verificando fatti che ne sminuivano la grandezza. Abbiamo ritenuto che non fosse giusto distruggere il lavoro fatto. Il libro è, quindi, un documento da lasciare ai più giovani”. Mentre, Perpiglia ha manifestato il suo desiderio: “Sentivo di avere qualcosa da dire. Lasciare un segno non per apparire ma per dare un significato e una prova di quanto e cosa abbiamo fatto. Nessun desiderio di rivalsa ma, semplicemente, offrire agli altri la possibilità di riflettere sull’essere volontario”.

Servire, accogliere, abbracciare e aiutare indicano azioni che molto spesso non ricordiamo e gli autori ci invitano a ripensare al nostro modo di intendere la vita.

Il Professor Giuseppe Perpiglia e il Professor Francesco Pira

Due uomini, Chiriano e Perpiglia, che hanno scelto di fare squadra. Il segreto per raggiungere grandi e importanti obiettivi risieda nell’umiltà e nel rispetto e Avis opera proprio in questo modo, impegnandosi ogni giorno per raggiungere grandi risultati.

Un libro che diventa veicolo di speranza e di fiducia nel futuro. Leggere un’esperienza così bella ci aiuta a credere in tempi migliori ed io sono un’inguaribile ottimista che si augura che tutti gli “ismi”, come ad esempio il diffuso cattivismo e l’eccessivo egoismo, vengano sconfitti .

Nonostante molti valori non hanno più l’importanza di un tempo, esistono ancora le persone buone che conoscono il significato delle parole “gentilezza” ed “empatia” e si offrono per supportare quanti soffrono. Quanto sarebbe bello che ogni essere umano si avvicinasse al pensiero di Erich Fromm, psicologo, psicoanalista, filosofo ed accademico tedesco, che ha cercato di mostrare la vera essenza del verbo “dare”: “Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo; amare è più importante che essere amato”. Abbiamo bisogno di rivalutare il “noi”, perché solo così riusciremo a superare la crisi di civiltà che ha travolto la nostra società.

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