Lo sceneggiatore è anzitutto un ottimo osservatore. In grado di immedesimarsi in qualsiasi personaggio questa figura del cinema è la base di ogni film. Rendere, attraverso le parole, i vari passaggi di una storia è compito anzitutto del dialoghista. Come per gli scrittori anche gli sceneggiatori hanno rappresentato quanto di più vicino ci possa essere alla vita delle persone. Esistono uomini che hanno rivoluzionato completamente la fine arte dell’ipotizzare parole per lo schermo, uno di questi è sicuramente Quentin Tarantino. Com’era successo per Quarto Potere dopo Le Iene e soprattutto Pulp Fiction il cinema non è più stato lo stesso. Era il 1994 quando un giovanissimo e semisconosciuto regista vinceva la palma d’oro al festival di Cannes con il suo secondo lavoro e da quel momento scrivere dialoghi non è più stata la stessa cosa. Negli anni successivi sono stati milioni i tentativi di emulare il cinema di Tarantino ma nessuno è mai riuscito nemmeno ad arrivarci. Con i primi due film Quentin ha completamente riscritto le regole su montaggio e regia con i successivi ha spostato l’asticella del rischio nella settima arte arrivando a diventare un genere a se stante. Tarantiniano, si dice di qualcosa che sovverte qualsiasi regola precedente, spesso anche le proprie. Sicuramente ironico, spesso ossessivo e a volte completamente rubato il dialogo made in Tarantino rappresenta una perfetta alchimia di arte e intrattenimento, viaggia su una superficie profonda dello spettatore e arriva direttamente al cervello. La realtà del parlato comune si unisce alle considerazioni dei personaggi sul mondo che vivono accentuandone in maniera sapiente l’unicità. Un percorso nel cinema di Tarantino è un percorso nel cinema stesso, andando ad approfondire uno dei lati infiniti che le sue pellicole portano in dote.
Jackie Brown 1997
Mercante d’armi di Los Angeles vuole andare in pensione ma non prima di recuperare un malloppo nascosto oltre confine. Della partita sono anche un amico del commerciante e la sua ex socia carcerata. Un sicario la fa uscire dalla prigione con i soldi del mercante ma se ne innamora, insieme cercheranno vendetta. Il terzo film di Tarantino è forse il meno apprezzato dal pubblico e allo stesso modo una perla della sua produzione. Dopo aver sconvolto tutti con salti temporali e dejà vu dei primi chiunque, si sarebbe aspettato un prodotto simile. Quentin realizza un film lineare, dove l’umanità dei personaggi è messa in risalto e il romanticismo è fondamentale. Una regia quasi statica si sposa con dialoghi , sempre nello stile classico, ma molto più intimi dei lavori precedenti. Ancora oggi Jackie Brown è un film di grande stile che riesce a intrattenere senza dover mostrare per forza, un cinema di retrogusto.
The Hateful Eight 2015
Nel Wyoming innevato del diciannovesimo secolo otto personaggi si ritrovano bloccati in una locanda emporio. La guerra di secessione è appena finita e gli stati uniti sono tali solo sulla carta. Tra gli altri, ci sono: il boia, lo sceriffo e il cacciatore di taglie oltre alla fuggitiva in manette tutti impegnati ad aspettare che la tensione esploda. Film di stampo teatrale Hateful rappresenta un ritorno alle origini per il regista che aveva esordito né Le Iene con il medesimo allestimento. La taverna è il palcoscenico dove i personaggi si raccontano in maniera divertente e divertita prima dell’inevitabile tragedia. Un lavoro che eccelle nel ritmo riuscendo a tenere lo spettatore con il fiato sospeso nonostante la lunghezza (153minuti) Il tema è sicuramente la totale impossibilità di una convivenza pacifica tra gli individui.
Kill Bill secondo volume 2004
Capitolo conclusivo di una vendetta. La sposa porta a termine il suo personale compito prima di dedicarsi a Bill. Cadono uno a uno i membri della squadra in un crescendo di emozioni che porteranno al finale della storia. La seconda parte del film è molto più sceneggiata, un universo che perde l’azione multiforme della prima parte a favore di una dimensione intimista al limite del melodramma. In maniera debordante Tarantino sceglie di mostrare quanto il desiderio di vendetta supera la morte stessa per raggiungere un “pareggio” che sa di sconfitta. Un film ludico che riesce a cambiare continuamente genere pur mantenendo una sua coerenza narrativa. Si va dall’azione al western passando per la commedia grottesca senza perdere mai l’onesta intellettuale. I personaggi hanno tinte fosche, buono e cattivo si fondono azzerando qualsiasi tipo di empatia verso la vicenda sullo schermo. Lo spettatore diventa testimone esterno di alcuni avvenimenti che portano in dote una serie di colpi di scena memorabili. L’ ultima mezz’ora è un’ esperienza nell’esperienza, dialoghi come difficilmente se ne sentono si alternano a una regia in grado di dilatare il concetto stesso di tempo .
Bastardi senza gloria 2009
Durante l’occupazione nazista la Francia vive una storia di epico coraggio. La proprietaria di un cinema, sfuggita a un rastrellamento anni prima, organizza una vendetta contro le alte sfere del partito. Autore della strage è un colonnello delle SS che dovrà vedersela anche con una squadra di mercenari americani. Per il suo settimo lungometraggio Tarantino decide di lavorare su tre linee temporali: la ragazza, il colonnello e i bastardi. Hans Landa è un cacciatore di ebrei distaccato a Parigi, Shoshanna è un’orfana ebrea che vuole vendicarsi per l’assassinio della sua famiglia e i Bastardi sono criminali arruolati dal colonnello americano Aldo Raine per uccidere nazisti. Sullo schermo va una storia di redenzione e vendetta perfettamente calibrata e resa spettacolare dai continui cambi di atmosfere. Il prologo del film è la cosa più bella che Tarantino abbia mai girato, un’imboscata degna del cinema di Leone e Kurosawa dove il regista dilata la conversazione tra un contadino francese e l’ufficiale nazista. Gli ebrei si nascondono nella fattoria, occorre scoprire dove e il ricatto è sempre la più affidabile delle armi. Parlato in più lingue Bastardi senza gloria, è una riscrizione creativa della storia, dove poter trovare ogni genere di emozione. Il ritmo e l’ironia dei dialoghi si mescolano a una buona dose di tensione sapientemente calibrata da una regia a strappi. Un lavoro che contiene il cinema d’autore e lo splatter ideato da un amante del mezzo per amanti voraci della settima arte.
Le iene, cani da rapina 1992
I superstiti di una rapina fallita si ritrovano nel magazzino deputato a punto d’incontro in attesa del capo. Del gruppo di partenza sono rimasti solo quattro e tra di loro c’è un poliziotto. L’esordio di Tarantino è un film incredibilmente crudo, ma mai compiaciuto. Il regista mette in scena quella che potrebbe essere la realtà e lo fa descrivendo le personalità dei criminali ancora in vita con una serie di flashback che spiegano la genesi del colpo. Il preambolo al film è uno degli esempi di come Quentin ha cambiato per sempre il modo di concepire la sceneggiatura. La scena parte in un caffè, dove il gruppo discute facendo colazione. L’atmosfera è serena e l’umanità dei personaggi viene a galla grazie a dei dialoghi che mischiano la cultura popolare con il parlato e l’ironia della parte meno classica di un delinquente. Ogni inserto che il regista propone per inquadrare la vicenda porta in dote momenti di altissimo cinema a bassissimo costo. La messa in scena ricorda quella di Hatefull , tutta l’azione si gioca in un’unica stanza dove lo spettatore assiste al precipitare della situazione quasi in tempo reale. Un esordio che ha già in sé tutti i temi più cari a Tarantino in grado di costruire un dramma classico mischiando cultura e parlato comune, inventando così una forma di sceneggiatura. Un film invecchiato benissimo capace ancora oggi di emozionare e intrattenere attraverso una crudezza mai compiaciuta.