Raffaella Carrà. Nascere con il dono della comunicazione

Articolo di Armando Giardinetto

Perché ci distraiamo quando alcune persone ci parlano, mentre ad altre le ascoltiamo con estrema attenzione? Il filosofo francese Henri-Louis Bergson (1859 – 1941) disse che un’ottima comunicazione avviene quando al nostro interlocutore, oltre al messaggio, arriva anche quello che abbiamo nella nostra anima. Dunque quanti riescono veramente a comunicare?

Saper comunicare è essenziale, per esempio, per alcuni professionisti come medici e insegnanti, ma anche per gente che si occupa di spettacolo in cui la comunicazione è molto importante. In questo articolo vi parlerò proprio dell’importanza della comunicazione nel mondo dello spettacolo attraverso alcune sfaccettature della vita di un personaggio femminile immortale, indimenticabile, esemplare.

Prendiamo in considerazione i giovani nati negli anni 2000 e mostriamo loro una sagoma di donna nemmeno poi tanto elaborata, ma che si vedano chiaramente un pantalone a zampa di elefante e soprattutto un caschetto biondo, ebbene questi risponderanno sicuramente che quella sagoma è Raffaella Carrà. Questo accade perché evidentemente la Carrà è più famosa dei programmi che ha condotto e delle canzoni che ha cantato, strumenti che, per interi decenni, hanno riempito di milioni di lire le casse delle case discografiche e delle televisioni italiane, statali e private, ma anche quelle della Spagna e del Sudamerica nonostante questi ultimi fossero diffidenti nei confronti dei professionisti stranieri dello spettacolo.

Già all’inizio della sua carriera Raffaella dimostrò di avere la grande dote della comunicazione, infatti il pubblico spagnolo si affezionò immediatamente a lei sin da quando le vennero affidati, nel 1976, quattro speciali televisivi – La hora de… Raffaella Carrà – ai quali seguirono piccoli spettacoli in giro per la Spagna. Raffaella, così facendo, riusciva a lasciare un segno affettuoso nei cuori degli spagnoli che le dimostrarono sempre grandissimo rispetto. Oltre agli spagnoli anche fra gli argentini e la Carrà è sempre stato amore a prima vista, infatti quando Raffaella, nel 2005, venne invitata come ospite d’eccezione nel programma di Diego Armando Maradona – La noche del 10 – gli argentini le riservarono un’accoglienza stupefacente, la stessa dei primi anni ’80 quando Raffaella si imbatteva nei suoi scatenati fans desiderosi anche solo di toccarla. Gli argentini, completamente sedotti dalla Carrà, non hanno mai dimenticato quando, nel 1980, una giovanissima Raffaella venne chiamata a interpretare la protagonista del film “Barbara”, una sorta di alter ego di lei stessa: Barbara è una star della musica italiana che, lavorando in Argentina, conosce un fotografo di nome Mauro di cui si innamora perdutamente, ma Mauro è sposato e ha figli, quindi a Barbara non resterà che cantare “Yo no sé vivir sin ti”. Pertanto l’immagine di Raffaella, basterebbe il solo caschetto biondo, è immediatamente riconoscibile anche dai giovanissimi che non conoscono i suoi testi musicali e i suoi programmi che hanno fatto la storia della televisione italiana e non hanno vissuto in un’epoca televisiva ben circoscritta come quella degli anni ’70, ’80 e ’90 quando il Reality Show era solo un’idea di un futuro ancora lontano.

Com’è possibile questo? Come fa un personaggio a diventare un simbolo, un mito, tanto da essere il protagonista indiscusso di mostre, documentari, libri e serie televisive; da essere messo sui francobolli e sulle monete coniate dalla Zecca. Come ha fatto la Carrà a ricevere numerosi riconoscimenti e migliaia di messaggi d’amore in tutta la sua esistenza e anche dopo? Perché Raffaella è stata eletta a gran voce come icona di libertà di pensiero e di espressione; di emancipazione femminile; di professionalità? Come ha fatto a scandire il tempo e, con la sua filosofia di vita, a inaugurare quel periodo che io stesso nei miei articoli più volte ho definito post-Carrà? Cosa avrà mai fatto o detto di così straordinario Raffaella per meritarsi tutto questo e per trascendere le epoche generazionali tanto che anche i bambini la riconoscono e ballano non appena partono le note di Fiesta, Ballo Ballo o Pedro, per citare solo tre dei numerosissimi brani di successo del prodotto Carrà.

La risposta cammina di pari passo con il significato della parola comunicazione, termine che entra nella nostra lingua per via dotta e che etimologicamente significa – in linee generali – diffondere un pensiero in forma scritta e o orale; mettersi in contatto e condividere con l’altro; mettere in comune. La parola, proveniente dal latino, è formata da “Cum” – insieme a – e “Munus” – incarico, dovere e Raffaella Carrà ha avuto il dono della comunicazione – per lei un dovere -giacché ha saputo comunicare con il suo pubblico e quest’ultimo ha sempre immediatamente compreso il messaggio che attraversava lo schermo televisivo.

La Carrà, con i sui programmi, ha saputo magistralmente raccontare delle splendide favole ricche di magia ambientate nei teatri del sabato sera e con lei molte generazioni hanno sognato un mondo migliore fatto di luccichii, di danze meravigliose, di abbracci, di gioiose lacrime, di regali e incontri straordinari come se vivessero in una sorta di incantesimo. Questo personaggio ha avuto il dono di saper parlare a tutte le fasce di età, agli anziani ma soprattutto ai bambini, infatti a un certo punto della sua carriera le arriverà una richiesta particolare da una delle case editrici italiane più famose: “La Mondadori mi chiedeva da un po’ di tempo di scrivere un libro sulla mia vita e non mi piaceva. A un certo punto è nata questa storia di parlare ai bambini. Io stavo attraversando un periodo molto difficile… quindi era proprio il momento peggiore per poter dire mi siedo e scrivo un libro… A un certo momento… l’ho scritto di getto e quell’isola… in copertina è un’isola che conosco molto bene… è un’isola italiana straordinaria che si chiama Argentario e lì mi sedevo il lunedì e scrivevo queste favole… Sentirmi accanto ai bambini, visto che purtroppo non ne ho, mi è stato di grandissimo aiuto” disse Raffaella durante un’intervista in cui venne presentato il suo libro “L’isola dell’incanto”: 8 favole ambientate nell’isola che la Pelloni – nome di battesimo della Carrà – decenni più tardi, avrebbe scelto come incantevole luogo del suo riposo eterno.

Questo suo personalissimo modo di saper comunicare l’ha resa una professionista ineccepibile per ben cinque decenni di carriera ricca di successi che l’hanno portata in tutto il mondo anche nelle vesti, poco credibili per le donne di quell’epoca, di giornalista. Infatti nel 1987 si recò a Villa Firenze, residenza dell’ambasciatore italiano a Washington, per intervistare personalità dello spettacolo e della cultura che hanno dato un contributo affinché Stati Uniti e Italia fossero legati non sono storicamente, ma anche culturalmente. Per lei fu un’occasione imperdibile conoscere i grandi del cinema, della musica come Sophia Loren e Luciano Pavarotti ritrovandosi insieme durante la prima edizione del premio America Cristoforo Colombo.

Carrà, come detto sopra, è il nome di un prodotto che ha arricchito spropositatamente le televisioni, ovunque andasse, infatti non solo la RAI godette della sua professionalità giacché, qualche anno più tardi, anche la Madiaset poté vantarsi di alcune produzioni firmate Carrà e Company. Nel 1983 presso via Nemea, a Roma, dove abitava Raffaella, l’allora presidente della Fininvest, Silvio berlusconi, iniziò un intenso corteggiamento per cercare di conquistare professionalmente la Carrà, regalandole un camion pieno di vasi di azalee e un bracciale preziosissimo accompagnato da un elegante biglietto: “Spero che non si dimentichi di me fino al prossimo incontro… Vorremmo che Lei fosse parte della nostra famiglia di canale 5”. Ben presto, con un contratto miliardario valido per due anni, nacquero “Benvenuta Raffaella” (1987), “Raffaella Carrà Show” (1988) e “Il principe azzurro” (1989).

Grazie a questo suo meraviglioso dono, a questa sua capacità di saper comunicare attraverso parole, silenzi, sguardi, gesti, grazie anche alla sua sincera assertività, Raffaella è sempre riuscita ad entrare in empatia col suo pubblico con il quale ha avuto una relazione lunga cinquant’anni senza mai averlo tradito e per questo il pubblico l’ha sempre amata in maniera incondizionata. Se non avesse saputo approcciarsi a esso, non avremmo mai avuto programmi eccezionali di grande successo, da lei condotti e o scritti, che non a caso giravano proprio intorno al pilastro della comunicazione, al saper ascoltare, al saper condividere, al saper costruire un ponte. Gli esempi sono diversi: “Pronto Raffaella – la parola ai bambini” (1992), nel quale la Carrà parla a telefono con dei piccoli, con cui discorre di alcuni film Disney; “Carràmba! Che sorpresa” (1995-2002); “Carràmba! Che fortuna” (1998-2009); “Sogni” (2004); “Contigo” (2004); “Amore” (2006); “Il gran concerto” (2008-2011); “A raccontare comincia tu” (2019).

La Carrà, pertanto, si è guadagnata la fiducia e la stima di tutti attraverso il suo modo di comunicare, ecco perché non lascia sorpresi il fatto che Raffaella abbia sempre dichiarato di essersi pentita di una scelta di vita fatta durante i suoi viaggi di lavoro. Più tardi, infatti, ormai già famosissima in tutto il mondo in quanto donna professionalmente realizzata, avrebbe fatto i conti, in quanto donna-madre, con la mancanza di un figlio: “Un figlio onestamente, devo dire la verità, mi manca molto… Mi piacerebbe molto avere un bel ragazzo, una bella ragazza accanto a me” (intervista del 1988).

Oggi, nell’era tecnologica, quante persone sanno veramente comunicare? Esistono ancora programmi come quelli di Raffaella Carrà che girono intorno a questo importantissimo aspetto del comunicare o ci troviamo in un’era in cui si parla e parla senza mai comunicare?

Intanto salutiamoci come avrebbe fatto lei, la Carrà: “Grazie mille. Grazie allo studio, alla mia redazione, agli autori, alla sartoria, alla scenografia, alle luci, a tutti. Ciao”.

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