Il volume “Dal Dono ai legami generazionali. Clinica dell’anima familiare”, edito da Aracne, è stato arricchito dalla Prefazione del Professore Francesco Pira1 e impreziosito dalla Prefazione di Don Orazio Barbarino2.
L’autore di questo libro, il Professore Mariano Indelicato, è Psicologo e psicoterapeuta a indirizzo sistemico relazionale, è docente incaricato di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università degli Studi di Messina. Nella sua attività clinica si è da sempre interessato al significato che i sintomi assumono nel contesto relazionale e di vita dei pazienti. In particolare, la sua attività di ricerca si è concentrata sulle varie fasi di ciclo vitale convinto che in esse è possibile trovare i significanti dei disturbi patologici. Ultimamente si dedica al modello relazionale simbolico teorizzato all’interno del Centro Studi della Famiglia dell’Università Cattolica di Milano da Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli. I temi sono sviluppati sia all’interno dell’intervento clinico che attraverso contributi scritti affinché si possa dare evidenza dell’efficacia del suddetto modello.
La meravigliosa Prefazione del Professore Francesco Pira si sofferma sull’analisi dei legami sociali visto che la società capitalistica, e soprattutto consumistica, è riuscita a metterli in discussione. Un percorso che sottolinea l’importanza del triangolo sacro: “donare, ricevere, ricambiare” nell’era delle relazioni liquide. Ormai, la vita degli individui è regolata dalle piattaforme e i legami nascono nell’universo virtuale. È facile, scrive il Professore Pira, disfarsi dei Legami in quella che Bauman definisce “Società Guardaroba”. La pandemia ha acuito alcune problematiche presenti nelle coppie in cui emerge l’iper-individualismo e l’esercizio arbitrario della libertà. Anche il dialogo è cambiato e non si pone attenzione alle parole, alle offese o al dolore che si può causare al proprio partner. Pochi i rapporti monogami e tante le forme di “poliamore”. L’identità valoriale del dono è venuta meno a causa della “fluidità” dei rapporti. Basti pensare che è esiste il Discreet Dictionary 2023, un glossario completo sugli incontri non-monogami, realizzato per quelle persone pronte a provare relazioni particolari. Allora, conclude il Professore Pira, bisogna entrare in contatto con il nostro “io” più profondo per capire davvero ciò che vogliamo e quali sono le nostre reali necessità.
- 1 Professore associato di sociologia dei processi cultuali e comunicativa presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, dove è Coordinatore Didattico del Master in “Esperto in Comunicazione Digitale per la Pubblica Amministrazione e l’Impresa”. È Delegato alla Comunicazione dell’Ateneo Peloritano. È visiting professor presso l’Università Re Juan Carlos di Madrid in Spagna e docente Erasmus presso l’Università di Wroclaw in Polonia. Svolge attività di ricerca nell’ambito della sociologia dei processi culturali e comunicativi. Dal 1997 ha coordinato ricerche su vecchi e nuovi media, pre-adolescenti e adolescenti. Ha intrapreso una battaglia personale contro il Cyberbullismo, il sexting e fake news. Costante il suo impegno anche contro la violenza sulle donne. Su questi temi ha tenuto: conferenze in Italia e all’Estero. Saggista e Giornalista è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche. È Columnist del quotidiano statunitense La Voce di New York.
- 2 Arciprete di Linguaglossa
“Solo quando ci conosciamo possiamo diventare autentici e connetterci con gli altri a partire dalla nostra natura. Questo ci aiuterà a costruire delle relazioni più solide e durature. Non dobbiamo preoccuparci di quello che riceveremo, ma di quello che diamo e che siamo in grado di offrire a chi ci sta accanto, perché doniamo davvero solo quando “doniamo” noi stessi”. Un invito profondo quello del Professore Pira che racchiude la bellezza dell’essenza del dono.
Ecco, proprio il termine dono possiede una storia etimologica importante e ricca di significato. Dal latino dōnum (dono, dono votivo, l’atto del donare, offerta agli dèi, la cosa donata, regalo, onori funebri) e dal verbo donāre. Alcuni studiosi ritengono che il verbo proviene dalla radice “deh”, che vuol dire “accettare”. Nella lingua greca troviamo δῶρον [doron] (dono, regalo, offerta, voto sacro, imposta, tributo) e il verbo δίδωμι, ovvero “dare” un tributo o un’offerta. Il passaggio del termine in altre lingue ha generato due diversi valori semantici. Il primo relativo al concetto di dono interpretato come atto spontaneo di dare qualcosa senza nessun interesse. Il secondo inteso come qualcosa da dare all’altro, per ricevere qualcos’altro in cambio. Nel corso del tempo, tante sono state le evoluzioni del termine nelle diverse culture dei popoli.
L’errore più grave è quello di confondere il “dono” con il “regalo”. Dono e regalo, pur essendo sinonimi, hanno due significati diversi. Il primo, dono, è di tipo valoriale: vuol dire donare qualcosa che simboleggia l’amore per l’altro e non avvertire il bisogno di ricevere nulla in cambio. Il dono, rispetto al regalo, veicola sentimenti: amicizia, stima, rispetto, che si fondono nel dono stesso. Il regalo richiama l’idea della “regalità”, cioè del tributo che mira a individuare una qualità o a ricompensare un debito nei riguardi di una persona a cui si deve manifestare gratitudine. Un scambio di cose tra persone che sperano di ricevere qualcosa dall’altro.
Nella società occidentale l’esercizio del dono ha assunto questo significato. Invece, in diverse comunità e popolazioni non è un’azione spontanea, ma un vincolo strettamente sociale.
Queste differenti accezioni ci fanno capire come il tema del dono ha avuto diverse interpretazioni e la mia lettura ha cercato di evidenziare l’importanza del dono all’interno della letteratura nazionale e internazionale. Sì, perché sono stati tanti i poeti e gli scrittori che, nel corso del tempo, si sono confrontati sul dono e lo hanno reso protagonista di romanzi, testi poetici e racconti. Ho intrapreso questo viaggio letterario seguendo il percorso che il Professore Indelicato ha ben indicato attraverso il triangolo: “donare, ricevere, ricambiare” da cui scaturiscono: “fiducia – speranza – giustizia”. Il lavoro del Professore Indelicato è nato dal desiderio di approfondire questi concetti, studiando gli aspetti dello sviluppo umano e culturale. Cosi come scrive Don Orazio Barbarino, nella sua intensa Prefazione, “l’autore passa in rassegna le culture più rappresentative della nostra storia ed in esse riscontra la presenza e la ricchezza delle varie forme della cultura del dono: da quella greca a quella romana, da quella delle società più primitive a quelle più evolute; dalla cultura ebraica, soffermandosi sulla fiducia nella speranza dell’attesa a quella cristiana profondamente segnata dal dono dell’eccellenza che è Dio stesso, Gesù di Nazareth.
In tutte le culture, insomma, dalle più semplici alle più complesse, i verbi donare, ricevere e ricambiare sono coniugati in varie forme con l’effetto di trasmettere la vita e di propagarla, rafforzando il patto generazionale tra padri e figli”.
Il dono nella cultura greca, sottolinea l’autore, “creava vincoli ospitali, che si passano in eredità all’interno del gruppo familiare. Questa pratica nell’antica Grecia veniva definita xenia appunto ospitalità. La pratica della Xenia veniva tutelata da Zeus xenios (protettore degli ospiti) il quale si fa anche garante della reciprocità ovvero che l’ospitante possa in futuro ricevere una eguale forma di assistenza. La strutturazione dello xenia creava un vincolo indissolubile tra ospitante e ospitato, tant’è che nell’Iliade Glauco e Diomede, due guerrieri che militano su fronte opposti, sul campo di battaglia scoprono di essere legati dal vincolo dell’ospitalità”.
Nella cultura romana “i romani al pari dei greci tenevano in maniera particolare all’ospitalità, anche se presero delle contromisure di ordine normativo e legale. Infatti, gli ospiti dovevano avere un lasciapassare che se, l’ospite era straniero, era un documento che attestava la sua identità e del paese o tribù da dove proveniva. Se l’ospite, invece, era legato da un vincolo di ospitalità, così come in Grecia, era dotato da una tessera hospitalis costituita da un oggetto diviso in due. L’ospitalità romana trovava il massimo dell’espressione a tavola dove venivano preparati grandi pietanze e veri e propri spettacoli dedicati agli ospiti”.
Inoltre, anche Cicerone con il trattato De Officiis e Seneca con il trattato De beneficiis hanno spiegato il rapporto o la relazione che si viene a creare tra ricevente e donatore (officium) e quella tra donatore e ricevente (beneficium). Per Cicerone il beneficium deve fare riferimento all’utilitas communis, mentre per Seneca solo benevolentia e amor possono garantire la vera difesa della relazione e della reciprocità. Molto bello il pensiero di Seneca, in quanto ritiene che il beneficium stia nell’atto del donare anche quando non vi è nessuna restituzione. Quando non c’è contraccambio non si deve smettere di donare, poiché nullum perit. Al contrario, il donare senza aspettarsi niente in cambio ci conduce verso la virtù e la sapienza.
Nell’ambito della letteratura italiana sono tanti i nomi che hanno dedicato le loro opere al dono. Il Professore Indelicato ha studiato il tema del dono sottolineando il contributo di Grazia Deledda (Il dono di Natale), di Oriana Fallaci (Lettera a un bambino mai nato), di Giovanni Verga con la novella “La roba”, compresa nella raccolta Novelle rusticane (1883), e anche di Leonardo Sciascia.
Non mancano i nomi di grandi autori della letteratura internazionale come Gustave Flaubert e Honoré de Balzac.
Leggendo il testo ho cercato di stabilire un parallelo tra due visioni letterarie del dono, basandomi su quanto ha scritto il Professore Indelicato.
La prima visione del dono è quella della poetessa Alda Merini. La lettura dei suoi testi offre emozioni, sensazioni, sguardi sull’universo interiore che da soli mai avremmo scoperto.
La parola chiave presente nei componimenti di Alda Merini è proprio “dono”. Una donna che ha vissuto complesse vicende biografiche che l’hanno resa un’eccezionale poetessa, capace di donare sé stessa all’altro e ai suoi lettori. Incantevoli i versi del testo: “Sono folle di te, amore”
Ti faccio dono di tutto
se vuoi,
tanto io sono solo una fanciulla
piena di poesia
e coperta di lacrime salate,
io voglio solo addormentarmi
sulla ripa del cielo stellato
e diventare un dolce vento
di canti d’amore per te.
Donarsi con assoluta autenticità e con semplicità, questa è la volontà della poetessa, come si può facilmente dedurre dalle sue parole.
Diversa la posizione di Verga, come ci dice l’autore del libro, nella novella “la roba”, contenuta nella raccolta “Novelle Rusticane”. Viene descritto il dramma della mancanza del dono. L’analfabeta Mazzarò è il contadino che diventa ricchissimo a forza di lavoro e sacrifici e che per evitare di sperperare e dividere il suo patrimonio non si sposa e non ha figli. Diventato vecchio dovendosi confrontare con la morte uccide parte del suo bestiame nel tentativo di portarselo con sé nell’aldilà in quanto dopo la morte, e Mazzarò ne è purtroppo cosciente, la “roba” accumulata in vita non varrà più niente. L’incapacità a donare porta all’annullamento del sé, all’assenza di prospettive e a non saper fronteggiare le esigenze dell’altro.
Come Mazzarò anche il personaggio Mastro don Gesualdo, dell’omonimo romanzo verghiano, è legato alla roba e muore solo nell’indifferenza di tutti. In ogni rapporto, che sia d’amore o d’amicizia, c’è sempre reciprocità, c’è sempre scambio, non si avverte alcuna stanchezza, non ci sono silenzi interminabili e soprattutto non si sente mai la solitudine e il terribile senso di abbandono.
È troppo facile donarsi agli altri solo quando abbiamo voglia o desiderio, ma dobbiamo trovare il tempo per chi ha bisogno di noi. Il Professore Indelicato ci chiede di ragionare sul nostro tempo e in diverse parti del libro, attraverso numerosi esempi, ci sollecita a scrutare i nostri atteggiamenti.
È solo quando siamo in difficoltà, stretti da numerose incombenze che doniamo, senza scuse e giustificazioni, senza comodità, senza convenienze, senza motivazioni.
Le persone che donano, in maniera incondizionata e assoluta, ci stanno vicine nonostante tutto, non si aggrappano ai “vediamo se posso”, ai “forse” ai “ma”, ai “se”, ai “perché”, “cercherò di”, ma vogliono solo esserci senza riserve.
Questo volume ci aiuta a comprendere la bellezza del dono. La società odierna, troppo individualista, sembra reggersi solo sul proprio interesse, dove il successo ha uno scopo utilitaristico.
Il Professore Mariano Indelicato invita i suoi lettori a puntare in alto, ad andare oltre la globalizzazione e la superficialità omologante della società. Dobbiamo cercare di offrire un futuro migliore alle nuove generazioni, perché sappiano rispettare il dono della propria e altrui vita.
Mariano Indelicato è un uomo che ha compreso il valore del dono come generatore di legami. Le sue parole nascono dall’esperienza clinica accumulata in tanti anni di psicoterapia, di studio e di esperienze.
Un lavoro che non deve essere stato semplice, perché l’autore ha dovuto compiere un viaggio attraverso la conoscenza delle diverse forme di legami e di rapporti. Un excursus interessante e coinvolgente che appassiona il lettore pagina dopo pagina.
Una narrazione precisa, chiara e dettagliata in cui emerge l’intelligenza e l’abilità d’esposizione dell’autore. Il “fil rouge” di questo volume prende in esame un argomento attuale in cui sono coinvolti il cuore e la mente di ogni uomo.
La società non può esistere senza l’uomo e senza “umanità”. Ci sembra di vivere in un deserto arido, fatto di logiche dominate dal profitto e dal tornaconto personale. Come si può pensare che sia giusto non donarsi? Donarsi significa entrare in relazione con l’umiltà e la sincerità. È impossibile distinguere l’uomo dal dono. Tuttavia, nonostante sia innato nell’animo dell’uomo, è un aspetto dimenticato e ignorato, forse proprio perché il verbo donare prevede la “gratuità”. Un dono per essere tale, deve essere gratuito. Oggi, la carità è banalizzata e depotenziata dalla logica del possesso. Basta un click, come ci ricorda nella sua Prefazione il Professore Pira, per semplificare tutto e cancellare le persone. L’arte del donarsi è silenziosa, opposta alla facilità di un click o di un “like” sui social network.
Il dono porta con sé stima e affetto e si fonda su tre elementi essenziali: gratuità, impegno, reciprocità. Ma non solo. Ci vuole il tempo, la fatica, la cura e il servizio realtà profonde del donarsi. Bisogna mettersi in gioco e in discussione, interrogandosi anche a costo di trovare ostacoli e risposte spiacevoli.
L’aspetto più bello del donare è osservare la gioia nel volto dell’altro. Nonostante la fatica e il sacrificio che spesso il dono richiede, il farsi vicino all’altro crea un coinvolgimento che matura in una relazione di scambio e arricchimento interiore. Riuscire a fare del bene, attraverso l’atto del donare, non vuol dire essere “supereroi”, ma mettere in pratica il valore della gentilezza di cui tutto il mondo ha bisogno.
La scelta di donarsi può entrare nella vita di ogni uomo, con una parola, un gesto, un impegno. Modalità e principi diversi che abbiano tutti un unico comune intento, un’ottica nella quale donarsi diventa un gesto d’ amore per sé stessi e per gli altri.