Una trama semplice per un progetto a basso budget, dopo il parziale flop di pubblico – ma non di critica – riscosso da Impiegati; Avati si trova a dover fare i conti con l’esigenza di scrivere una piccola storia, girata in interni e interpretata da cinque attori. Un successo, anche perché il cast viene scelto con cura e gli interpreti sono perfetti per i ruoli, soprattutto Delle Piane e Abatantuono, premiati con riconoscimenti prestigiosi. In breve la trama. Quattro amici – Lele (Haber), Ugo (Cavina), Stefano (Eastman) e Franco (Abatantuono) – si ritrovano la notte di Natale per giocare una partita a poker con un misterioso avvocato (Delle Piane), noto nell’ambiente come uno che perde ingenti somme senza battere ciglio. Ugo contatta l’avvocato e subito dopo convince il vecchio amico Franco a giocare, perché soltanto lui è ricco e può controbattere i rilanci del misterioso avversario. Il rapporto tra Franco e Ugo è il tema centrale del film, perché tra i due l’amicizia è finita dal giorno in cui il secondo si è portato a letto la donna del primo. Franco decide di giocare solo perché pensa di vincere facilmente e potrebbe impiegare i soldi per avviare la ristrutturazione del cinema di cui è proprietario. Il film procede tra sequenze della partita, brevi pause per mangiare, dialoghi e intensi flashback che narrano la storia tra Ugo, Franco e Martina (Sevieri), il motivo della fine di un’amicizia. La partita comincia bene per Franco, poi l’avvocato si riprende e quello che sembrava uno sconfitto sicuro vince alla grande, offrendo pure la possibilità a Franco di andarsene e di lasciare il tavolo senza perdite. Franco non accetta e perde tutto, ma alla fine comprende di aver giocato contro un professionista, mentre il perfido amico Ugo gli ha tirato un altro brutto scherzo, spartendosi la vincita con l’avvocato.
Personaggi ben caratterizzati e storia sceneggiata a dovere, sono i punti di forza di un film che avrà un sequel meno riuscito nel 2004, interpretato dagli stessi attori: La rivincita di Natale. Ottimo montaggio che alterna partita e flashback, con la visione di Martina, la donna che provoca la rottura tra i due amici, che apre e chiude la storia. Nelle prime sequenze è l’avvocato a osservarla, tentando un impacciato approccio dopo che lei ha salutato il marito e attende l’amante. A metà della storia, Martina incontra Lele, pure lui un tempo segretamente innamorato di lei, infine sarà Franco – reduce dalla sconfitta – a non vederla, anche se mentre la donna entra in camera con l’amante lo sfiora nel corridoio dell’albergo. Martina è presente nei brevi flashback che narrano amore e tradimento, ben fotografati da Rachini in una luce soffusa, che tende al bianco, per sottolineare il ricordo. I quattro amici sono personaggi a tutto tondo, non macchiette caricaturali, ma veri esseri umani pieni di difetti, ai quali lo spettatore si affeziona. Lele è il giornalista imbranato con velleità da scrittore che nessuno considera, innamorato di John Ford al punto di scrivere un libro sul grande regista. Ugo è un fallito che vive gestendo televendite per una televisione locale, separato dalla moglie che ha lasciato a crescere diversi figli e che rifiuta di vedere anche a Natale. Un bel prototipo di personaggio negativo, non c’è che dire. Franco è un imprenditore cinematografico ma in realtà ha un sacco di debiti dovuti anche al vizio del gioco, inoltre ha sposato una donna che non ama e pensa ancora a Martina, il primo amore. Stefano è il proprietario di una palestra frequentata da gay, pure lui in odore di omosessualità, forse il personaggio che resta più in ombra, il meno approfondito. L’avvocato Santelia è il mistero fatto persona, ha avuto due mogli, vive con il vecchio padre, ama le belle donne e pare un giocatore sprovveduto, ma è tutta finzione, in realtà si rivelerà un professionista del poker. Avati va a colpo sicuro quando sceglie come interpreti Delle Piane (la recitazione compassata è la sua forza) e Cavina (tra l’altro appassionato di poker). Haber si propone da solo ma convince il regista dopo un colloquio dai toni eccessivi, perfetto per esemplificare il ruolo da interpretare. Montefiori (con Avati in Bordella) viene scritturato in sostituzione del francese Jean-Pierre Léaud (visto in Aiutami a sognare) che appena arrivato a Roma si mette nei guai con la giustizia e deve rinunciare alla parte. Piccola modifica del personaggio fatta in corso di sceneggiatura: non più uno stilista omosessuale ma un gestore gay di una palestra, per ovvi motivi di stazza fisica. Montefiori è alto due metri, prima di fare l’attore è stato un buon giocatore di basket, lo ricordiamo nel Satyricon di Fellini ma anche coautore e protagonista di molti film diretti da Aristide Massaccesi, in arte Joe D’Amato. Pure Abatantuono è una seconda scelta, perché Avati in un primo tempo pensa a Lino Banfi, che rifiuta a vantaggio de I pompieri 2 di Neri Parenti, forse allettato da una produzione ben più ricca (Cecchi Gori). Per Abatantuono comincia una seconda vita artistica, l’inizio di una serie di interpretazioni drammatiche, guidato da registi come Comencini, Bertolucci, Salvatores, oltre ad Avati che lo inserisce nella sua factory e lo vorrà con sé per altre operazioni interessanti. Il merito di aver fatto risorgere un Abatantuono in crisi, affrancandolo dal cliché del terrunciello è tutto di Avati, visto che i suoi ultimi film erano di quattro anni prima: Attila flagello di Dio e Il ras del quartiere.
Regalo di Natale è un film molto teatrale, girato in interni, con intensi primi piani sui volti e le espressioni dei giocatori, basato sui rapporti tra i quattro amici, il misterioso ospite e i ricordi del passato. “I protagonisti di questa storia sono i ragazzi di Jazz Band che invecchiando hanno perduto le illusioni e si trovano a tirare avanti in una vita troppo diversa da quella che si attendevano. Sono gli stessi personaggi ma visti dal loro lato più oscuro”, mi ha detto Avati. Il poker diventa metafora della vita, la partita serve per raccontare il passato, i ricordi perduti, un grande amore finito nel nulla e un’amicizia svanita. Un film che racconta la vita di provincia con crudo realismo e i rapporti tra le persone che seguono la dura legge dell’interesse, passando sopra a sentimenti e convenzioni sociali. Colonna sonora di Riz Ortolani, suadente e drammatica, perfetta per creare tensione e per scandire i momenti della partita, così come assume toni romantici nei frequenti flashback. La canzone inedita della sigla viene premiata con il Nastro d’Argento.
Regia, Soggetto, Sceneggiatura: Pupi Avati. Collaborazione ai Dialoghi: Giovanni Bruzzi. Fotografia: Pasquale Rachini. Colore: Telecolor. Montaggio: Amedeo Salfa. Collaboratori al Montaggio: Luciano Nusca, Roberto Gianadrea, Maria Gianandrea. Musiche: Riz Ortolani. Edizioni Musicali: Triple Tim Music. Scenografia: Giuseppe Pirrotta. Aiuto Scenografi: Mauro Venturini, Rita Celletti. Costumi: Maria Teresa Venturini, Raffaele Curi. Trucco: Alfonso Cioffi. Suono in Presa Diretta: Raffaele De Luca. Direttore di Produzione: Francesco Guerrieri. Assistente alla Regia: Piermaria Benfatti. Aiuto Regista: Salvatore Marcarelli. Fotografo di Scena: Massimo Bucci. Operatore alla Macchina: Antonio Schiavo – Lena. Produttore: Antonio Avati. Casa di Produzione: Duea Film, D.M.W. Distribuzione, Rai Uno. Distribuzione Internazionale: Sacis. Negativi: Kodak. Girato: Technovision. Sonorizzazione: Cooperativa di Lavoro Fono Roma, C.V.D.. Mixage: Romano Checcacci. Durata: 101’. Genere: Drammatico. Interpreti: Carlo Delle Piane (Avvocato Santelia), Diego Abatantuono, Gianni Cavina (Ugo), Alessandro Haber (Lele), George Eastman (Luigi Montefiori) (Stefano), Kristina Sevieri (Martina), Gianna Piaz (Adriana), Ferdinando Orlandi, Patrizia Camiscioni, Eleonora Salvadori, Sasha Vulicevic, Roberta Mencarani, Francesco Russo. Premi: Coppa Volpi a Carlo Delle Piane quale Miglior Attore alla XLIII Mostra Cinematografica di Venezia. David di Donatello: Miglior Canzone Originale (Regalo di Natale, di Riz Ortolani), Miglior Suono (Raffaele De Luca). Nastro D’Argento Miglior Attore Non Protagonista (Diego Abatantuono).