Il nuovo libro di Stefano Giannotti è una raccolta di poesie concepita come se fosse una collezione di canzoni, raccolta in Album, come si usava far nella musica pop degli anni Settanta: Quadri di vita quotidiana, Nato per sognare, Qualcuna d’amare, Investigazioni private, Tempo e alcune parole, Messaggi in un libro, La città che io vorrei. Piombinese, un poco più giovane di chi scrive, malato di identiche nostalgie, avido lettore di Borges – che si sente aleggiare a ogni piega della sua lirica come un flebile vento che spira dal passato -, amante di cantautori storici come Guccini, avido consumatore di pellicole di Nolan, trova nella poesia la sua misura migliore per raccontare Piombino e la provincia, il tempo perduto e il senso della vita, i giorni che scorrono, lasciando indietro quel che non è stato. Emblematica Chitarra, con echi di De André, intrisa di nostalgia per non essersi messo a cantare, non aver usato le corde della chitarra per rendere riso il pianto e curare troppa nostalgia. Giannotti osserva la vita, seduto a un tavolo di un bar del porto, guarda le barche che tante volte ha cantato, annega ricordi e desideri in un bicchiere, per lui un porto non è un luogo dal quale partire ma un posto dove restare come fosse casa propria. Il poeta canta l’amore – ed è sempre un fiore non colto, reciso, un rimpianto, un istante perduto – che sia lo sguardo di una donna come le scogliere della città natale, il mare con il suo profumo, il contorno naturale d’una vita sognata. Le piccole cose compongono l’amore e realizzano ogni desiderio, in fondo basta una luna in cielo, una faro che indica la rotta, il vento profumato di salmastro e bere whisky con amici veri, sottofondo di musica a tutto volume. La poesia di Giannotti, intrisa di Borges e Proust, si compone di piccole cose di gozzaniana memoria, ama non sono di pessimo gusto, sono anfratti di mare e promontori di sogni, desideri impossibili e consapevolezza d’una vita dura, imbarazzi per un bacio mai dato e memoria d’un poeta argentino che come lui aveva il vizio assurdo di raccontare una città di mare. Borges e il ricordo del padre scomparso, il pensiero di vedere come suo figlio lo guarderà da morto, la tristezza nel cercare di ricordare se il babbo avesse mai pensato a come sarebbe stato il suo volto nel momento della dipartita. L’amicizia è un altro tema della poesia di Giannotti, pure questo non è mai un sentimento compiuto, si realizza solo nel ricordo, nella nostalgica consapevolezza di non poter bere ancora una birra insieme. Liriche che di tanto in tanto pescano un verso di Guccini (non so cosa fai la sera / se sei veramente felice / e se mai ti ricordi di me), compongono istanti di decadente nostalgia e rimpianto del tempo perduto, in attesa dell’ultima volta, quando vorrebbe vedere l’amato figlio, ascoltare i Beatles e Chopin, prima del viaggio verso la diletta spiaggia. Tra tutti i versi, intensi e sinceri come pochi, l’amore per la città natale la fa da padrone, perché Se scrivo Piombino / è una parola / che la mia penna ha composto tante volte / (forse annoiando) / ma se scrivo Roma o Milano / sto barando e il lettore, / tra le lettere, / scoprirà Cittadella. È letteratura, bellezza. Se a Piombino non ci fosse un fan di Barbara D’Urso alla cultura forse potrebbe rendersi conto che in questa città perduta siamo in molti a cantare quel che non siamo quel che non vogliamo, mentre assistiamo inermi a invasioni di presunti scrittori che – loro sì! – perlustrano soltanto un inutile ombelico post adolescenziale.
PICCOLA ANTOLOGIA DI TESTI
Stasera
Andrò giù in spiaggia stasera
portando con me
una cassa di vino.
Inizierò a bere al tramonto
e vedrò l’alba ubriaco,
un’orribile cazzata
che aiuta a lenire
nausea e dolore.
Se vieni anche tu
porta la chitarra
canteremo tra un bicchiere e l’altro
in faccia a tutto il mondo.
Canto a Piombino
Un tempo ti cercavo nel fervore
dell’affollate strade del centro
quando uscire era quasi un dovere
perso nel tempo a inseguire la vita.
Ti cercavo nella memoria di mio padre
che prima di me vi ha trovato l’amore
i suoi lunghi anni a ingollare ferro e fumo
i pochi mesi a lasciarci da soli.
Ti cercavo quelle sere di maggio
incantato dai colori del sole
al tramonto nella piazza sul mare
un istante per poi ripartire.
Ora ti canto amore. Sei tutte le cose
che quell’ultima volta spegnerà.
Città portuale
Seduto a un tavolo di un bar del porto
guardo le barche che ho tante volte cantato
annegando ricordi e desideri in un bicchiere.
Da un porto puoi navigare verso terre sognate
da un porto puoi salpare verso terre migliori
In un porto puoi restare come fosse casa tua.
Nel caos di popoli e idiomi
nel caleidoscopio di pelli e colori
nello scambio di usi e costumi
la città portuale è un crocevia di anime
figlie di questo mondo.